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Brindisi, Emergenza ambientale: dossier di Rifondazione Comunista



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Brindisi, 08/06/2005

Emergenza ambientale: dossier di Rifondazione Comunista

BRINDISI: AREA AD ALTO RISCHIO AMBIENTALE!
Sembra superfluo ripetere ad ogni occasione che una delle emergenze più significative della nostra provincia è quella ambientale. Ma questa si lega con un filo rosso al modello di sviluppo del nostro territorio. Lo sviluppo non può certamente continuare ad essere quello proposto per cinquant’anni, ossia la monocultura industriale dei megaimpianti (prima petrolchimico, poi centrali termoelettriche, oggi rigassificatore o torcia al plasma), magari non voluti da altre comunità.
Siamo convinti che un vero sviluppo economico passa anche attraverso uno sviluppo industriale; ma questo deve essere legato alle vocazioni del territorio e diversificato (piccola e media impresa – attività portuale – turismo – cultura ) e, non in ultimo, in sintonia con la salvaguardia ambientale. Servono, quindi, delle regole certe e dei controlli efficaci nei confronti di tutti gli impianti industriali. Oggi, come ieri, ci propongono dei veri “mostri” industriali che non ci aiuteranno ad uscire da questa grave crisi economica.
Ma, per comprendere compiutamente quanto sta avvenendo oggi, che discutiamo del nuovo impianto di rigassificazione di Capo Bianco, è necessario ripercorrere la storia di tutti gli insediamenti che sono non solo ad alto rischio di incidente rilevante ma, addirittura, altamente inquinanti. Ci riferiamo, evidentemente, alla storia del petrolchimico, alla storia delle centrali termoelettriche di Brindisi nord e di Cerano. Alla complicità delle classi dirigenti locali (politiche, economiche e sindacali) che hanno permesso a questi colossi industriali ed a tutti i governi nazionali di distruggere il nostro territorio e la nostra stessa salute, impedendoci, come si è detto, di avere un altro sviluppo, un altro futuro, sicuramente più florido.
Un’area industriale, quella di Brindisi, in cui insistono impianti altamente inquinanti e pericolosi. Tanto che negli anni ottanta il nostro territorio fu dichiarato (DPCM 88) AREA AD ELEVATO RISCHIO DI CRISI AMBIENTALE. Un’area che doveva necessariamente essere bonificata e che per tale condizione si pensò addirittura alla chiusura di una delle due Centrali elettriche esistenti, quella di Brindisi Nord. Sembra un paradosso! La convenzione sottoscritta da Enel, Governo ed Enti Locali brindisini del 1996 (peggiorativa rispetto alla precedente bozza degli anni 80, comunque migliorata dall’intervento del Ministro RONCHI e dal Sottosegretario CARPI – cosd. LODO CARPI-RONCHI), proprio a causa del disastro ambientale dell’area prevedeva la chiusura della Centrale di Brindisi Nord a far data dal 1° gennaio 2001. Una centrale, ricordiamo, carente di quelle opere di ambientalizzazione (camini troppo bassi, desolforatori mancanti etc.) che continuava (e continua) a bruciare carbone ed olio combustibile ad alto tenore di zolfo. Si voleva inibire il funzionamento di quella centrale, proprio per le condizioni ambientali, era necessario delocalizzare impianti ad alto rischio di incidente rilevante, ora invece, ecco il paradosso, proprio in quell’area si vuole costruire il terminale di rigassificazione!
Ma come tutti sapete quella convenzione non fu mai rispettata. Una convenzione che aveva valore di legge fra le parti. Non fu mai rispettata dall’Enel, né dai governi nazionali che si sono succeduti, ne mai voluto che si rispettasse da parte degli enti locali che avrebbero invece dovuto mettere in essere tutte le azioni necessarie per far rispettare quel patto.
Nella metà degli anni novanta la movimentazione di carbone e l’utilizzo di questo combustibile era di circa due milioni di tonnellate all’anno, oggi, assistiamo ad un consumo e movimentazione del carbone pari a circa 7 milioni di tonnellate. Sarebbe interessante parlare anche delle società che movimentano questo carbone, ma evidentemente se ne stanno occupando altri poteri dello Stato.
