Brindisi, 23/02/2007
Ds, Kyoto: Brindisi nella nuova politica energetica e ambientale
Si è tenuto ieri, giovedì 22 presso il salone di rappresentanza della Provincia, l'incontro organizzato dai DS dal titolo “Kyoto: Brindisi nella nuova politica energetica e ambientale”:
Tutti gli studi e gli osservatori internazionali concordano che il surriscaldamento della Terra, causato dalla prevista alterazione del clima, abbia fatto un salto di qualità: la drammatica novità consiste nella velocità che tale surriscaldamento ha assunto.
Se già oggi fossimo in linea con il programma del Protocollo di Kyoto, non arresteremmo il surriscaldamento in atto, diminuiremmo solo l'entità degli effetti dello scioglimento dei ghiacciai, dell'innalzamento dei mari, dei processi di desertificazione e di tropicalizzazione che comunque si stanno producendo, come ci dicono già nel mediterraneo gli inverni più brevi e anomali.
Nelle nostre mani resta unicamente la possibilità di scegliere di quanti gradi lasciare aumentare in questo secolo la temperatura della Terra, a seconda degli obiettivi di riduzione delle emissioni alteranti il clima che riusciamo a conseguire. Secondo alcuni autorevoli studiosi, il genere umano sembra correre verso le condizioni climatiche del Pliocene di tre milioni di anni fa. Secondo costoro è sufficiente portare l'anidride carbonica a un livello di 550 parti per milione e a un conseguente aumento medio della temperatura di 3 gradi entro la fine del secolo.
Per avere una cognizione comparativa dei livelli di civiltà energetica di cui stiamo parlando, basti pensare che nel 1750, prima dell'attuale rivoluzione industriale, il livello di anidride carbonica era di 270 parti per milione e oggi è già di 380 parti per milione.
La consapevolezza planetaria del disastro cui andiamo incontro, sta spingendo un numero crescente di Governi a guardare oltre il 2012, oltre lo stesso protocollo di Kyoto.
E quanti finora non hanno aderito alle decisioni di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, come gli Stati Uniti e l'Australia, e quanti sono stati lasciati volutamente fuori per proteggere l'accelerazione del loro sviluppo, come Cina, India e Brasile, sono già chiamati a dare un decisivo contributo alla salvezza dell'umanità, a cominciare dalla loro salvezza, stringendo un patto mondiale per il controllo dei cambiamenti climatici nel periodo successivo al 2012.
Vedete, vi sono stime inesorabili, in quanto dimostratesi finora esatte, sulla durata ad esempio delle riserve di petrolio. Tali stime sono tratte seguendo metodi desunti dalla teoria di Hubbert, un geofisico della Shell che previde, deriso, il periodo del declino degli Stati Uniti (1965-1970), quali leader mondiale della produzione di petrolio. Come spesso accade, le previsioni si rivelarono fondate, e, da allora, a questa teoria previsionale, si applicano consolidati modelli matematici. Essa si basa su una curva a forma di campana, il cui vertice rappresenta il punto medio del picco della sua produzione. Da quel punto la produzione declina con la stessa rapidità con la quale è salita. I più ottimisti e generosi ammettono che a tale picco mancano al massimo due o tre decenni.
Ovviare al progressivo ma rapido esaurimento del petrolio con pari quantità di altri idrocarburi, come il carbone e l’olio combustibile, sappiamo già che non è più possibile, data l’insostenibilità delle quantità di CO2, che anzi siamo costretti a ridurre velocemente.
Puntare quindi esclusivamente, o prevalentemente, a una diversificazione, pure oggi necessaria, con uno sfruttamento massivo del gas naturale, certamente meno inquinante di anidride carbonica rispetto a petrolio e carbone, non da garanzie di futuro, sempre per via di quella inesorabile curva di Hubbert, che prevede il suo picco di produzione subito dopo quello del petrolio, intorno al 2025, 2030.
Pare davvero che l’era dei combustibili fossili –carbone, petrolio e gas naturale- sia giunta, per esaurimento materiale e per necessità, al giro di boa, al suo doppiaggio.
