Fasano, 01/08/2007

Marchi (SD): intervento su politica e societa' civile

POLITICA E SOCIETÀ
di Bruno Marchi*

Certe sere mi chiedo chi mai sia stato colui (o colei) che s'è inventato questa divisione tra politica e società civile. A me sembra una separazione di ambiti, se così si può dire, del tutto fittizia e pretestuosa perché, almeno così ho imparato sui banchi di scuola studiando Educazione Civica, società e politica non sono separate, anzi.
Del resto se così non fosse, che senso avrebbe la Costituzione? Una conferma di questo si può trovare percorrendo a ritroso la nostra storia: guardando le foto un po' sbiadite dei padri costituenti infatti, mi sembra sia corretto affermare che questi fossero espressione della società dell'epoca, che oggi definiremmo civile, e non provenivano certo da un altro pianeta. In questa separatezza ravviso un sotterraneo pericolo di reciproca delegittimazione tra "civico" (in quanto appartenente alla società civile) e "politico".
Infido pericolo, poiché entrambe le parti di questa sciagurata scissione possono sentirsi autorizzate a muoversi in maniera indipendente una dall'altra. Per cui, la "società civile" si occupa degli affari suoi (sebbene dalla politica ne sia influenzata e cerchi di influenzarla) e la "politica" si cura dei propri che, a giudicare dalle ultime cronache, quasi giudiziarie, non risparmiano nessun parallelo geopolitico.
Pertanto, sembra essere proprio questo uno dei motivi della accentuazione della distanza tra "società" e "politica". Ma, personalmente, non credo che un'operazione di marketing del centrosinistra, qual è il Partito Democratico, possa ridurla, al contrario sono convinto che contribuirà ad accrescerla in quanto operazione politica di vertice.

A costo di apparire vetusto, invece, ritengo che la naturale fusione delle origini, tra "società" e "politica", fosse rappresentata da quel crogiuolo di partecipazione che erano le sezioni di partito, anche qui di qualunque parallelo geopolitico fossero. In quella realtà si elaborava l'alchimia dei fremiti sociali e politici (nonché culturali e umani) che proiettavano, su scala più ampia, le speranze e le aspettative di quanti sentivano che partecipavano direttamente ai processi politici, sociali, culturali e, perché no, economici.
Lì si maturavano e orientavano scelte condivise. Con gli anni e con l'aumentare della pratica del "tengo famiglia" (secondo la quale fare politica significava aver trovato un lavoro e una sistemazione), a qualcuno è cominciata a piacere l'idea di separare le cose, di vedere svuotate le sezioni e di delegare il tutto ai vertici di partito, sempre più sideralmente lontani, sempre più autoreferenziali, sempre più attenti a promuovere e rinnovare i privilegi di casta. Così, discorrendo, si giunge inavvertitamente agli anni Ottanta, agli anni "da bere" e a quel vuoto che Letta, nel suo discorso di candidatura alla leadership del PD, vorrebbe riempire, ma forse solo per nostalgia. Lo faccia pure, è nel suo diritto generazionale, ma non la darà a "bere" a più di tanti.

Ciò che oggi risulta più difficile da mandare giù è una realtà sempre più impoverita, è una cialtroneria galoppante che provoca disastri e incendi che, in qualsiasi paese civile, sono sconosciuti; è una presunzione di innocenza (siamo tutti garantisti, nevvero?) anche di fronte alla smaccata chiarezza delle intercettazioni telefoniche che -per fortuna siamo ancora in democrazia- la stampa fa circolare semplicemente perché atti pubblici e non certo per non pertinenza o eccesso.
Ciò che oggi è più difficile da mandare giù è questo Stato sempre più simile al fortino assediato, solo che al posto degli indiani (almeno per come ce li hanno rappresentati i film politicamente non corretti) ci sono i furbetti del quartiere che tentano, alleandosi in un trasversalismo da paura, di farla franca, nonostante le parole pronunciate e registrate di fatto siano già una condanna se non penale, almeno etica e politica!
Società e politica, dunque, non sono affatto separate, come potrebbero esserlo?
A parziale dimostrazione di questo c'è proprio il letale intreccio tra affari e politica, ormai giunto a comportamenti di parossistica dipendenza per cui a molti pare che sia ineluttabile una specie di inevitabile, biblico, flagello.

*Sinistra Democratica, Fasano (BR)