Quella centrale doveva essere trasformata a ciclo combinato (Decreto BERSANI), dopo la liberalizzazione del mercato elettrico (Decreto D’ALEMA) e fu venduta da Enel. Sembrava imminente la sua trasformazione e alimentazione a gas. Oggi, invece, anche aiutata dal decreto “sblocca centrali” del Governo Berlusconi, continua a bruciare carbone. Ed il carbone viene movimentato proprio a pochi passi da dove si vorrebbe costruire il rigassificatore. Proprio sulle stesse banchine in cui i turisti si imbarcano per la Grecia e la Turchia. La movimentazione del carbone avviene, inoltre, in condizioni che rasentano l’illegalità. Provate a sostare qualche ora su quelle banchine.
Ma ciò può essere possibile anche grazie alla sottoscrizione di nuove convenzioni, mai discusse, ne approvate, dalle assemblee elettive di Comune e Provincia, con gli attuali produttori di energia (ENEL, EDIPOWER, ENIPOWER). ANTONINO e FRUGIS hanno svenduto questo territorio, sottoscrivendo atti che per quanto ci riguarda non hanno alcun valore di legge, anche e non solo, perché mancanti dell’approvazione dei rispettivi consigli. Ed è per questo che chiederemo formalmente di impugnare quelle convenzioni che non hanno alcun valore. L’unica convenzione che ha ancora valida è quella, appunto sottoscritta, nel 1996.
Come vedete, questa premessa ci sembrava importante, proprio per far emergere le contraddizioni forti di questa decisione.
Sappiamo benissimo che il Rigassificatore, ad esempio, non è un impianto altamente inquinante (ma ci riferiamo solo alle emissioni inquinanti), ma rimane un installazione ad altro rischio di incidente rilevante: infatti, la sua dislocazione (capo Bianco) è vicinissima alla città e si trova sul cono d’atterraggio dell’aeroporto. Peraltro, la sua ubicazione è prevista in quell’area cui si è fatto cenno in precedenza, che uno studio dell’ENEA giudica area ad alto rischio di incidente rilevante, evidenziando la necessità di delocalizzare gli impianti a potenziale rischio di incidenti e quindi la impossibilità di pensare a nuovi insediamenti in quell’area.
Ma la nostra contrarietà si basa non solo sulla pericolosità di tale impianto, ma anche perché riteniamo questo in contraddizione con uno sviluppo legato alle nostre potenzialità vocazionali e strutturali. Il porto ad esempio. Le attività portuali, con la presenza di tale impianto, sarebbero ulteriormente ridimensionate. Nel porto di Brindisi si dovrebbero movimentare circa 8 miliardi di metri cubi di gas, per il quale occorrono circa 110 navi gasiere l’anno, della stazza di 130.000/140.000, che saranno presenti nello stesso porto. Il che significa che il nostro porto sarà esclusivamente al servizio di questo Impianto. Tutti saprete, infatti, che per ragioni di sicurezza durante la dislocazione delle navi gasiere, non vi può essere la presenza di nessun tipo di imbarcazione. Nemmeno le derive dislocate nel porticciolo turistico potrebbe navigare il nostro porto. Pensate quali effetti avrà tale presenza sul traffico marittimo di passeggeri e merci. Il nostro porto vive una crisi profonda già in queste condizioni, cosa sarà con la presenza di queste metaniere?
La morte del nostro porto, infatti, a favore di quello di Bari e di Ancona.
Pensiamo, invece, così come avvenuto in altri centri d’Italia, questo territorio martoriato sotto il profilo ambientale e che ha dato tanto per l’interesse nazionale, debba oggi essere risarcito. Bagnoli, ci insegna, che un investimento per bonificare un territorio, crea una possibilità di occupazione per almeno dieci anni. Un risarcimento di cui la nostra provincia ha pieno diritto.