Jeremy Rifkin, il prestigioso economista americano, al quale il Governo ha recentemente affidato una consulenza per la conferenza mondiale sul clima che si terrà a settembre, e già consulente di Prodi in qualità di Presidente della Commissione Europea che, nell' ottobre del 2002 lanciò un ambizioso programma di produzione di energia da fonti rinnovabili, ritiene che siamo arrivati alla fine dell'era dell'anidride carbonica, e che siamo alle soglie di una terza rivoluzione industriale, fondata sull'idrogeno, come magazzino e vettore delle energie naturali rinnovabili, derivabili dal sole, dal vento, dall'acqua. Forse mai come oggi, nella storia dell'umanità, sostenibilità ambientale e sviluppo economico sono obbligate a compenetrarsi con creativa e virtuosa reciprocità. In altri termini, a concorrere alla riconversione ecologica dell'economia, alla quale è affidata la salvezza della specie umana.
Insomma, tutto ciò è destinato a consumarsi nell'arco di questo secolo. Chi oggi ha vent'anni, sarà testimone e attore di un passaggio di civiltà.
Questo è lo scenario ambientale ed energetico nella quale è immersa la nostra stessa quotidianità.
Kyoto: Brindisi e l'Europa
Brindisi si trova nel cuore di questo scenario, in Italia è al centro del suo contesto. Essa, anche e soprattutto in quanto area ad alto rischio di crisi ambientale, non può essere espunta dagli obiettivi europei di accelerata riduzione delle emissioni alteranti il clima terrestre, neppure in nome della reale vulnerabilità nazionale derivante dalla dipendenza dall'estero del 90% del nostro fabbisogno energetico
Difatti, l'emission trading (tradotto in volgare, lo scambio delle emissioni), cioè l'accordo europeo di premialità e sanzioni sul rispetto delle quote di emissione di anidride carbonica, impegna l'Italia a ridurla del 6,5% entro il 2012, rispetto alle emissioni registrate nel 1990.
Il conseguente Piano nazionale delle quantità di CO2 assegnate con il Decreto interministeriale del 18 dicembre 2006, prevede per il polo energetico brindisino un passaggio di quote dai 17 milioni e mezzo odierni ai quasi 14 milioni del 2012, con una precisa articolazione delle quote di emissione assegnate ad ogni impianto.
Ricordo che l'Italia rientra nel novero dei Paesi che si allontanano dal rispetto degli impegni del Protocollo di Kyoto e che la centrale elettrica di Cerano detiene il primato italiano di emissioni climalteranti, come si dice con un brutto, ma appropriato, neologismo.
Probabilmente, alla luce dell'allarme lanciato dai 500 esperti riuniti a Parigi, facenti parte dei 2000 scienziati del comitato intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, queste assegnazioni dovranno, a maggior ragione, essere riviste, per necessità, dopo il Consiglio Europeo che si terrà in primavera. Esso sarà dedicato alla costruzione di una proposta di nuova politica energetica, basata su una revisione del sistema che regola lo scambio delle quote di emissioni climalteranti, estesa ad altri settori (quello del trasporto marittimo e quello aereo) e ad altri gas, e punta a schemi che coinvolgano e incentivino Stati e imprese a scambi di tecnologie pulite ed energie rinnovabili, impedendo le disinvolture di mercato e le scorciatoie ambientali finora consentite dai cosiddetti "meccanismi di flessibilità", attraverso l'utilizzo di crediti in Paesi terzi. Si punta infine a un mercato interno unico dell'energia e a una separazione più marcata tra produzione e distribuzione della stessa, in favore della competitività, della sostenibilità e della sicurezza.
La proposta che comunque si fa strada è quella di puntare ad una riduzione unilaterale europea del 20% delle emissioni di CO2 entro il 2020, - con conseguente diminuzione della produzione di energia-, e a un accordo mondiale per una riduzione fino al 30%, rispetto al tasso di emissioni del 1990, con una parallela accelerata espansione del 20%, sempre entro il 2020, delle energie alternative e rinnovabili -l'energy mix- come lo chiama Piabalgs, commissario europeo all'energia, e cioè l'eolico, il solare e, in particolare i biocarburanti, questi ultimi in sostituzione del petrolio per almeno il 10% dei consumi. L'Europa manterrebbe in tal modo la leadership mondiale nel settore delle energie pulite.
