Brindisi, 06/03/2007
Brindisi Prodest sulla questione rigassificatore
Franco Palma, presidente di Brindisi Prodest, ha inviato una lettera aperta agli organi di stampa relativamente alla questione del rigassificatore di Brindisi.
Di seguito il testo integrale del documento.
Qualche tempo addietro avevamo richiamato l’attenzione dei consiglieri comunali, provinciali e regionali a non lasciarsi coinvolgere nella campagna contro il Rigassificatore, perché ci sembrava strano che di questo impianto si parlasse molto, mentre venivano trascurati e/o addirittura ignorati tutti i richiami rivolti all’aumentato impiego del carbone nelle centrali termoelettriche di Brindisi Nord e Cerano.
La vicenda rigassificatore, purtroppo, si arricchisce quotidianamente di eventi e di prese di posizione da parte di coloro che, negli ultimi anni, hanno messo in atto tutte le forme di contrasto al progetto, senza che nessuno prenda posizione contro l’impiego del carbone.
Il variegato fronte antirigassificatore (variegato in quanto comprendente personaggi di varia estrazione sociale, quali capi di movimenti, professionisti, responsabili di amministrazioni locali) ha messo in atto azioni che spaziano dagli interventi quotidiani sulla stampa, alle manifestazioni di piazza, alle campagne pubblicitarie presso scuole e posti di lavoro, alla realizzazione di filmati, gadget, cartoline, striscioni, adesivi, per giungere a denunzie ed esposti, impugnazioni in sede amministrativa e civile, vere e proprie campagne delegittimatorie tese a isolare coloro che hanno avuto l’ardire di avere espresso differenti opinioni.
Per contrastare il rigassificatore sono stati tirati fuori via via relitti sommersi inesistenti, tubazioni di vecchi impianti, specie marine animali e vegetali da tutelare, complotti internazionali, e possibilità di esplosioni di potenze distruttive multiple svariate volte Hiroshima e Nagasaki.
Si è platealizzata e spettacolarizzata l’azione di magistrati e forze dell’ordine, nelle indagini in corso sulle autorizzazioni rilasciate, utilizzando mediaticamente per diverse finalità il lavoro, peraltro in corso, degli operatori della giustizia, che invece dovrebbero essere lasciati tranquilli di fare il loro dovere, senza essere tirati per la giacchetta.
Per liquidare la pratica rigassificatore, uomini delle istituzioni non hanno esitato a sollevare la questione delle bonifiche di falda dinanzi al Ministero dell’Ambiente, che non ha potuto, di conseguenza, far altro che applicare il discorso all’intera area industriale di Brindisi, imponendo a tutte le aziende prescrizioni onerosissime, con conseguenze sui costi di produzione e sull’occupazione di una gravità che è stata nascosta all’opinione pubblica e che si manifesterà nel tempo.
Funzionari ed amministratori che hanno avuto responsabilità e parte nei procedimenti autorizzatori dell’impianto sono fatti segno di pubblico disprezzo e di condanna (la definizione di “giannizzeri” è rimasta famosa per la sua violenza verbale e morale su chi la ha subita) e tale condizione di nemici pubblici, ormai sottoposti a tutti i gradi di giudizio nel processo mediatico svoltosi su giornali e tv, fino alla loro condanna sociale e umana senza appello, finisce per creare ostacolo al loro diritto di difesa nella sede processuale vera e per far assumere ad alcuni di loro comportamenti irrazionali, dettati dalle pressioni che ricevono e dal “tintinnar di manette” sulle loro teste.
Un esempio in tal senso è rappresentato dall’Ing. Bruno Agricola, della Direzione Generale Salvaguardia Ambientale del Ministero dell’Ambiente, il quale da mesi viene continuamente additato per avere rappresentato nella Conferenza di Servizi del 2003 il proprio Ente, fornendo parere positivo al rigassificatore di Brindisi, per avere poi, prima dell’inchiesta penale, ripetutamente difeso la legittimità delle autorizzazioni date e per non essere stato sollevato dall’incarico in seguito.
Il dirigente in questione si è fatto ora proponente di una lettera al Ministero dello Sviluppo, in cui chiede la revoca delle autorizzazioni date, motivando la sua richiesta con la opinione secondo cui non sarebbe stata applicata correttamente all’epoca la “direttiva Severo”, con riguardo alla “consultazione della popolazione”.