Ma entriamo nel merito dell’affaire rigassificatore. Una storia molto strana. Evidentemente interessi economici hanno prevalso sullo spirito di servizio. Un impianto deciso solo da alcuni. La delibera in discussione ci ricorda che MAI il consiglio comunale e provinciale di Brindisi si sono interessati della vicenda, votando, cioè, un atto deliberativo. I soliti noti, FRUGIS e ANTONINO, hanno partecipato alla conferenza di servizi del 03/10/2002, senza alcun mandato da parte delle assemblee elettive. Anzi, bisognerebbe andare a rileggere i giornali dell’epoca per ricordare che di quella conferenza di servizi non era a conoscenza nessuno (tranne loro, ovviamente) e fu il PRC a “scoprire” che c’era una convocazione ufficiale presso il Ministero dell’Ambiente, il quale ne diede notizia agli organi di stampa e si aprì ufficialmente la crisi della giunta Antonino e la fuoriuscita del nostro Partito dalla maggioranza. Ma le colpe evidentemente non sono dei soliti Antonino e Frugis e delle loro maggioranze, anche la Regione ha avuto alcun ruolo determinante nell’affaire (si disconosce addirittura se l’assessore all’ambiente ha proposto una delibera di giunta sull’argomento). Le uniche raccomandazioni in quella conferenza di servizi avanzate dall’assessore Saccomanno, si limitarono alla opportunità di una corretta informazione sull’impianto alla cittadinanza (sic!). Informazione sull’impianto, non coinvolgimento e partecipazione! Tre soli uomini, ANTONINO – FRUGIS e SACCOMANNO hanno deciso le sorti di una intera comunità. Tre contro centinaia di migliaia di cittadini che si sono schierati contro questo impianto!
Molte regioni italiane, per la verità, hanno agito in maniera differente. Hanno avviato procedure molto complesse, come anche la consultazione popolare. E’ il caso, ad esempio della Toscana, della quale parleremo più avanti.
Ma per capire meglio la particolarità dell’iter autorizzativo della vicenda del rigassificatore brindisino, è necessaria anche una breve premessa intorno alle altre richieste di insediamento di impianti simili nel nostro paese.
GLI IMPIANTI TERMINALI DI RIGASSIFICAZIONE
Innanzitutto è bene ricordare alcuni cenni storici per inquadrare la tipologia del progetto e capire di cosa si sta trattando.Verso la fine degli anni ottanta, dopo la vittoria dei "no" nel referendum sulle centrali nucleari, il Governo decise di interrompere la costruzione della centrale di Montalto di Castro e di costruire nello stesso sito una centrale termoelettrica di elevata potenza, imponendo come fonte di alimentazione il gas metano. Per far fronte all'approvvigionamento delle grandi quantità occorrenti di metano, l'Enel programmò il progetto di un impianto di rigassificazione da realizzare in prossimità della centrale nucleare dismessa e allo scopo stipulò un contratto di fornitura di metano liquefatto con la Nigeria.
L'Enel scoprì Lagos negli anni '80, ufficialmente per puntare sul gas e diversificare l'approvvigionamento dei tradizionali fornitori in Algeria e Russia, già collegati con gasdotti. Con la Nigeria nel maggio '92 firmò il precontratto da oltre 20 mila miliardi di lire con decorrenza della fornitura dal '97, pur senza avere la struttura ricettiva. Ma in quella Prima Repubblica il consenso del Palazzo a questi business era entusiastico, anche perché scatenava applausi e appetiti di tanti big degli appalti Enel.
A questo punto emerse che i responsabili dell'Enel s'erano impegnati con formula classica take o pay (che impone di pagare anche se non si ritira la merce), senza cautelarsi esplicitamente sull'eventuale impossibilità di costruire il rigassificatore in Italia. Così, alle proposte di disdetta della fornitura o di ricerca di un accomodamento, i venditori hanno potuto rispondere con la richiesta di un mega risarcimento dei danni, al centro dell'arbitrato a Ginevra.
L'arbitrato in corso in Svizzera vide l'Enel contrapposto alla Nigerian Liquefied natural gas (Lng) di Lagos, una joint ventures che ha in appalto l'intero progetto. Il governo locale ha il 49 per cento del capitale tramite la società petrolifera statale Nigerian Npc. Quote di minoranza appartengono alla società petrolifera francese Eif (15 per cento) e all'italiana Agip-Eni (10,4 per cento). Il principale partner straniero (con il 25,6 per cento) è la Shell, che gestisce l'operatività della Nigerian Lng ed esprime l'amministratore delegato.
