Lecce, 06/10/2003
Il CDR del "Nuovo Quotidiano" sui quattro giornalisti indagati
Quattro colleghi indagati per violazione di segreto d’ufficio con l’aggravante di aver favorito la criminalità organizzata non è una notizia che può passare sotto silenzio, nell’indifferenza della società civile, delle forze politiche e, soprattutto, degli organismi di categoria sia regionali che nazionali. Il procedimento penale aperto a carico dei colleghi del “Nuovo Quotidiano di Puglia”, Rosario Tornesello e Erasmo Marinazzo, e della “Gazzetta del Mezzogiorno”, Toti Bellone e Gianfranco Lattante, rappresenta un uso improprio del codice penale per intimidire il libero esercizio dell’attività giornalistica.
E’ il numero stesso degli indagati e delle testate coinvolte a far apparire abnorme il reato contestato: si sospetta, in sostanza, di collusione mafiosa le due più grosse testate pugliesi e ben quattro cronisti, stimanti e rispettati da tutti i colleghi per la loro serietà professionale e la loro dirittura morale. Non è concepibile che si apra un procedimento penale a carico di chi fa il proprio mestiere, che è quello di raccogliere e divulgare notizie ritenute rilevanti. In uno dei due casi specifici contestati, poi, le notizie sulla collaborazione di due pentiti erano già da tempo di “dominio pubblico” negli ambienti giudiziari, delle forze dell’ordine e della stessa stampa, e gli articoli sono stati pubblicati solo dopo che era scattato il programma di protezione per i due collaboratori di giustizia.
Ma l’apertura del procedimento penale appare tanto più paradossale nell’altro caso contestato, quello relativo alla cattura di due estorsori fatti arrestare dalla loro vittima, che, per altro, li aveva riconosciuti vedendo le loro foto pubblicate proprio sui due giornali in questione. Se si dovesse contestare il “concorso in associazione mafiosa” ogni qualvolta dei cronisti parlano di inchieste in corso contro la criminalità organizzata, allora non solo dovrebbero essere piene le carceri di giornalisti ma si porrebbe una censura ed un divieto insormontabile alla libertà d’informazione e al diritto ad essere informati dei cittadini. Per quanto riguarda l’altro reato quello della violazione del segreto d’ufficio è una storia vecchia, trita e ritrita: non è un reato che attiene al giornalista ma al pubblico ufficiale che ha lasciato trapelare la notizia.
Il Cdr del “Nuovo Quotidiano di Puglia” nell’esprimere la piena e totale solidarietà a tutti i quattro colleghi coinvolti e nel chiamare in causa gli organismi di categoria perché facciano sentire anche la loro voce, auspica che lo stesso magistrato che ha formulato le ipotesi di reato riconsideri serenamente il tutto per riportarlo nelle sue giuste dimensioni.
COMUNICATO STAMPA DEL CDR DEL NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA
Dalla redazione giornalistica di Puglia Tv
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