Brindisi, 18/05/2005
Donne socialiste per il Si ai Referendum
Riceviamo e pubblichiamo integralmente un intervento di Francesca Carone, Responsabile Coordinamento Provinciale Donne Sdi.
I socialisti sono stati sempre antesignani delle battaglie di libertà e dei diritti umani e sociali. Delle donne in particolare.
Questo tracciato è nel loro Dna, nella loro storia, tradizione, cultura. Come testimonia l’apporto determinante nella battaglia per il divorzio con una legge che prende il nome da due socialisti. E decisivo è stato l’apporto alla legge per il riscatto dell’universo femminile dall’aborto clandestino e dal mondo delle “mammane”.
I socialisti ritengono che anche la procreazione medicalmente assistita necessiti di essere regolamentata. Ma proprio perché si tratta di una materia che attiene profondamente la sfera intima della persona, pensano che la migliore legislazione sia quella “minima”.
Scevra da ogni considerazione etica. Guai quando le leggi dello Stato vengono informate a principi morali e religiosi. E la legge 40, che i socialisti contestiano e per l’abrogazione della quale fanno appello ai cittadini perché vadano a votare il 12 e 13 giugno, presenta lacune, contraddizioni, e assurdità che sono del tutto evidenti dalla lettura dei punti trattati dai quattro quesiti referendari.
L’attuale legge vieta ai ricercatori l’utilizzo di cellule staminali prelevate da embrioni non utilizzati. Le cellule staminali sono “totipotenti”, ossia in grado di trasformarsi in qualunque altro tipo di cellule, quindi di fondamentale importanza al fine di sviluppare cure innovative per gravissime patologie degenerative oggi incurabili quali, ad esempio, l’Alzheimer o il Parkinson.
Attualmente sono presenti, nei laboratori italiani, 31mila embrioni crioconservati, prodotto dell’attività precedente alla legge. Poiché quest’ultima vieta sia la soppressione sia il loro utilizzo per scopi di ricerca, essi sono destinati a deperire.
La legge 40 complica il già impegnativo percorso, sul piano fisico e psicologico, che la donna deve affrontare, per mettere al mondo un figlio ricorrendo alla fecondazione assistita. Essa, infatti, vieta il congelamento degli embrioni ed obbliga la donna, in presenza di insuccesso del trattamento, a sottoporsi a plurimi cicli di terapia, con indiscutibili ripercussioni sulla sua salute psico- fisica.
Inoltre, non consente alle coppie portatrici di malattie genetiche o infettive, l’analisi preimpianto, ossia l’esame embrionale prima del suo trasferimento nell’utero della donna. Paradossalmente, però, autorizza, successivamente, l’aborto terapeutico per sopprimere il feto affetto da tali malattie.
E’ logico tutelare maggiormente l’embrione in vitro rispetto al feto in utero materno? Infine, la legge impedisce alla donna di revocare il consenso. Impone, infatti, alla donna il trasferimento in utero dell’ovulo fecondato, mettendo in atto una vera e propria “violenza carnale di Stato” salvo, poi, poter ricorrere successivamente all’aborto terapeutico.
La legge 40 afferma che i diritti della madre e di ogni persona nata siano equivalenti a quelli del “concepito”, ossia dell’ovulo fecondato ancor prima che si trasformi in embrione. Questa affermazione, oltre ad essere certamente discutibile e di parte, rischia di mettere in discussione la Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, facendoci arretrare di circa un trentennio.
L’attuale normativa vieta il ricorso alla procreazione assistita eterologa, con utilizzo, cioè, di gameti provenienti da donatori esterni alla coppia, ponendo, così, un invalicabile limite alla possibilità di rimediare ai casi di sterilità grave e di prevenire la trasmissione di malattie ereditarie nel caso in cui uno o entrambi i potenziali genitori ne siano portatori.
Inoltre, questo divieto mette l’Italia in forte contraddizione con l’indirizzo europeo che vede la fecondazione eterologa come pratica diffusa. Ciò non fa che incentivare il famigerato “turismo procreativo”, cresciuto esponenzialmente, che vede sempre più coppie costrette, ove economicamente possibile, a recarsi all’estero per ovviare ai limiti imposti in Italia, dall’attuale legislazione.
COMUNICATO STAMPA SDI
|