Ma una politica energetica e ambientale autenticamente nuova, non può che promuoversi puntando a una vera e propria cultura sociale del risparmio e dell'efficienza energetici, che obbliga a una riconversione dei modelli e stili di vita e di consumo.
Su questo fronte, l'Europa e l'Italia sembrano marciare ormai all'unisono. L'obiettivo europeo di risparmiare il 20% del consumo totale dell'energia entro 2020, e la preparazione di un nuovo accordo internazionale sull'efficienza energetica, stanno avendo un riverbero forte e visibile in Italia, con l'impressionante pacchetto di misure varate dal Consiglio dei Ministri lunedì, che hanno dato seguito alla Finanziaria e alla rivisitazione del pacchetto legislativo 192. Riguardano famiglie e imprese, pubblico e privati, dagli elettrodomestici, alle caldaie,ai pannelli solari fotovoltaici, dagli
impianti eolici a quelli termici, dai motori industriali alle ristrutturazioni edilizie, con relativi certificati verdi, dai trasporti agli impianti di cogenerazione, per un investimento di 1 miliardo di euro sul lato dell'offerta e un miliardo e mezzo su quello della domanda.
Siamo alla svolta di una nuova politica energetica e ambientale che punta sull'innovazione, l'efficienza, la ricerca, lo sviluppo convinto e sostenuto delle energie pulite e rinnovabili.
Il P.E.A.R. e Brindisi
Questa svolta, questo vento nuovo, in Puglia li si avverte da un po’ di tempo. E' stato, è un atto di indubbio coraggio la definizione partecipata di un Piano Energetico e Ambientale Regionale, in assenza di un Piano Energetico Nazionale e di un quadro di certezze sul suo valore giuridico.
Ciò nonostante, esso è uno strumento utilissimo di indirizzo politico e programmatico, e uno strumento imprenscindibile di concertazione tra le tra le parti e interistituzionale.
Condividiamo appieno la ratio di questo documento, che delinea uno sviluppo sostenibile della Regione, preoccupandosi di aggredire le sue criticità, dal lato della domanda e da quello dell'offerta.
In una Regione come la Puglia, che produce il doppio del proprio fabbisogno energetico elettrico, la pianificazione energetica e ambientale non può che puntare alla riduzione sostitutiva delle fonti inquinanti con quelle rinnovabili, diversificandole e distribuendole, per evitare condizioni di accumulo, sia energetico sia territoriale.
A Brindisi si concentra il 75% della produzione energetica elettrica regionale.
Tuttavia, nel Documento Preliminare del PEAR si prevedeva uno scenario-obiettivo del 25% di riduzione della produzione netta registrata nel 2004, in un medio periodo di 3-5 anni. Il nuovo Piano prevede una riduzione del 25% delle emissioni di CO2 , nell'arco di 10 anni. Inoltre prevede una ulteriore riduzione di anidride carbonica, mediante l'utilizzo di almeno il 5% di Combustibile da Rifiuti, in combustione mista con il carbone, peraltro non previsto nel Documento Preliminare. Non entriamo qui sul problema della validazione scientifica di tale metodologia. Sul punto ha fatto recentemente una interrogazione il consigliere regionale Romano e suggeriamo la lettura di un pregevole studio sull'argomento prodotto dal Politecnico di Milano, che ha condotto una ricerca comparata sugli impianti ad esso dedicati e non dedicati. Ricordo solo che il CDR oggi è classificato "rifiuto speciale" e che è stato deprivato con la Finanziaria del "certificato verde".
Non ci addentriamo su altre cifre, comparazioni, valutazioni su un Piano ancora in via di approvazione, anche se ad una prima lettura paiono ridimensionate, in alcune parti significative, le aspettative e le ambizioni del Documento Preliminare per la discussione.
Poniamo in questa sede solo delle questioni politiche.