Al di là del merito di detta posizione, la stessa appare irrituale e sospetta sotto il profilo delle sue modalità: non si spiega infatti una tale lettera, se non come il frutto delle pressioni che il povero funzionario sta subendo dal suo Ministro e della speranza di alleggerire la propria posizione nelle indagini che lo vedono quale indagato, perché la sede per fornire quelle richieste sarebbe stata la conferenza di servizi convocata per il 7 marzo p. v., per assumere le decisioni in merito; allora perché fare una lettera ed affrettarsi a darla alla stampa? Non esiste forse la normativa che disciplina lo svolgimento delle conferenze di servizi, ove è prevista l’acquisizione dei pareri nelle fasi istruttorie e decisorie (artt. 14 e segg. della legge n.241/90 e modifiche successive)?
Tale disordinato ed estemporaneo modo di agire potrebbe essere anche spiegato da una circostanza che il fronte del no ed i rappresentanti del governo si guardano bene dal chiarire: quando il Presidente Prodi, lo scorso 28 dicembre ha dichiarato la volontà di riaprire il procedimento di Via per il rigassificatore, non ha aggiunto che tale iniziativa si sarebbe potuta limitare al massimo ad una indizione di una Valutazione di Impatto Ambientale a posteriori, solo al cui esito, eventualmente negativo, si sarebbe potuto procede in sede decisoria ad una “revoca” (giammai ad un “annullamento”) del decreto autorizzativi del 2003. Si è invece fatto credere che la conferenza di servizi avrebbe riaperto il procedimento autorizzatorio, facendo nascere un nuovo iter che non tenesse conto di quanto già deciso e facesse venir meno le autorizzazioni date.
Ma questo né Prodi , nè Pecoraro Scanio possono farlo, in quanto viviamo in uno stato di diritto, in cui le norme vigenti danno tutela all’affidamento di quanti hanno visto accolta una loro istanza al termine di un procedimento conclusosi con atti definitivi. Errori, omissioni, risultanze definitive di azioni penali restano la conseguenza di azioni di singole persone (funzionari pubblici o amministratori), e possono indurre la pubblica amministrazione ad agire in autotutela, al massimo disapplicando o togliendo efficacia agli atti viziati, senza però poter vanificare gli effetti di quegli atti maturati nel frattempo, quanto meno facendo nascere un diritto al risarcimento dei danni e delle spese sostenute dal destinatario delle autorizzazioni. In tale ipotesi la pubblica amministrazione potrà a sua volta chiedere ai funzionari responsabili la restituzione di quanto pagato. Dove sono tutti gli esperti di diritto amministrativo reclutati nelle fila del fronte del “no”, e perché non provano a motivare un diverso parere?
Ma bisogna anche tornare al merito di quanto scritto dall’Ing. Agricola nella sua lettera: egli, parlando di “direttiva Seveso” si riferisce al decreto legislativo n. 334 del 17.8.1999, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva europea 96/82/CE; ebbene, l’obbligo di consultazione popolare, che viene disposto nell’art.23, vale per quelle opere non previste in piani regolatori vigenti e che quindi contemplano la formazione o modifica di uno strumento urbanistico, essendo prescritta in tali casi la procedura di Via (vedasi il comma 2); tanto è vero che l’art.14 della legge dà facoltà agli enti territoriali di apportare agli strumenti urbanistici vigenti le modifiche che fossero necessarie per tener conto del contenuto della direttiva stessa (eventualmente modificando o vietando le localizzazioni dei nuovi impianti), con la conseguenza che, in mancanza, quegli strumenti urbanistici restano validi ed applicabili per gli insediamenti negli stessi previsti; risultato di ciò, nel caso del rigassificatore di Brindisi, è che, essendo già previsto nel Piano Regolatore Portuale vigente che a Capo Bianco sorga un impianto di deposito energetico costiero, e non essendo tale piano regolatore stato modificato dopo l’emanazione del D.L.vo n.334/99 (non è stata attivata la procedura del citato art.14), non doveva , così come non lo è stato, essere svolta alcuna procedura di Via, con annesse consultazioni della popolazione.
Alla luce delle esposte considerazioni, si può rassegnare la conclusione che ancora una volta ai brindisini vengono propinate false verità e che sulla faccenda rigassificatore ci sono attenzioni ed interessi che andrebbero verificati ed approfonditi, non solo nella direzione di coloro che si sono adoperati in suo favore, ma anche nei confronti di coloro che lo hanno contrastato.
Franco Palma
presidente
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