Brindisi, 15/12/2010
Convenzioni Energia: Favuzzi scrive a Vendola, Ferrarese e Mennitti
Di seguito riportiamo integralmente il testo di una lettera aperta sulle convenzioni energetiche inviata da Enrico Favuzzi (Legambiente Brindisi) al Presidente della Regione Puglia, al Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Brindisi ed al Sindaco di Brindisi.
In questi trent’anni la questione energetica brindisina è stata una piaga aperta e fonte di inquinamento dell’ambiente e delle coscienze e di quel sonno della ragione che tanto ha condizionato la vita della popolazione e le scelte istituzionali.
In trenta anni sono state discusse o stipulate intese e convenzioni (da quella firmata nella “baracca” del cantiere di Cerano, a quelle capestro del 2002 – 2003) che hanno offerto condizioni di favore alle società elettriche o la possibilità di annullare l’ordinanza del Sindaco Arina del 1994 (convenzione del 1996), con una totale inapplicazione da parte dell’Enel in attesa di sanzioni o misure di contrasto governative.
Oggi si torna a parlare di convenzioni e si corre il rischio di farlo con scarso potere (e volontà?) contrattuale e non inquadrando contesto ed obiettivi.
La Puglia dovrebbe, innanzi tutto, fare suoi gli obiettivi europei per il 2020 e cioè ridurre consumi e produzione di energia elettrica del 20% (investendo veramente in efficienza e risparmio energetico), dovrebbe, su questo tetto di produzione ridotto, fissare nel 20% la quota ascrivibile alle fonti rinnovabili e ridurre del 20% le emissioni di CO2 rispetto al 1990.
Oggi i consumi pugliesi sono quasi stagnanti attorno ai 17,5 Twh, ma la produzione nominale possibile dal solo termoelettrico è già doppia. E’ compito quindi della Regione stabilire quantità (il 25% indicato nel P.E.A.R.?) e tempi di riduzione della combustione del carbone, e ciò va fissato e concordato oggi nel polo brindisino, che troppo ha dato e dà in termini di produzione e soprattutto di sofferenza e criticità della situazione ambientale e sanitaria.
Legambiente, che non rincorre soluzioni fantasiose e ben poco costruttive quale la riconversione a gas della centrale di Cerano, ha evidenziato che investire su carbone ad alto potere calorifico ed a bassissimo tenore di zolfo e portare dal 35% al 45% il rendimento degli impianti, possa già portare ad una riduzione del 15% del carbone. Ma è evidente che una simile scelta tecnologica debba far parte di un forte impegno politico che, riconoscendo l’eccezionalità della situazione brindisina, vada al di là degli obiettivi europei richiamati e di quello fissato nel P.E.A.R.
Nella trattativa dovrebbe entrare, ovviamente, una dimostrata capacità di governance della programmazione e della realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici, oggi sostanzialmente fuori controllo.
Fermo restando l’obiettivo del 20% di produzione da fonti rinnovabili (correttamente distribuite sul territorio regionale e localizzate su tetti, in aree urbane, industriali ed al servizio di insediamenti rurali), Legambiente ritiene indispensabile frenare il proliferare attuale degli impianti (nel brindisino già autorizzati 350 Mw) e porre in discussione con le società elettriche la realizzazione di una grande centrale fotovoltaica a concentrazione al posto della centrale Brindisi nord ed un impianto su terreni Enel e limitrofi alla parte terminale del nastro trasportatore. Ma questo soltanto a condizione che preliminarmente sia accettata la riduzione di almeno il 25% della combustione del carbone nell’esercizio della centrale Brindisi sud.
Altri punti essenziali in una trattativa possono essere ripresi da convenzioni quale quella per la centrale di Civitavecchia ma, ferme restando le “migliorie” già concordate nel 2007 e non realizzate nello stabilimento di Cerano, fondamentali sono il piano di monitoraggio globale della qualità dell’ambiente e la pubblicizzazione dei risultati, gli interventi di creazione o potenziamento dei sistemi e dei servizi di prevenzione primaria e secondaria con riferimento ai servizi epidemiologici ed al registro tumori, ed infine, l’apertura di un vero ciclo virtuoso che veda le società elettriche impegnate non soltanto nella realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, ma anche nel sostegno alla ricerca ed alle filiere produttive.
Il tutto, è bene ripeterlo, presuppone che il territorio non debba subire nuove devastanti aggressioni ambientali (rigassificatore) e che diventi l’emblema di un’inversione di tendenza, di cui la riduzione di almeno il 25% della combustione del carbone sia il presupposto essenziale.
C.S. LEGAMBIENTE BRINDISI
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