Il processo di trasformazione del metano da liquido in gassoso è delicato, perché si tratta di una miscela compressa ad una pressione di molte atmosfere. Poiché l'impianto in questione è considerato ad "alto rischio", l'istruttoria per l'autorizzazione del progetto, lunga e rigorosa, non arrivò alla sua approvazione a causa di forti opposizioni che vennero all'epoca da parte del Ministero dell'Ambiente. Sicché, caduta l'ipotesi Montalto di Castro, venne elaborata l'ipotesi Eni a Monfalcone (Go). Anche qui, nonostante che vi fosse una favorevole disponibilità dei Ministeri interessati e malgrado l'impegno profuso da tutti gli Enti energetici, furono incontrate diverse difficoltà, tanto che la proposta venne affidata alla volontà dei cittadini del Comune di Monfalcone con un referendum popolare, che bloccò tale insediamento pur in presenza di molteplici benefici di accompagnamento offerti al Comune. Ma l’evento che ha "pubblicamente" bloccato il progetto non è stato solo il referendum consultivo della popolazione di Monfalcone, con il quale, nel settembre 1996, il 62% dei votanti si è dichiarato contrario alla realizzazione del terminale.
La prima decisiva opposizione alla realizzazione del terminale è venuta tuttavia dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, che il 9 maggio 2002 esprimeva parere negativo sulla compatibilità ambientale del progetto in quanto la sua "realizzazione.... arrecherebbe comunque un danno irreparabile al contesto ambientale e paesaggistico.". Merita ricordare che, in base alla legge sulla VIA, la pronuncia di compatibilità ambientale viene espressa dal Ministro dell’Ambiente, di concerto con quello dei Beni Culturali e Ambientali e sentita la Regione interessata; il parere del Ministero dei Beni Culturali era così categorico che non era facile ipotizzarne una revisione.
Venute meno le prime due ipotesi, risulta che i successivi tentativi siano stati respinti, sino a quando…. Sino a quando il Governo Berlusconi ed in particolare il suo Ministro alle Attività Produttive MARZANO, hanno deciso per una politica iper-liberista e iper-permissiva, soprattutto nel comparto della produzione energetica, senza tener conto degli aspetti inerenti la salvaguardia ambientale (pensano al nucleare?).
In Italia esiste attualmente un solo impianto di rigassificazione del Gnl, il gas naturale liquido. In Europa sono sette, nel mondo 31.
Quello Italiano, di modeste dimensioni, sito a PANIGAGLIA (SP), è di proprietà della Società GNL ITALIA SPA (SNAM). Entrato in esercizio nel 1971 ha funzionato con continuità sino al 1980, alimentato da gnl di origine libica. Tra il 1980 e il 1997 tale impianto ha funzionato con discontinuità. A seguito della ristrutturazione del terminale avvenuta tra il 1990 ed il 1996, ha ripreso la sua funzionalità nel 1997.
Per incrementare la capacità italiana di importare gas attraverso la diversificazione delle fonti (attualmente il nostro Paese dipende al 90% dall’estero), varie società intendono realizzare altrettanti impianti di gassificazione. Anche perché, rientrando nella legge obiettivo sull’energia, i terminali hanno un percorso autorizzativo privilegiato.
Oltre a questo percorso autorizzativo privilegiato, l’ultimo decreto Marzano prevede che chi investe nella costruzione di terminali di rigasssificazione, avrà per 20 anni l’uso esclusivo dell’80% della capacità realizzata. Tale decreto prevede una ulteriore procedura semplificativa per le autorizzazioni di nuovi impianti: via libera unico entro 180 giorni dalla domanda!
PROGETTI PER LA REALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI IN ITALIA
Presso il Ministero delle Attività produttive sono state presentate varie richieste per la realizzazioni di terminali, tra gli altri:
- 2 impianti da realizzarsi da parte del gruppo spagnolo GAS NATURAL S.A. a Taranto e a Trieste, entrambi della capacità di 8 milioni di mc;
- 1 impianto da realizzarsi off shore a Porto Rivo (Rovigo), progetto presentato da Edison Spa, impianto che sarà costruito e gestito dalla società GNL ADRIATICO Srl (45% Exxon Mobil Italiana Gas, 45% Qatar Petroleum; 10% da Edison Spa), della capacità di 4.6 miliardi snc/anno elevabili ad 8. Per tale ampliamento dovrà tuttavia superare le procedure di VIA;
- 1 impianto off shore a Livorno, come da progetto presentato da LNG Toscana (società Olt) della potenza di 3 miliardi snc/anno elevabili a 6, se supererà la valutazione di impatto ambientale;
- 1 impianto a Rosignano Marittimo (LI), come da progetto presentato dalla Solvay-Bp-Edison, della potenza di 3 miliardi di metri cubi di gas;
- 1 a Brindisi, in località capo Bianco, progetto presentato dalla società British Gas International Holdings. Il il 13 giugno 2001 è stato costituita la società BG Brindisi LNG S.p.A.. Successivamente il 50% delle quote azionarie sono state acquisite da ENEL TRADE SPA (società controllata da ENEL).
