Brindisi, 13/06/2006
Italia dei Valori: perchè votare No al Referendum
Giovedì 15 giugno prossimo, alle ore 18.00 presso la sede Italia dei Valori di Brindisi in Via Conserva 32, saranno discusse le ragioni del “NO” alla riforma della costituzione varato dal centro destra.
All’incontro parteciperà quale relatore, il prof. Guido RIVOSECCHI, professore associato di istituzioni di Diritto Pubblico della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Lecce. Interverranno il Sen. Giuseppe CAFORIO, il coordinatore IDV Regione Puglia, dott. Pierfelice ZAZZERA, il responsabile organizzazione IDV provincia di Brindisi, Francesco GRECO, moderatore dott. Angelo Rizzo.
Gli iscritti e i simpatizzanti sono invitati a partecipare.
La legge di riforma costituzionale, sulla quale saremo chiamati a votare, stravolge, quasi totalmente, la seconda parte della nostra Costituzione.
Sono stati cambiati più di cinquanta articoli, con l’ aggiunta di commi, che hanno modificato radicalmente l’ impostazione del nostro ordinamento, ridisegnando a vantaggio dei capi delle forze politiche di turno, i poteri dello stato, che ad oggi, hanno contribuito con equilibrio allo sviluppo socio economico di questa Nazione.
L’Italia dei Valori, con questa iniziativa si prefigge lo scopo di portare agli elettori, un contributo in termini di chiarezza e comprensione di questa complessa e importante questione a differenza del centro destra che fa di tutto per minimizzarne la portata riducendo la riforma alla modifica pure condivisibile, della riduzione del numero dei parlamentari, prevista tra l’altro nel 2016 e non da subito.
Dall’analisi del testo di riforma si evince che il capo del governo acquista un nuovo ruolo è si trasforma in primo ministro, con il riconoscimento di una posizione molto più forte rispetto agli altri organi dello Stato (il cosiddetto "premierato forte" di importazione anglosassone) e che sarà eletto direttamente dal corpo elettorale e non avrà bisogno della ratifica della fiducia del parlamento per il suo insediamento.
Il Presidente della Repubblica viene privato delle attuali funzioni e degli attuali poteri che sono di fatto trasferiti al primo ministro, come lo scioglimento delle Camere, l'autorizzazione della presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo, ed è ridotto ad un ruolo di cerimoniere.
L'iter di approvazione delle leggi è modificato, per cui non è più previsto il duplice passaggio fra Camera dei deputati e Senato, infatti, alcune materie saranno di specifica competenza del Senato e altre della Camera, anche se l'ultima parola in merito spetterà sempre alla camera dei deputati.
Il Senato sarà un Senato federale, rappresentativo degli interessi del territorio e delle comunità locali, eletto contestualmente ai Consigli regionali e di cui faranno parte, senza diritto di voto, membri dei Consigli regionali e delle autonomie locali, attraverso però un criterio che tende a privilegiare le regioni più grandi e popolose.
In questo processo di anomala riforma, un ruolo centrale ha la riscrittura del titolo V, ovvero quella parte della Costituzione preposta alla regolamentazione del rapporto fra Stato centrale e Regioni, Province, Comuni e, più in generale, istituzioni locali. Questa revisione dell'equilibrio fra il cosiddetto "potere centrale" e "potere locale", nota comunemente come "devolution" (devoluzione), nasce per permettere un trasferimento di poteri, oneri, funzioni e doveri dallo Stato alle realtà periferiche, allo scopo di favorire un miglioramento delle prestazioni dei servizi pubblici erogati ai cittadini.
Proprio rispetto a questo particolare punto bisogna contestare la riforma costituzionale per ragioni politiche e istituzionali anche se bisogna ammettere che il "riformismo istituzionale" è necessario e va fatto ma non imposto da una maggioranza.
L'introduzione della devoluzione è pericolosa perché mette in discussione lo Stato sociale, apportando cambiamenti che contribuiranno a rendere ancora più diviso il paese, con la conseguente crescita del divario nel paese tra il benessere economico e sociale del Nord e quello, nettamente inferiore, del Sud.
La prima revisione del titolo V della Costituzione, ha voluto tentare una apertura verso un ruolo più attivo delle amministrazioni locali, le più prime e più vicine a rispondere alle esigenze dei propri cittadini. Un maggiore protagonismo cercato sempre nel pieno rispetto dell'unità culturale e politica del paese e, chiaramente, del ruolo di coordinamento dello Stato.
