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Brindisi, Università: intervento del Presidente Errico



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Brindisi, 20/07/2005

Università: intervento del Presidente Errico

L'Italia è tra i Paesi europei a capitalismo maturo quello più segnato dalle disomogeneità territoriali: affianco ad alcune tra le regioni più ricche d'Europa convivono aree depresse tra le più povere del Continente. Una disomogeneità economica che è anche infrastrutturale, tecnologica, sociale. Brindisi rappresenta un esempio chiaro di una disomogeneità che si percepisce non solo in una comparazione nazionale, ma altresì in una comparazione tra aree territoriali appartenenti alla stessa Regione. Tuttavia le trasformazioni dei processi produttivi, la mondializzazione delle economie, la crescita esponenziale della competitività, possono, se opportunamente affrontate e gestite, ridurre non solo le differenze, ma riposizionare l'intero Paese nel panorama internazionale.
La conoscenza rappresenta uno più potenti fattori caratterizzanti politiche di rilancio e di configurazione di identità territoriali. Sebbene non produca ricchezza in modo diretto, né supplisca le politiche industriali ed economiche di un Paese, è la strategia vincente affinché si recuperino i ritardi e si affrontino in modo efficace le trasformazioni in corso. La sua pervasività esprime e sostiene le esternalità di cui abbisognano sia i territori depressi, sia quelli avanzati, determinando la capacità di creare e conservare posizioni di vantaggio e di competitività. La scelta comunitaria della Società della Conoscenza va in questa direzione. Un obiettivo che va assunto, soprattutto dal nostro Paese e dai suoi territori, non come intento, ma come reale programma di intervento trasversalmente declinato in tutte le politiche governative nazionali e locali, con la consapevolezza che non si generano automatismi né nelle conoscenze né nello sviluppo. Automaticamente e immediatamente i saperi, l'alta formazione non generano sviluppo; la ricerca non innesca innovazione e l'innovazione non produce competitività.
Occorre cambiare approccio, pensare olisticamente e assumere la conoscenza come una filiera - quella della conoscenza - che produce, dissemina, utilizza e trasmette i saperi e il saper fare. I fattori di questa filiera sono l'alta formazione, la ricerca, l'innovazione, la competitività nonché i processi che li attivano e li legano. Assumere la visione della filiera a strategia di intervento significa presupporre una forte coerenza tra strumenti e obiettivi e determinare una netta distinzione di ruoli e competenze tra i diversi livelli di decisori pubblici: comunitari, nazionali e regionali.
Infatti, la filiera decentra senza separare, impedendo l'emergere di comportamenti self-interested, ponendo le fondamenta per una governance del territorio.
In questo scenario la dimensione regionale rappresenta la base da cui partire perché è la scala più efficace per potenziare le relazioni fra i diversi attori, per individuare i settori in cui è possibile accelerare le dinamiche di crescita, per potenziare la capacità di creazione della conoscenza, di produzione di competenze, di attrazione di talenti e di investimenti.
È a livello regionale, infatti, che si valutano la tenuta e l'efficacia delle politiche nazionali e comunitarie per lo sviluppo, è a livello locale che si misura il grado di coerenza, condivisione e di integrazione fra i tre livelli di azione (comunitario, nazionale, regionale).
È dalle regioni che parte il progetto complessivo di crescita socio economica del Sistema Paese che concorre a far percepire il grado di governo e di affidabilità dello stesso. Del resto un conto è relazionarsi con Paesi, che investono, direttamente o tramite i governi locali in politiche industriali generaliste di basso profilo, tradizionali, con un uso strumentale di agevolazioni fiscali, contrattuali e normative, un altro è farlo con territori che si posizionano in un contesto più dinamico e strategico, in grado di costruire la propria identità sull'innovazione tecnologica e sullo sviluppo socio-culturale.
I primi hanno bisogno di uno stato centrale assistenzialista, rispetto al quale i governi locali sono inevitabilmente subordinati, i secondi di uno stato partner, con cui le autonomie locali hanno un rapporto inter pares.