Ebbene, vi sembrerà strano, ma tutti questi progetti , tranne quello brindisino, sono stati sottoposti alla valutazione di impatto ambientale (VIA), seguendo le procedure previste dalla normativa. Molte delle quali non si sono ancora concluse. Addirittura, come si è accennato, i progetti di ampliamento della capacità saranno sottoposti ad ulteriori procedimenti di valutazione di impatto ambientale (ROVIGO e LIVORNO). Questo è quanto emerge dalla relazione di pochi giorni fa dell’AUTORITA’ DELL’ENERGIA E GAS, datata 14 luglio 2004 (documento per la consultazione e formazione di provvedimenti di cui all’articolo 24, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164 e dall’art. 2, comma 12, lettera d) della legge 14 novembre 1995, n. 481).
Per alcuni di questi progetti sono stati espressi pareri negativi, nell’ambito della procedura di Via Nazionale, come per l'impianto di rigassificazione proposto da Solvay-Bp-Edison di Rosignano. L'individuazione di condizioni precise e vincolanti per l'altro progetto di terminale proposto sulla costa livornese dall'Olt, rispetto al quale procederà l'attività di approfondimento e di confronto con le comunità locali. Sono questi i principali risultati della valutazione strategica approvata il 14 luglio 2004 dalla giunta regionale toscana, su proposta dell'assessore all'ambiente Tommaso Franci, in relazione ai due impianti di rigassificazione di Livorno e Rosignano - i cui progetti sono sottoposti alla valutazione di impatto ambientale statale.
Per quanto riguarda il terminale Solvay-Bp-Edison il parere negativo espresso dalla giunta regionale si fonda sulla non conformità del progetto agli strumenti di governo del territorio sia della provincia di Livorno che del comune di Rosignano e sull'eccessivo impatto paesaggistico".
Diversa la situazione del progetto Olt, rispetto al quale comunque il parere regionale, positivo nell'ambito della procedura di VIA nazionale, non va inteso come una approvazione da parte del governo regionale. Questo parere infatti non rappresenta in alcun modo un via libera definitivo. Anzi, proprio in base a questa valutazione strategica, che sarà ulteriormente sviluppata ed approfondita, sono stati fissati alcuni precisi paletti. Si tratta di altrettante condizioni che la giunta regionale toscana ha posto ai fini di un'eventuale intesa con il governo nazionale, senza la quale, un impianto di questo tipo non potrà mai essere autorizzato dal Ministero dell’Ambiente e del Ministero delle Attività produttive
IL RIGASSIFICATORE DELLA BRINDISI LNG SPA (Brindisi – Capo Bianco)
Insomma un progetto pericoloso che viene approvato secondo una procedura assolutamente approssimativa. Riteniamo infatti scorretto lo svolgimento della Conferenza di Servizi in quanto l’iter relativo alle analisi preliminari per la bonifica dei siti inquinati e quello per la valutazione di impatto ambientale, affidate alla stessa British Gas, ci paiono viziate da un evidente conflitto d’interesse. Siamo seriamente preoccupati per il futuro di Brindisi perché siamo di fronte a un caso esemplare. Ma perché mai una corsia preferenziale per l’impianto di rigassificazione di Brindisi?
Una vicenda curiosa, quella del terminale di rigassificazione di Brindisi firmato British Gas, che comincia già dalla caratterizzazione (le analisi preliminari alla bonifica dei siti inquinati di rilevanza nazionale, come prevede la normativa): le analisi infatti sono state affidate all’impresa inglese. Inoltre la procedura di valutazione di impatto ambientale è stata realizzata senza contestualizzare l’impianto e la relativa movimentazione di sostanze nell’attuale e futuro traffico di merci del porto di Brindisi.