La devoluzione promossa dal centro-destra riguarda principalmente il trasferimento di competenze dallo Stato alle realtà locali. Saranno competenza delle istituzioni periferiche materie come l'assistenza e l'organizzazione sanitaria, l'assistenza e l'organizzazione scolastica (programmi scolastici e formativi), la pubblica sicurezza con la creazione di una polizia locale.
Il sollevamento dello Stato da alcune competenze si fonda sul presupposto del "federalismo fiscale" cioè le Regioni o i Comuni sovvenzioneranno direttamente, con le proprie entrate, quei servizi ai loro cittadini. In un paese economicamente non uniforme e segnato da una separazione fra Nord (ricco) e Sud (povero), la devoluzione porterà una differenziazione ancora più marcata, si avrà un settentrione che potrà garantire un buon livello di assistenza sanitaria e scolastica ed un meridione dove l'assistenza pubblica sarà ai minimi. Allo stesso tempo e facile prevedere la moltiplicazione della burocrazia, dei maggiori costi e inevitabili conflitti tra le istituzioni, a danno di tutte le regioni.
Altra sostanziale modifica riguarda l’interferenza della politica nei confronti della Magistratura, quando si da mandato al Presidente della Repubblica di indicare un Vice Presidente al Consiglio Superiore della Magistratura nell'ambito dei componenti eletti dalle Camere.
Inoltre, è criticabile il metodo utilizzato per la riforma, infatti, essa è nata attraverso una univoca imposizione da parte della vecchia maggioranza, la quale l'ha imposta sia nella Commissione, che ne ha sovrinteso la creazione, sia all'interno del Parlamento. Con il precedente esecutivo è stato impossibile ogni dialogo. Gli emendamenti e le richieste di modifica del centro-sinistra sono rimaste inascoltate, cosicché non si è potuta evitare la creazione di quello che appare sempre più chiaramente come un vero "Frankenstein" costituzionale. Un mostro della politica nato da ragioni opportunistiche di potere. Mister Berlusconi, infatti, è stato costretto ad approvare questa pessima versione di riformismo istituzionale perché ricattato dalla Lega Nord, che ha venduto per tutta la scorsa legislatura, il suo appoggio al governo in cambio del riconoscimento di una legge sulla devoluzione. Una devoluzione che però risponde agli interessi esclusivi di una parte del paese e che sacrifica tutta la restante, una devoluzione capace di tradursi in una discriminazione della cittadinanza di fronte ai condizionamenti leghisti.
AN ha dato il proprio beneplacito ad una maggiore delega verso le realtà locali, a patto che fosse garantito anche un più massiccio ruolo dello Stato centrale e nazionale. Si è avuta in questo modo l'approvazione di un premierato forte.
Per non parlare della creazione molto ambigua, del Senato federale: questa nuova Camera, dovrebbe accogliere la rappresentanza regionale, avere una certa autonomia legislativa che però di fatto le sarà negata alla luce del principio secondo cui l'ultima parola in merito all'introduzione di una legge su proposta locale, spetterà comunque alla Camera dei deputati, cioè allo Stato, ovvero al potere "centrale".
Insomma, una legge di riforma schizofrenica che per accontentare tutte le componenti politiche della vecchia maggioranza finisce per scontentare proprio i cittadini, mettendone a rischio i diritti sociali essenziali.
Per questa ragione è importante recarsi al seggio il 25 e il 26 giugno e votare No alla conferma di questo testo di legge, evitando così di trasformare il paese e lo Stato in una realtà divisa e discriminante. In altre parole, meno democratica.
Noi dell’ Italia dei valori, affermiamo che non si tratta di una semplice competizione elettorale fra due opposti schieramenti, come vuole far sembrare il centro destra, ma di un voto che riguarda la legge fondamentale di questo Stato e quindi tutti noi cittadini, senza distinzione di colore politico.
L’Italia dei Valori dice NO a questa riforma, per avere la possibilità di riformulare le modifiche alla costituzione che pure si reputano necessarie, con uno spirito di moderazione e cosa fondamentale, con il contributo e l’accordo di tutte le componenti rappresentative di questo Stato.
COMUNICATO STAMPA COORDINAMENTO ITALIA DEI VALORI DI BRINDISI
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