Nei primi le risorse, sia a livello centrale che locale, finiscono con l'essere distribuite, erogate, nei secondi viene disciplinato l'accesso in funzione di strategie che favoriscono il successo competitivo, tra individui, sul mercato.
Nello specifico della filiera della conoscenza, il ruolo del governo centrale è di coordinare è armonizzare le regole e le politiche regionali definendo le linee strategiche e individuando gli obiettivi di lungo periodo. E' sua cura il sostegno e il rafforzamento della ricerca conoscitiva (curiosity driven), il favorire e l'impegnarsi in progetti, di innovazione per grandi imprese, assumendo l'alea del rischio, sviluppando azioni innovative di sistema in grado di far crescere complessivamente il Paese.
A livello locale spetta il compito di definire regole certe e chiare, organizzare l'offerta di ricerca, animare il tessuto produttivo, far emergere e orientare la domanda di innovazione, sostenere la nascita di imprenditoria hi-tech, concentrare risorse nei settori produttivi maggiormente coerenti con le vocazioni e le preesistenze, aumentare l'impiego di nuove tecnologie nei settori maturi.
Inoltre è attraverso la filiera della conoscenza che è possibile perseguire non solo un progetto democratico e solidale di governance, ma accompagnare la trasformazione stessa della soggettività degli attori coinvolti, prima fra tutti le Università e gli Enti Pubblici di Ricerca.
Alle Università, in particolare, spetta il difficile compito di formare e intervenire sul capitale umano, motivandolo e valorizzandolo, facendo emergere i talenti e le eccellenze. Da esse parte e si irradia la filiera della conoscenza, in esse viene incubata e portata a maturità.
Nei laboratori e nelle aule, luoghi di integrazione e interazione, la curiosità intellettuale e la vocazione individuale diventano molla di ogni futura conoscenza. Per questo alle Università occorre garantire sicurezza, funzionalità, efficacia.
Come ben sapete uno degli impegni prioritari della nostra azione è quello di far emergere l'importanza e la strategicità di tali temi e di porli al primo punto dell'agenda politico amministrativa. Su questo fronte abbiamo da subito avviato una serie di iniziative che si pongano l'obiettivo di costruire e rafforzare la filiera della conoscenza muovendoci su tre livelli.
Rafforzare l'offerta universitaria secondo scelte che da un lato vedano l'emersione di nuovi corsi di laurea legati alle vocazioni territoriali, dall'altro puntino a garantire nel tempo, ed attraverso un processo graduale, la nascita dell'Università di Brindisi.
Queste due scelte ci hanno visto da subito impegnati nella costruzione di un fronte istituzionale territoriale omogeneamente indirizzato al raggiungimento dei citati obiettivi e che vede oramai Comune, Provincia e Camera di Commercio posizionati in maniera uniforme. Tale intesa ci ha permesso di avviare una fase di confronto ed ascolto con tutte, e dico tutte, le tre Università pugliesi.
Il tavolo tecnico, costituito con le rappresentanze delle Università delegate dai rispettivi Rettori, ha concluso i suoi lavori con una proposta puntuale che consiste di 5 corsi di laurea dei quali due già esistenti : Informatica che da lezioni a distanza passa a lezioni frontali, Economia che evolve da laurea triennale a laurea quinquennale con una specializzazione nel settore agroalimentare; uno esistente e oramai prossimo alla chiusura: Ingegneria gestionale che riparte e prevede laurea da 3 a 5 anni con specializzazione meccanico/aeronautica; uno nuovo: architettura dei beni culturali coprendo uno spazio salentino nel quale è assente la facoltà di architettura e posizionandosi sulla linea della valorizzazione del patrimonio culturale della nostra provincia; uno nuovo: unico in Puglia storia, scienze e tecniche dell'industria culturale.
