Brindisi, 19/07/2007

Marinazzo (Legambiente): parta da Brindisi la "rivoluzione energetica"

I dati pubblicati sulle emissioni di CO2 nel 2006 in impianti industriali italiani e, in primo luogo, nella centrale Enel Brindisi Sud sono da “ allarme rosso “: nella centrale brindisina, infatti, 22,8 milioni di tonnellate sono state le emissioni nell’anno, aggravando il non edificante primato in Italia e producendo un incremento di circa il 47,5% rispetto a quelle dell’anno precedente, del 70% rispetto alla quota assegnata per il 2006 nel decreto del 18/12/2006 attuativo del protocollo di Kyoto e, addirittura, del 120% rispetto all’obiettivo per il 2012 di 10.169.341 prescritto nel protocollo e, quindi, nel decreto.
Al Ministro per l’Ambiente, che con passione e determinazione sta affrontando l’emergenza gas serra, chiedo di provare con forza ad impedire che si bilanci l’enorme surplus di emissione con l’acquisto di quote all’estero: gli investimenti impiantistici e tecnologici e la sensibile riduzione di combustibili fossili per rispettare i limiti assegnati l’Enel deve attuarli nella centrale di Brindisi Sud, per ragioni etiche, ambientali, sanitarie ed anche economiche, viste le ricadute anche occupazionali sul territorio.

E’ in Italia che vanno rispettati gli obiettivi del protocollo di Kyoto, tanto più se si vuole tenere fede all’impegno dell’Unione europea di portare la riduzione di CO2 del 6,5% al 2012 fissato nel protocollo al 20% nel 2020. Tutto ciò è tanto più importante nell’area ad elevato rischio di crisi ambientale di Brindisi, per la quale al Presidente della Regione Puglia, che con tanto ardore si sta battendo perché Brindisi possa avere un futuro diverso da un passato e un presente che l’hanno, in tutti i sensi, inquinata, chiedo di dare corso alla L.R. 7/99, che prevedeva una riduzione del 20% dei limiti massimi di emissioni nelle aree ad elevato rischio di crisi ambientale, nel caso specifico con primario riferimento a SO2, NOX, polveri e microinquinanti cancerogeni. Per quel che riguarda la CO2 la disposizione del PEAR di diluire in dieci anni una riduzione delle emissioni, non consente il rispetto del Protocollo di Kioto per la sola centrale di Brindisi Sud ed ancor più per l’intero polo energetico.

Che fare allora? Ripartire dalla Convenzione sul polo energetico del 1996, come Legambiente ha sempre chiesto e come, giustamente, il Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Brindisi propone quale condizione irrinunciabile per portare avanti una trattativa. Tale richiesta ha, innanzitutto, il significato di ristabilire lo stato di diritto in un momento in cui le attività del polo energetico e le autorizzazioni per la costruzione del terminal di rigassificazione continuano ad acuire i conflitti con il territorio ed a produrre inchieste e provvedimenti giudiziari. La convenzione del 1996, concordata tra Governo, Enti Locali ed Enel, è parte essenziale del decreto del Presidente della Repubblica del 1998 di approvazione del piano di risanamento per l’area ad elevato rischio di crisi ambientale e non è ammissibile che un atto legislativo di tale rilevanza, diritto della collettiva possono essere violati o piegati per far prevalere interessi aziendalistici.

La convenzione del 1996 prevedeva che, alla fine del 2004, doveva essere chiusa la centrale Brindisi Nord e che, con una produzione massima annua di 15 TWH (miliardi di chilowattora), nell’intero Polo dovessero essere in esercizio 1.980 MW nella centrale termoelettrica Brindisi Sud, alimentandola ogni anno con una quantità decrescente di carbone rispetto ad iniziali 2,5 milioni di tonnellate ed una quantità crescente di metano, a partire da 1,2 miliardi di metri cubi.

Oggi la centrale Brindisi Sud funziona e a pieno regime, brucia ogni anno 7 milioni di tonnellate di carbone e produce 17 TWH, poco meno della domanda attuale di energia elettrica dell’intera Puglia.

La centrale Brindisi Nord ha ancora 640 MW in esercizio a carbone, tutt’ora privi di desolforatori, ma Edipower ha chiesto il potenziamento con un nuovo impianto a ciclo combinato di 760 MW,

Enipower infine, ha il ultimato nel petrolchimico una nuova centrale a ciclo combinato di 1.170 MW.

Concentrare in circa 10 Km più di 5.000 MW di potenza nominale, movimentare e bruciare ogni anno 10 milioni di tonnellate di carbone rappresenterebbero la condanna definitiva dell’area ad elevato rischio di crisi ambientale, la fine dello stato di diritto, la negazione degli impegni in favore di efficienza, risparmio energetico, fonti rinnovabili e pianificazione energetica sostenibile e degli impegni nazionali ed europei per la riduzione dei gas serra (non si vede come Enel possa ridurre del 120% nel 2012 le emissioni di CO2 - addirittura del 370% entro il 2020! - ed ancor più come Edipower possa scendere sotto 1 milione di tonnellate nell’attuale impianto a carbone e, ben di più, aggiungendo il ciclo combinato).

E’ proprio da Brindisi che dovrebbe partire quello che Jeremy Rifkin chiama “rivoluzione energetica” e, in tal senso, possono essere importanti sia un regolamentato ricorso all’eolico, sia l’impianto solare fotovoltaico nel petrolchimico, tanto più se fosse anche l’inizio del recupero, dello stoccaggio e della distribuzione di idrogeno in una politica energetica che favorisca una rete diffusa di autoproduttori di moduli e, comunque di produzione nei pressi dei carichi, luoghi di consumo, come Barry Commoner vari anni fa sosteneva per evitare stragi termodinamiche.

Il polo energetico di Brindisi, resterebbe in ogni caso, il contrario della rivoluzione energetica, ma la sua anacronistica ed inquietante presenza può essere sopportata a condizione che qualsiasi soluzione per la centrale Brindisi Nord abbia come pregiudiziale il blocco definitivo dell’esercizio a carbone, che Enipower attivi, come inizialmente concordato, due gruppi e che Enel garantisca nella centrale Brindisi Sud 45% di rendimento ed il ricorso a carbone con alto potere calorifico e tenore di zolfo (se non STZ) appena superiore all’0,25%. Su tali basi si conseguirebbe più efficienza e più produttività, ciò giustificherebbe una riduzione di almeno il 33% della quantità di tale combustibile come richiesto dal Presidente della Provincia di Brindisi).

Brindisi attende che, con un forte impulso all’azione politica e con atti e scelte istituzionali degli Onorevoli Pecoraro Scanio e Vendola, si avvii quella che, se non una rivoluzione, può essere una primavera energetica.

Doretto Marinazzo
Consigliere Nazionale di Legambiente

COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE BRINDISI