Brindisi, 18/01/2007
Rigassificatore: intervento di Giuseppe Patti Cavaliere
Da qualche anno sono in pensione e mi dedico ormai ai figli che non risiedono a Brindisi, per cui sono costretto a stare fuori dalla mia città la maggior parte dell’anno.
Quando posso, però, cerco e trovo il tempo di tornare, soprattutto per i ricordi che mi legano al porto e al mare, che ho navigato per tanto tempo e alle navi che tante volte ho pilotato in e fuori porto.
Ho dovuto constatare, purtroppo, che il nostro porto, che ha avuto sempre grande importanza fin dai tempi più antichi, è ormai privo di traffici, cosa peraltro confermata dalle statistiche che lo relegano a livelli quasi di piccolo cabotaggio.
Mi chiedo come mai si sia potuto verificare un declino tanto repentino dei traffici che fino a qualche tempo addietro erano intensissimi.
E’ possibile che i miei concittadini non si siano “dati una mossa”.
Ogni volta che torno mi aspetto di trovare buone nuove, ma, mio malgrado, le novità sono sempre le stesse.
Quelli che si agitano lo fanno contro l’impianto del rigassificatore, come se tale battaglia potesse risolvere tutti i nostri problemi. Non mi spiego perché questi concittadini si ostinino a focalizzare le loro richieste su obiettivi che, tutto sommato, sono di prevalente conservazione dello stato attuale, cioè il carbone per le centrali elettriche invece del tanto auspicato impiego del gas.
Probabilmente la battaglia contro il rigassificatore (che però viene ambito in altri luoghi) viene portata avanti per avere una certa qual certificazione di esistenza, senza affannarsi dietro ai veri problemi che affliggono la nostra città.
Questo è un preoccupante fenomeno indotto da certi atteggiamenti di amministrazioni locali e/o di cittadini riuniti in gruppi di pressione che rifiutano la realizzazione di opere pubbliche o private (ma soggette ad autorizzazione pubblica) destinate a modificare l'assetto dei loro territori.
Ciò dipende, probabilmente, dalla coesistenza di due cause:
1. l'incapacità storica delle pubbliche amministrazioni, centrali e locali in particolar modo, di gestire un processo di pianificazione strategica centrato sul dialogo costruttivo con le comunità;
2. la scarsa consapevolezza da parte dei cittadini del loro potenziale ruolo di soggetti che potrebbero indurre “l’impresa a farsi” a scambi socialmente molto vantaggiosi per la propria comunità.
Oggi, nell’Europa ampliata, con una popolazione di oltre 450 milioni di abitanti nel suo complesso e un Pil annuo di quasi diecimila miliardi di euro, ci potrebbero essere buone occasioni di crescita, per cui, personalmente, sarei per l’introduzione di regole, incentivi e compensazioni per rendere vantaggiosa la localizzazione di opere in un dato territorio.
Quindi, al di là delle petizioni di principio, che possono o meno essere condivise, non esistono economie competitive senza reti di trasporto e reti di energia che siano evolute, integrate e sicure.
Ora, affinché il mercato interno diventi effettivamente una realtà e non resti una semplice giustapposizione con gli altri mercati nazionali, sarà necessario contare su una buona rete di infrastrutture realmente interoperabile, ad alte prestazioni, in grado di rispondere alla nuova e più intensa domanda di mobilità generata dal crescente numero di interscambi prodotto dall’Ue.
Lo sviluppo, le risorse, le persone, i servizi, le merci, la conoscenza viaggiano, infatti, sulle reti. D’altra parte, sin dal 1993, vale a dire da Maastricht, la politica delle reti risulta tra le competenze comunitarie, per consentire all’Europa di beneficiare in maniera piena dell’abbattimento delle frontiere.
Al presente, peraltro, sono davvero scarse le possibilità di aumento significativo dei fondi pubblici destinati ai progetti infrastrutturali energetici, mentre la disponibilità di energia, prodotta o importata, non risolve i problemi quotidiani, a volte drammatici, dei cittadini e delle nostre imprese, che continuano a subire le difficoltà di un marcato squilibrio a favore di aree nazionali e anche internazionali che non hanno gap infrastrutturali di tale genere.
Le incognite sulla realizzazione delle reti ferroviarie transfrontaliere e di quelle degli impianti energetici, che in altri Paesi non esistono (specialmente in quelli di recente ammessi nell’Ue) sono molte, com’è dimostrato anche nella nostra città. A tanto deve aggiungersi la frammentazione delle competenze tra enti responsabili e l’assoluta incertezza nella tempistica di attuazione dell’intervento che, in queste circostanze, risulta di particolari dimensioni tecniche ed economico-finanziarie, e che non aiuta a risolvere i problemi di fondo. E allora, cosa fare?
La matrice non può che essere rappresentata dall’alta priorità di investimento nel settore delle infrastrutture dei trasporti e degli impianti energetici, fornendo tutta l’assistenza necessaria alle imprese e/o istituzioni, pubbliche o private, nazionali od europee, che s’imbarcano in tali operazioni.
In tal modo si otterrebbero almeno due positive conseguenze: la condensazione delle risorse attorno alle priorità, evitando la dispersione su iniziative di piccoli progetti; l’attribuzione ai suddetti interventi di maggiore credibilità e quindi di assicurazione anche dal punto di vista istituzionale. In questo particolare momento congiunturale diventa obiettivo prioritario l’offerta di massimo sostegno comunitario al finanziamento delle reti transeuropee, cioè la partecipazione del Fondo euro-mediterraneo d’investimento e partenariato.
La crescita degli investimenti, può costituire un volano di sviluppo per l’intero Mezzogiorno, a condizione che si sappiano sfruttare tutte le opportunità che questo sportello offre.
Per questo, al di là delle logiche di territorialità, tra le regioni del Sud la Puglia può assumere responsabilità importanti in ordine a tale questione, e accreditarsi quale candidato ideale e autorevole, perché naturale crocevia di cultura orientale e occidentale.
Il sistema politico e istituzionale locale, pertanto, ha il dovere di aiutare questa possibilità di proiezione della Puglia in una dimensione euro-mediterranea, qualificando la Regione come vero avamposto dell’Italia e dell’Occidente.
Non avrebbe alcun senso, perciò, disattendere le aspettative di imprese che hanno in animo di investire nel bacino euro-mediterraneo, allontanandoli dalla Puglia. In questa prospettiva, occorre serio e coraggioso impegno, per contribuire in maniera decisiva a creare le condizioni per la costituzione di un ambiente europeo e mediterraneo sempre più in grado di attrarre iniziative positive e per decidere l’istituzione di strumenti e azioni che consentano realmente non solo all’intera Regione, ma a tutto il Mezzogiorno, di divenire un territorio sempre più forte, perché dotato di infrastrutture.
Giuseppe Patti Cavaliere
già Capo Pilota del Porto
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