Ricordiamo innanzitutto che, su iniziativa dei Democratici di Sinistra, il Consiglio Provinciale ha dato alla unanimità un mandato democratico negoziale al Presidente della Provincia che prevede:
una significativa riduzione del carbone movimentato e bruciato nell'intero polo energetico;
la realizzazione del ciclo combinato presso Edipower, con funzionamento nel frattempo di un gruppo alimentato a carbone, e l'altro in riserva di esso;
la realizzazione di un unico pontile, dedicato esclusivamente alla movimentazione del carbone, delle ceneri e dei gessi, così come già previsto nel Piano Operativo Triennale 2003/05 dell'Autorità Portuale, ripristinando da subito l'agibilità delle banchine;
il rientro definitivo dei livelli delle emissioni in quelli stabiliti dal Piano di disinquinamento e, in aderenza al Protocollo di Kyoto, la definizione di nuovi e più bassi livelli di emissione;
un monitoraggio continuo e completo dell'aria, del suolo e dell'acqua dell'area a rischio, ad opera di un sistema autonomo e pubblico unico;
il rilancio del Centro Ricerche Enel, nei settori di frontiera della ricerca, tra i quali la filiera dell'idrogeno;
la ricostruzione di un corretto rapporto delle società elettriche con il territorio, i lavoratori, le imprese.
Pertanto, i Democratici di Sinistra di Brindisi condividono e sostengono la questione posta dall'Assessore Regionale Losappio e dal Governo Regionale per una forte riduzione del carbone in Puglia, e in modo significativo a Brindisi. Non si comprenderebbe altrimenti lo sforzo energetico che la Regione sta compiendo, in termini solidaristici nei confronti del resto del Paese, costituito dal raddoppio della sua produzione energetica, mediante un impegnativo programma di sviluppo delle energie alternative e rinnovabili, che passano dal 3% del 2004 a un obiettivo del 17%, soprattutto nel settore dell'eolico - il quale, lo diciamo incidentalmente, va meglio regolamentato, per l'incontrollabilità che sta assumendo anche nel territorio brindisino.
La presa di posizione dell'Assessore Losappio, e con esso, del Governo Regionale, la incoraggiamo, e credo, deve segnare un salto di qualità politica, un cambio di marcia nel porre la questione energetica e ambientale brindisina, a tutti i livelli.
Il Rigassificatore e la questione energetica brindisina
La vicenda del Rigassificatore è emblematica della più vasta questione energetica e ambientale di questo territorio e del suo futuro.
Ovviamente non entro negli sviluppi giudiziari della vicenda.
La magistratura ha una sua insindacabile autonomia. Essa va solo rispettata e salvaguardata.
Ma è incomprensibile come i lavori dell'impianto di rigassificazione non siano stati ancora sospesi, e non siano state revocate le autorizzazioni.
Oggi siamo oltre la minaccia della procedura di infrazione europea per l'assenza della Valutazione di Impatto Ambientale.
Noi Democratici di Sinistra di Brindisi siamo impegnati affinchè si compiano tutti i passi politici e tutti gli atti amministrativi utili a impedire definitivamente la possibilità di costruire il Rigassificatore a Capobianco, così come richiesto unanimemente dai Consigli Comunale, Provinciale e Regionale, e come richiesto, in questi giorni, dagli on. Tomaselli e Carbonella, dalle Associazioni ambientaliste, dal Presidente della Provincia, dal Sindaco di Brindisi, dal Vicepresediente del Consiglio Regionale Sandro Frisullo, da Nichi Vendola, dal Governo Regionale, dall'Assessore Losappio.
Contestualmente, è venuto il momento di porre in modo definitivo la questione della insostenibilità ambientale delle enormi quantità di carbone che ospita, movimenta e brucia il polo energetico brindisino, come questione anch'essa nazionale.
A questo territorio, nel quadro del Piano Energetico e Ambientale Regionale, e in un processo di progressivo disinquinamento e risanamento previsto dal DPR del 98, è possibile chiedere solo che, a una riduzione di energia da fonti inquinanti, corrisponda una pari quantità di energia da fonti rinnovabili e pulite.
