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Brindisi, Termovalorizzatore: la posizione delle associazioni ambientaliste



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Brindisi, 08/10/2005

Termovalorizzatore: la posizione delle associazioni ambientaliste

Constatiamo la difficoltà che le Istituzioni incontrano nel percorrere il cammino che si erano prefissato, chi coi programmi preelettorali, chi per riscattare il territorio brindisino ritenendolo creditore nei confronti della collettività nazionale.
Invitiamo, pertanto, le amministrazioni ad avere il coraggio della coerenza e a non deludere le attese che hanno promosso in merito al nuovo modello di sviluppo.
La nostra piena e indiscutibile solidarietà va ai lavoratori ex EVC, vittime due volte: la prima di pagare le conseguenze di uno sviluppo sbagliato, la seconda di rischiare il posto di lavoro restando esposti a ogni possibile strumentalizzazione.
Lavoratori che da troppi anni attendono doverose certezze per il loro futuro. La loro odissea inizia con la EVC, fuggita dopo aver lasciato morti e disoccupati; continua con le promesse legate alla Celtica e poi alla Powerco, sempre usati come arma di pressione prima per la realizzazione della torcia al plasma, ora per il termovalorizzatore, gabellato come soluzione finale del ciclo dei rifiuti.
Queste vicende dimostrano che le questioni ambientali e, quindi, il futuro stesso della città sono fortemente condizionati dai problemi del mondo del lavoro che invece di vedere un impegno sinergico per essere risolti, vengono ad arte sfruttati per ottenere ciò che in questo territorio è divenuto improponibile.
Chiediamo con forza che Comune, Provincia e soprattutto la Regione (della quale condividiamo l’impostazione data al ciclo dei rifiuti) disinneschino questo strumento perverso in mano a chi intende usarlo a danno della collettività.
Si ponga fine al calvario dei lavoratori, assicurando loro un futuro certo.
Perché si vuole il termovalorizzatore? Chi ci guadagna? Il ciclo dei rifiuti si conclude con la produzione del CDR (combustibile da rifiuti) per la cui produzione è già esistente un impianto che è attualmente inutilizzato. Il termovalorizzatore, al contrario, è un impianto che produce e vende energia elettrica, usando come combustibile il CDR. Per entrambe le cose la società che lo gestisce ricava utili, sottraendo il CDR ad altri utilizzi, come ad esempio i cementifici dove potrebbe, più proficuamente, sostituire combustibili più inquinanti. Altro aspetto poco chiaro è la quantità di CDR occorrente all’impianto che si vorrebbe costruire a Brindisi, cioè 90.000 ton. annue, mentre la disponibilità locale non arriva a 60.000. Ciò significa che bruceremo l’immondizia di altri, occorrerà altro CDR da altre zone, e non sarebbe garantita la sua qualità, con la certezza di un ulteriore aumento dell’impatto ambientale dell’impianto brindisino, ed il peggioramento della qualità dell’aria. Senza considerare che a quest’impianto si accompagnerebbe una discarica.
Dal momento che l’impianto di termovalorizzazione impiega soltanto 15-20 unità, ciò significa che il resto dei lavoratori dovrebbero essere impiegati nel ciclo dei rifiuti a monte dell’impianto (quali la selezione del materiale, la produzione del compost e del CDR, impianti esistenti, peraltro già acquisiti dalla società). Ciò può essere fatto sin d’ora, se si vuole realmente risolvere il problema occupazionale!
Questa sarebbe la soluzione più intelligente, che andrebbe nella direzione della risoluzione dei problemi occupazionali, senza stravolgere il territorio con altri inutili e dannosi impianti energetici. A meno che non si perseguano altri interessi.

Italia Nostra, Legambiente, WWF, Coldiretti-TerraNostra, Fondazione “Dr. Antonio Di Giulio”, Fondazione “Franco Rubino”, Cobas, LAV, A.I.C.S., ARCI, Forum ambiente salute e sviluppo, Medicina Democratica, Comitato per la Tutela dell’Ambiente e della Salute del Cittadino, Comitato spontaneo cittadino “Mo’ Basta!”


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