La proposta, chiusa al tavolo tecnico con l'accordo delle Università, è stata presentata al Curc (comitato regionale universitario). In tale sede, sulla base di un'iniziativa del Rettore dell'Università di Lecce, il piano è stato congelato a seguito di una decisione presa a maggioranza di avviare un'analisi più puntuale dei fabbisogni formativi. Terminata tale attività ho accolto favorevolmente l'invito del Rettore dell'Università di Bari di partecipare ad una seduta del Senato accademico con il presidente Nendola, Tomaselli e Mennitti per far ripartire il percorso avviato. Nel frattempo resta aperta l'interlocuzione ed il confronto con l'Università di Lecce alla quale, nonostante tutto, non è stata mai chiusa la porta. So che intorno a tale vicenda si sviluppano competizioni territoriali che non sempre ragionano nella logica della sussidiarietà e dell'integrazione delle competenze e offerte formative.
Il nostro obiettivo è quello dell'Università autonoma alla quale si deve giungere sulla base di alcuni presupposti:
- evitare la proliferazione di corsi che siano slegati dalle vocazioni territoriali
- evitare la nascita di nuovi corsi che soddisfino esigenze squisitamente accademiche in contrapposizione alle volontà del territorio
- dare forza istituzionale a tale percorso attraverso un sostegno finanziario che non sia addebitabile ai soli enti locali
- aprire ai giovani le porte della docenza universitaria per costruire una classe dirigente più qualificata e legata al territorio. Abbiamo bisogno di professori universitari e ricercatori che insegnino e facciano ricerca con grande libertà soprattutto nel decennio più produttivo della vita intellettuale, quello tra i trenta e i quarant'anni, invece che stazionare in posizioni incerte e subalterne.
Ciò ci permetterà di passare da un'università concentrata e georeferenziata a un'università estesa, pro-attiva, che evita deresponsabilizzanti sovrapposizioni e commistioni di compiti e funzioni fra i suoi organi di governo e di indirizzo e le istanze territoriali. Vogliamo puntare ad esprimere una governance che soddisfi autonomia, democrazia, responsabilità, efficacia, trasparenza e qualità.
Questa università si colloca in modo diverso sul territorio, cerca di fare sistema con gli altri atenei, fa del coordinamento interuniversitario un punto di forza perché condivide una visione di lungo periodo e si confronta con il governo locale, da cui è sostenuta e rafforzata attraverso progetti complementari e sussidiari alle politiche territoriali.
Se l'università avvia la filiera, i saperi consolidati, la disseminazione, l'usabilità e la loro trasferibilità al territorio e alle imprese divengono i fattori caratterizzanti l'innovazione.
Non esiste un unico modello di innovazione, non è imponibile dall'alto, ma si genera ancora una volta dal locale.
Dall'alto possono venire le macro indicazioni, la disponibilità di risorse, ma è a livello locale che si consuma e sperimenta la prassi del fare innovativo. È a livello regionale che si definiscono le regole, gli strumenti e i tempi attraverso i quali si mette in moto il territorio e lo si anima.
Se quindi l'idea forza è quella di porre la conoscenza e la capacità innovativa alla base del percorso di accrescimento del grado di competitività del territorio attraverso il coinvolgimento degli attori locali ed il potenziamento delle iniziative che già insistono sul territorio provinciale allora il livello di concentrazione delle citate iniziative nel comprensorio immobiliare denominato Cittadella della Ricerca ed il livello di infrastrutturazione ad oggi esistente, se pur non suffciente, fanno di tale sito un luogo ideale e già fertile, nel quale rafforzare l'esistente e convogliare le nuove iniziative.
Gli interventi proposti mirano quindi ad evitare dispersioni fisiche degli insediamenti ed a favorire quindi un nucleo che si sviluppi nella logica della distrettualizzazione garantendo il connubio formazione - ricerca - innovazione valorizzando le esperienze già operanti sul territorio.
