Brindisi, 20/07/2007
Workshop Ambiente: olivi e agrumi in Lombardia, il Sud perde colture
Convegno “Adattarsi ai cambiamenti climatici nei settori della pesca e dell’agricoltura: il contributo della Regione Puglia”
Brindisi, 20 luglio 2007
0re 14,30
Nuovo Teatro Comunale Giuseppe Verdi
Le colture agricole, per effetto dei cambiamenti climatici previsti, possono spostarsi di 100 metri in quota e di 100 km a nord per ogni grado di aumento
della temperatura media. La Sicilia potrebbe diventare inadatta per gli agrumi e la Lombardia potrebbe ospitare gli olivi e colture tipiche dell’ambiente mediterraneo.
L’aumento di periodi di siccità e di alluvioni inciderà negativamente sulla produzione agricola locale, con riduzioni della produttività fino al 20/30%.
Questi i dati che emergono nella seconda parte del convegno organizzato a Brindisi dall’APAT per conto del Ministero dell’Ambiente in collaborazione con l’Arpa Puglia,
in vista della Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici che si terrà a Roma il 12 e 13 settembre.
L’incontro, dedicato in mattinata alla presentazione
dell’Inventario italiano delle emissioni di gas serra, nel pomeriggio affronta il tema dei contributi della Regione Puglia sugli adattamenti ai cambiamenti climatici dei
settori pesca e agricoltura, nei quali l'impatto dei cambiamenti climatici si sta rivelando molto forte sia in termini ambientali sia economici.
L’agricoltura vive un periodo di crisi destinata ad acuirsi con il peggiorare degli effetti del cambiamento climatico. Dal 1990 a oggi la superficie italiana destinata alla produzione agricola ha subito una significativa riduzione, passando da circa 15 milioni d’ettari a poco più di 13 milioni d’ettari (circa il 44% della
superficie territoriale nazionale).
Questo primo segnale di difficoltà è confermato anche dalla riduzione del numero delle aziende agricole, che nello stesso
periodo sono passate da 2.593.090 a 2.217.546 unità, con un calo del 15% circa.
La Puglia è la regione con la più alta percentuale di superficie agricola utilizzata (70% del territorio) ed è anche la regione con il più elevato numero d’aziende agricole, ben 342.888.
In termini economici, a scala nazionale, l'agricoltura assorbe circa il 6% della forza lavoro e ha un’incidenza sul totale dell'economia nazionale pari al 2% del prodotto interno lordo e in grado di generare poco più di 27milioni d’Euro
in termini di valore aggiunto ai prezzi correnti.
Nel 2006, per il sesto anno consecutivo, l'agricoltura, la selvicoltura e la pesca in Italia hanno fatto registrare un significativo calo sia della produzione sia del valore aggiunto (-1,6% in media nel periodo 2001-2006). Quindi, analogamente
a quello che avviene in altri paesi occidentali, l'esercizio del settore primario del Paese ha perso e continua a perdere peso economico e occupazionale.
In questo scenario s’inseriscono le variazioni della chimica e fisica dell’atmosfera a causa dell’accumulo dei gas ad effetto serra e i conseguenti cambiamenti climatici, i
cui effetti sull’agricoltura e sulla pesca possono risultare cruciali per la loro stessa sopravvivenza.
Nel caso dell’agricoltura, è noto che le condizioni climatiche determinano le specie vegetali e animali che possono vivere, crescere e riprodursi in una determinata regione geografica. Molte specie agrarie, tra cui alcune d’interesse nazionale come l’olivo, la vite, gli agrumi, sono talmente legate alle condizioni climatiche a cui si sono adattate che un leggero aumento della temperatura o una sensibile riduzione delle piogge possono aumentare la loro vulnerabilità.
Il quarto rapporto di valutazione dell’IPCC prevede, alle nostre latitudini (ovviamente con variazioni anche notevoli su piccole scale orizzontali, particolarmente in aree a
topografia complessa), aumenti della temperatura media fino a 4 °C e riduzioni delle precipitazioni fino al 30% entro la fine del secolo. Inoltre, gli esperti prevedono che gli aumenti attesi della frequenza con cui si manifestano siccità e alluvioni
incideranno negativamente sulla produzione agricola locale, con riduzioni della produttività fino al 20/30%.
Se si dovessero verificare questi scenari, gran parte
delle specie d’interesse agricolo, specialmente quelle che hanno subito un processo d’erosione della variabilità genetica, avrà serie difficoltà ad adattarsi al cambiamento, particolarmente nelle regioni già vulnerabili alla variabilità climatica.
Alcune possibili forme di adattamento ai cambiamenti climatici possono essere la variazione dei periodi di semina (con anticipo fino a 2 settimane); l’adozione di colture che concentrano il loro ciclo nel periodo autunno-invernale, per evitare la siccità e il caldo estivo; l’adozione di specie che traggono beneficio dalle maggiori concentrazioni d’anidride carbonica nell’atmosfera, passate da 280 parti dell’era pre-industriale alle attuale 380 parti per milione; l’introduzione di
nuove varietà, più resistenti alla siccità e meno esigenti in acqua, meno suscettibili alle malattie e alla salinità dell’acqua; la variazione dei sistemi e dei metodi di fornitura, distribuzione e drenaggio dell’acqua di irrigazione; il
cambiamento delle pratiche di lavorazione del suolo, adottando dove possibile, le tecniche di minima lavorazione o non-lavorazione.
D’altra parte l’agricoltura italiana ha già dato prova di sapersi adattare ai cambiamenti, soprattutto grazie ai contributi delle istituzioni di ricerca e sperimentazione; il boom dell’agricoltura biologica (che in Italia ormai è fortemente consolidata e matura) rappresenta già un esempio e un punto di partenza
importante di fronte a questa nuova difficile sfida.
Altri contributi possono derivare dal recupero di saperi agricoli tradizionali e lo sviluppo di concetti nuovi di produzione agricola (tra cui l’”agricoltura di precisione”, che utilizza tecnologie particolarmente innovative per ridurre l’uso di acqua, fertilizzanti e pesticidi).
Di certo, l’agricoltura italiana si trova di fronte alla sfida di un rinnovamento globale, che ne modifichi le caratteristiche di insostenibilità (l’abuso di irrigazione e di colture ad alto impiego di acqua: l’impiego di fertilizzanti chimici che rilasciano gas nocivi in atmosfera) e la metta in condizione di essere un freno all’aumento dei gas serra. |