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Brindisi, Mediterre: Convegno su "il clima e l’uomo, impatti sociali e demografici"



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Brindisi, 04/03/2005

Mediterre: Convegno su "il clima e l’uomo, impatti sociali e demografici"

Si è svolto stamani, nella Sala del Convento Santa Chiara, il convegno dal tema “Il clima e l’uomo, impatti sociali e demografici”. Povertà, migrazioni e immigrazioni”. Nel corso dell’incontro, al quale erano presenti l’assessore regionale all’Ambiente Michele Saccomanno, il presidente di Federparchi Matteo Fusilli, il sindaco di Brindisi Domenico Mennitti e del presidente della Provincia di Brindisi Michele Errico, si sono susseguiti gli interventi di Massimo Serafini, della Segreteria Nazionale di Legambiente, di Corinne Wacker, antropologa presso l’Università di Zurigo, di Abdelkader Allali, Marocco, Vice Chair Working Group II dell’IPCC Bureau di Ginevra, di Padre Bruno Mioli, Direttore dell’Ufficio per la pastorale immigrati esteri in Italia, di Enzo Lavarra, vice presidente della Provincia di Bari, di Salvatore Di Staso, dell’Università degli Studi di Bari e di Jozefina Topalli, vice presidente del Consiglio Albania.
Il convegno, moderato dall’architetto Consulente Unesco Pietro Laureano, ha visto in apertura dei lavori i saluti dell’assessore regionale all’Ambiente Michele Saccomanno, il quale si è soffermato sull’importanza sempre maggiore delle tematiche ambientali nella società moderna e su come esse, se opportunamente esaminante e affrontate, riescano a determinare benefici notevoli sulle popolazioni. Saccomanno ha altresì ribadito come momenti di dialogo e di confronto rappresentati all’interno di Mediterre tra delegazioni internazionali possano contribuire al raggiungimento di queste finalità.
Il presidente di Federparchi Matteo Fusilli ha sottolineato come il tema del convegno odierno sia il fulcro, il cuore della riflessione dell’intero “Mediterre 2005”. “Lo dimostra – ha affermato Fusilli – la partecipazione di relatori di così grosso spessore come quelli presenti a quest’incontro”.
Il presidente di Federparchi ha, poi, sottolineato come sia strettissimo il rapporto tra la tutela dell’ambiente e la pace, evidenziando come “le grandi migrazioni della storia siano state tutte determinate dalle guerre, dalla mancanza di cibo e di acqua. Oggi – ha proseguito Fusilli – è necessario intervenire. Basti pensare al tragico evento del 26 dicembre scorso, il maremoto che ha colpito le popolazioni del Sud Est asiatico, il quale dimostra come l’ambiente e la natura in generale abbiano subito alterazioni talmente profonde da rendere invivibili molte regioni del nostro Pianeta.
Mediterre, quest’anno, si è assunta il compito di analizzare proprio la critica situazione climatica e ambientale dell’ecoregione mediterranea, considerandola come un’unica entità. Sarà importante, dunque, lanciare un segnale forte, al fine di limitare i danni sull’ambiente sia a livello locale che globale. L’uomo e la natura si trovano in rotta di collisione e questo scontro è la causa scatenante della mancanza di pace sull’intero Pianeta”. A tal proposito, Fusilli ha fatto riferimento a quanto detto dal premio Nobel per la Pace 2004 Wangari Maathai: “La pace nel mondo dipende dalla tutela dell’ambiente”, facendo intendere la necessità di avviare azioni comuni finalizzate alla lotta alle desertificazioni.
L’architetto Pietro Laureano, consulente Unesco, ha sottolineato come l’umanità abbia sempre modificato il suo ambiente, a partire dal Neolitico. “Un cambiamento – ha proseguito – che ha subito un’accelerazione negli ultimi cinquanta anni. Gli avvenimenti degli ultimi tempi non fanno che dimostrare quanto sia stretto il legame tra l’uomo, il clima e l’ambiente in cui vive. Il clima, in particolare, rappresenta il ‘motore’ a cui l’uomo, da sempre, ha dovuto adeguarsi e trovare delle soluzioni per affrontare i cambiamenti. Il Mediterraneo, in particolare, è stato oggetto di continui mutamenti e l’uomo ha seguito le trasformazioni in atto, talvolta producendo azioni positive, altre negative. L’umanità, dunque, ha trovato sempre la capacità di rispondere ai mutamenti climatici. Oggi, la differenza più grossa consiste nel ‘tempo’. Mi riferisco alla velocità con cui si susseguono i cambiamenti, ai quali diventa sempre più difficile adeguarsi. Cosa fare, dunque? Sicuramente – ha concluso Laureano – non contrastare una situazione in continua e costante evoluzione, ma cercare di mitigare i fenomeni ed abituare le popolazioni al cambiamento. Ciò significa che sta crescendo un nuovo modello di sviluppo”. A detta di Massimo Serafini, della segreteria nazionale di Legambiente, “i cambiamenti climatici minacciano la pace nel mondo. Ci troviamo di fronte – ha affermato Serafini – ad un vero dramma, la cui causa principale è individuabile nei combustibili (petrolio, metano, carbone) il cui consumo eccessivo, anziché produrre benessere, causa povertà. Esiste, infatti, una disparità troppo grande tra i Paesi che dispongono di queste risorse e quelli che, al contrario, ne sono privi. E’ questo a generare i conflitti e a scatenare guerre. Non solo. Il livello di emissioni di queste sostanze, ormai sempre più alto, comporterà – così come dimostrato dal “Terzo rapporto sul clima” – lo scioglimento del sistema dei ghiacci e l’aumento del livello del mare sino ad 80 centimetri. Da qui, la opportunità di utilizzare, come fonti energetiche, le risorse solari, fonti inesauribili che tutti, indistintamente, possiedono”.
Infine, Padre Bruno Mioli, Direttore dell’Ufficio per la pastorale immigrati esteri in Italia, si è soffermato sul tema dell’immigrazione. “Esiste una stretta connessione – ha affermato – tra i flussi migratori ed i cambiamenti climatici ed ambiental i. Da sempre, l’immigrazione è una spia del disagio, ma anche del grande squilibrio economico esistente nel mondo. Quando un Paese diventa invivibile, la sua gente emigra altrove. L’immigrazione, dunque, non è frutto di una libera scelta, ma di una costrizione. Lo dimostra la prima grande emigrazione, quella ufficialmente registrata che va dal 1876 al 1914. In questo periodo, in Italia 14 milioni di persone sono partite ed i due terzi non sono mai più tornati in patria. Il picco lo si è avuto nel 1913, quando sono partiti 870mila italiani. Una vera e propria emorragia. Le immigrazioni, tuttavia, fanno parte della nostra storia e della storia di tutta l’umanità, ma sono anche un fatto naturale a cui è difficile porgere argine”.

COMUNICATO STAMPA MEDITERRE


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