Appare necessario determinare rapporti di reciproco beneficio tra le Università ed i Centri di Ricerca presenti in virtù del patrimonio materiale ed immateriale già accumulato negli anni. La tipologia dei corsi di laurea da avviare dovrà necessariamente essere orientata anche dalla valorizzazione del suddetto patrimonio.
Attraverso tali iniziative si strutturerebbe un sistema idoneo ad accogliere anche in provincia di Brindisi una forte iniziativa di livello regionale sulla falsa riga di quanto già avviato con la realizzazione dei tre poli biotecnologici pugliesi (BA-FG-LE). Da una serie di considerazioni calate in uno scenario globale ma, altresì, attuali e forti nel panorama regionale ed in particolare in quello provinciale, si ritiene utile favorire in tal sito un'iniziativa che punti ad una specializzazione/eccellenza in materia di energia ed ambiente. Sotto il profilo della Ricerca "strictu sensu" sarebbero quindi i settori dell'energia, dell'ambiente e dell'aeronautico da privilegiare rispetto agli altri. I citati settori dell'agroalimentare e dei beni culturali sembrebbero essere valorizzabili più attraverso iniziative che puntino al trasferimento tecnologico che alla ricerca vera e propria.
La creazione di questo concentrato di know-how verrà altresì arricchita da iniziative degli Enti alcune delle quali sono già in corso (accordo Pastis Consorzio Universus - sede distaccata UNIMED - laboratorio merceologico Camera di Commercio - investimento Data Management - realizzazione di laboratori pubblici privati per i quali ci giungono richieste di localizzazione a Brindisi)
L'adeguamento ed il potenziamento infrastrutturale passa attraverso la normalizzazione degli assetti giuridico patrimoniali tra Pastis e Cittadella prevedendo lo stesso rilancio del Pastis su attività di ricerca affini al territorio che potrebbero essere quello dell'aeronautico dell'energia e dei beni culturali. Il nostro compito è anche quello di difendere le buone intuizioni che tanto hanno fatto, ma che hanno perso la loro spinta propulsiva . Non possiamo abbandonare l'idea di avere sul nostro territorio uno strumento privilegiato, quali un parco scientifico, pur sapendo della necessità di una nuova missione. E proprio su questo registriamo con favore l'impegno portato avanti dalla Regione Puglia tramite Finpuglia.
Solo attraverso la diffusione e la condivisione di una cultura del fare innovativo è possibile crescere in competitività senza richiamare i fantasmi del passato (costo del lavoro, svalutazione monetaria, dazi) che nascondevano l'assenza di politiche industriali e sociali di lungo periodo.
Si è, infatti, competitivi per qualità, creatività, esclusività, benessere prodotto, oppure quando costringiamo gli altri a seguirci, a copiarci, quando cioè facciamo da battistrada, innalzando l'asticella delle aspettative e del saper fare.
E per farlo dobbiamo rafforzare e sviluppare competenze organizzative, gestionali e negoziali, ammodernare le infrastrutture di servizio, transitare da un'economia fondata sul possesso a un'economia dell'accesso; proteggere le idee con politiche brevettuali socialmente sostenibili, integrare le politiche industriali ed economiche con quelle dei saperi e del buon vivere.
In particolare per il Meridione, la visione macroregionale basata sull'economia della conoscenza potrebbe rappresentare uno dei fattori decisivi di rilancio, riscatto e novità per l'intera area euro mediterranea.
Anche su questo siamo in movimento attraverso due forti proposizioni che riguardano l'avvio di master in materia di cooperazione euromediterranea e l'individuazione di un apposito corso di laurea che strutturi una politica volta alla creazione di una competenza territoriale originale e moderna in materia di integrazione euromediterranea. Sempre su tale falsa riga si muove la proposta di realizzazione a Brindisi di un centro studi strategici euromediterranea di respiro nazionale ed internazionale.
Brindisi, 20/07/09
IL PRESIDENTE
- ERRICO-

COMUNICATO STAMPA AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI BRINDISI


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