E' del tutto evidente che questa è questione squisitamente politica, che le comunità locali e le loro rappresentanze elettive e di governo non hanno strumenti per inverarla, e che solo un forte potere politico, legislativo, decisionale, ma soprattutto una grande capacità di concertazione può affrontare, come la affrontò nel 96, venendo incontro all'esigenza di riequilibrare gli obiettivi effetti distorsivi che lo sviluppo del territorio ha subito.
Condividiamo quindi la tempestività con la quale si sta ponendo tale questione, qui e ora.
Del resto è sempre stata una caricatura della realtà l'autolesionistica paura che ci prende, o l'accusa che ci viene rivolta, di soffrire dello sindrome di Nymbi, in un'area di interesse nazionale in quanto considerata a rischio per l'alta concentrazione di un apparato industriale altamente inquinante. Spuntata è poi la ricorrente minaccia occupazionale, se è vero che, dal 96, a una triplicazione della produzione di carbone si è passati a una diminuzione del 25% della forza lavoro impiegata, come ha ben documentato recentemente la Uilcem, non smentita, stimata in circa 400 unità.
Conclusione
Validazione scientifica, validazione democratica e applicazione rigorosa e responsabile del principio di precauzione, sono il minimo che si debba pretendere da un territorio ambientalmente stressato, per ogni nuova iniziativa di un qualche impatto ambientale.
Ciò non di meno, comprendiamo le preoccupazioni sul futuro dell'economia brindisina, ripetutamente sollevate dalle associazioni degli imprenditori e dalle organizzazioni sindacali, per ultimo, dal Consiglio Generale della Ust Cisl di Brindisi che ho letto stamattina.
A mio sommesso e modesto avviso, il fatto è che, fino a quando continueremo a pensare allo sviluppo di Brindisi con le stesse categorie culturali generate dal tipo di industrializzazione esogena che ha determinato le attuali monoculture produttive e la conseguente rigidità dei profili formativi e professionali, con un mercato del lavoro senza sbocchi, saremo il cane che si morderà la coda, dando la colpa dello stagnante PIL provinciale e del fatto che Brindisi non riesce a superare il 70° posto nelle graduatorie annuali delle province per gli indicatori del benessere e della sostenibilità ambientale, allo sviluppo che non c'è, più che a quello che è stato determinato in questi decenni.
Autodeterminazione e ripensamento dello sviluppo, fondato su una nuova, necessaria, sostenibile industrializzazione, indirizzata dalle nuove frontiere dell'innovazione e della ricerca, cogliendo il quadro delle opportunità offerte dai fondi strutturali e dai programmi nazionali sul Mezzogiorno, devono essere l'occasione per una riconversione sostenibile dell'economia esistente, e permettetemi, per una riconversione ecologica della politica, della cultura d'impresa, della funzione di rappresentanza dei lavoratori, delle funzioni di governo.
Dobbiamo avere più fiducia nella capacità di delineare da noi il nostro destino, ovviamente cogliendo tutte le opportunità sostenibili.
Ricordiamoci che questo territorio, se pur piccolo per dimensione e per volume di attività economiche, ha più volte raggiunto nella sua storia, dopo periodi di decadimento, livelli di notevole splendore. E' accaduto durante l'impero romano, all'epoca delle crociate, ai tempi più recenti della "Valigia delle Indie". In ognuna di queste epoche il nostro territorio ha sfruttato l'invidiata condizione d'essere il naturale luogo di frontiera e di cerniera dell'Europa con l'Oriente, tramite il Mediterraneo, sfruttando quel porto il cui efficace utilizzo ha sempre contrassegnato le sue stagioni più felici, le sue rinascite.
Oggi siamo a un passaggio cruciale di questo tipo. Appartiene alla nostra storia industriale migliore dispiegare uno sviluppo diverso e sostenibile.
Ma per realizzare ciò, occorre esplorare vie nuove - culturali, sociali, politiche, economiche - operando una vera e propria riconversione ecologica dell'intero "sistema Brindisi"-, affidandone la guida a una nuova generazione di classe dirigente, capace di costruire il presente guardando in avanti, al futuro, con la freschezza dei vent'anni.
Non dobbiamo avere paura di chiedere tutto ciò, di osare l'impossibile. Sappiamo solo che se tutto ciò è necessario, allora può essere possibile.
Ernesto Musio Ds Brindisi
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