Brindisi, 10/05/2005
Sanità: Modificare l'Accordo Stato/Regioni
L’assessore alla Sanità della Regione Puglia, Alberto Tedesco, nel giorno del suo insediamento e nella sua prima dichiarazione pubblica, ha sorprendentemente esordito affermando che l’accordo Stato-Regioni del 3 marzo 2005 impone ulteriori tagli di 2500 posti letto negli ospedali. La dichiarazione ha provocato l’ovvia e compiaciuta reazione dell’ex presidente Raffaele Fitto che ha visto giustificata in quelle parole la sua politica fondata proprio sui tagli indiscriminati in sanità e bocciata dall’elettorato all’inizio di aprile. Quanti hanno in questi anni sui giornali e nelle piazze motivatamente contestato una tale politica in danno dei cittadini sentono di dover fare alcune considerazioni.
L’accordo fra lo Stato e le Regioni, che impone a queste ultime il rispetto di alcuni parametri tra cui quello dei posti letto (4,5 per mille abitanti entro il 2007 quelli per acuti) e che ovviamente non è legge, è stato approvato prima delle ultime elezioni regionali e quindi da governi rimossi per volontà degli elettori i quali hanno chiesto una netta discontinuità politica, soprattutto sul tema della sanità, rispetto alle amministrazioni precedenti. Ed allora o quell’accordo viene responsabilmente modificato dalle parti contraenti in modo tale da corrispondere adeguatamente ai bisogni oppure esso si pone in insanabile contrasto con gli interessi della collettività e specialmente delle fasce più deboli e va politicamente denunciato con ogni determinazione e con ogni conseguenza, comprese quelle – come estrema ratio – di natura tributaria delle quali il Governo si assumerebbe l’intera responsabilità.
Ciò che non può essere messo in discussione è invero il diritto alla salute dei cittadini, il solo significativamente definito “fondamentale” dalla Costituzione, un diritto che non può essere sacrificato per esigenze di bilancio e neppure per politiche fiscali peraltro avulse dal principio di progressività. Nè va dimenticato che le regioni meridionali non solo devono risanare i bilanci della sanità ma contemporaneamente, se non prima, recuperare ritardi e colmare gravi lacune.
Va quindi ribadito che i cittadini nella recente consultazione elettorale hanno implicitamente ma chiaramente chiesto in Puglia e nell’intero meridione un accordo che valuti i risultati del risanamento non sulla base della lettura di numeri astrattamente stabiliti ed imposti a realtà territoriali tra loro diversissime ma sulla base delle corrispondenze tra rilievi epidemiologici e soluzioni sanitarie che devono piuttosto essere espresse da numeri aderenti alle esigenze delle popolazioni pur se non in linea con gli impianti generali di certe politiche. Ne discende che (prima di qualsiasi improvvisata esternazione) occorre ascoltare, verificare e capire.
Fondamentale è poi il metodo di gestione della sanità in Puglia. La giunta Fitto per godere dei benefici finanziari di un precedente analogo accordo del 2001 aveva messo in atto misure di blocco della spesa e delle assunzioni nonché il noto piano ospedaliero senza che fosse stata eseguita una lettura dei bisogni di salute e di sanità della Regione.
Le vicende politiche e sociali seguite al varo del piano di riordino dovrebbero aver dimostrato che il governo della sanità pubblica non è solo questione tecnico-amministrativa ma soprattutto attività politico-partecipativa.
Una sensibilità che non ha tradizione nella cultura della politica e dei governi locali e che si sta facendo fortemente strada nella società civile in tutte le sue espressioni associative e di movimento. Proprio per questo astratte operazioni contabili sia sulle strutture che sui bilanci non sono più accettabili da qualunque parte provengano.
Il fatto è che non si può più decidere, come è avvenuto finora, senza i necessari strumenti della conoscenza, in particolare l’attività epidemiologica, che vanno sollecitamente potenziati all’interno del servizio sanitario regionale. Così come è urgente rendersi conto che in sanità il bisogno di salute va rilevato non solo come disegnato dagli epidemiologi ma anche come direttamente espresso dalle popolazioni locali. Per questo è necessario costituire rapidamente in periferia tavoli stabili di discussione tra enti locali, associazioni e operatori dei distretti sociosanitari allo scopo di realizzare la programmazione delle strutture necessarie in ogni comunità, verificarla alla prova dei fatti e correggerla se dovesse risultare inadeguata.
Questa vera e propria rivoluzione culturale necessita di un vasto lavoro organizzativo e di una profonda capacità di ascolto. Una fiducia esclusiva nella tecnocrazia e nelle abilità politiche sortirebbe soltanto i già visti e contestati risultati.
Maurizio Portaluri, Michele Di Schiena, Tonino d’Angelo, Pino Perlangeli, Stefano Bonante, Gino Stasi, Roberto Aprile, Cittadinanzattiva Puglia, Medicina Democratica Puglia, Confederazione Cobas Brindisi, Cittadini per una Puglia migliore- Martina Franca, Movimento politico “A Sinistra”, Brindisi
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