A quanto risulta, è stata richiesta l’esclusione di colmate e pontile, opere connesse all’impianto di rigassificazione, dalla procedura di valutazione di impatto ambientale, con l’argomentazione che le due opere sarebbero, secondo quanto affermato dalla British Gas, già contenute nel Piano Regolatore Portuale del 1975, attualmente in vigore. Non è vero che il pontile sia previsto dal Piano e per quel che riguarda la colmata (interramento di tratto di mare) pur prevista nel Piano del ’75, c’è una sentenza in merito ad un caso analogo relativo ad un’opera pianificata, ma non realizzata, prima dell’entrata in vigore delle normativa di valutazione di impatto ambientale, che rende tuttavia obbligatoria la procedura. La richiesta di esclusione dalla Via è dunque inopportuna e pericolosa.
Abbiamo appreso nei giorni scorsi che l’Autorità Portuale, sua sponte, ha chiesto un parere intorno al progetto “definitivo” presentato da British gas, alla Terza Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che con voto 132/9-6-2004 ha di fatto affermato che il progetto in questione è da considerarsi preliminare, anche se ben documentato, ma non definitivo. Ciò significa che ancora abbiamo gli strumenti per impedire la realizzazione di questo impianto.
LA DELIBERA DEL CONSIGLIO PROVINCIALE – IL DISSENSO
La delibera proposta dal Presidente Errico in Consiglio Provinciale è una delibera di indirizzo. Sostanzialmente stabilisce il NO al rigassificatore nel Porto di Brindisi (Capo Bianco). Gli emendamenti presentati dal nostro Partito, invece, estendevano questa contrarietà a tutto il territorio della Provincia. Della volontà di Rifondazione di presentare tali emendamenti, fu preannunciato dai nostri assessori in Giunta, che chiesero appunto questa modifica. Gli fu risposto che non c’era tempo di modificarla e che si sarebbe potuta emendare in Consiglio.
Il giorno della discussione il PRC consegnò formalmente gli emendamenti di che trattasi alla Presidenza del Consiglio. Ne fu data comunicazione al Presidente. Si sospese il Consiglio per discutere di questi emendamenti sia all’interno della maggioranza, sia nell’ambito della conferenza dei capigruppo. I partiti del centro sinistra, si dissero d’accordo con la proposta emendativa, dichiarando ufficialmente la loro adesione, con le dichiarazioni di voto in Consiglio Provinciale. In questa dialettica si inserì l’opposizione di destra che, strumentalmente, aveva presentato un emendamento analogo. Dissero che sarebbero stati disposti a votare la delibera così come presentata dal Presidente Errico, a condizione che Rifondazione Comunista avesse ritirato i suoi emendamenti. Si capisce la strumentalizzazione messa in essere dalla destra.
Errico, forse convinto della necessità di una votazione favorevole ampia, che coinvolgesse anche i partiti di destra, rivolse un appello a Rifondazione Comunista affinché ritirasse tali emendamenti. Nel corso di questo intervento, purtroppo, attaccò duramente il nostro partito definendolo “massimalista” (oltre ad altre accuse molto forti). Rifondazione Comunista a questo punto non poteva ritirare gli emendamenti che furono bocciati da tutti i gruppi presenti in consiglio, ad eccezione del voto favorevole del capogruppo della Margherita.
Per cui il nostro voto all’intera delibera è stato di astensione, ottenendo solo 21 voti favorevoli e solo 14 di maggioranza.
La necessità di presentare quegli emendamenti è data da una preoccupazione che è quella che tale impianto possa realizzarsi in altro sito. Infatti, dal tono delle dichiarazioni di molti esponenti del centro sinistra, come di esponenti di centro-destra (il Consigliere Oggiano, qualche giorno dopo la discussione formalizza alla stampa la sua posizione politica, dichiarandosi d’accordo con la ridislocazione in altro sito). Peraltro, in questi giorni, si è appresa la notizia (che, tuttavia, dovremmo verificare) che presso il Ministero delle Attività Produttive è depositato un accordo di programma sottoscritto con LNG, con la quale questa società di impegna, se del caso, a individuare altro sito diverso da quello di Capo Bianco. Se sarà confermata questa notizia, ancora una volta, Rifondazione Comunista avrà avuto ragione ed è giustificata la propria posizione politica che non può certamente essere considerata velleitaria e massimalista.

COMUNICATO STAMPA PRC BRINDISI


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