Brindisi, 26/10/2007
Carbone-Agricoltura, WWF: "chi inquina paga"
I problemi sorti in questi giorni in merito ai disagi sopportati dalle aziende agricole ubicate ai margini del nastro trasportatore del carbone e soggette ad interdizione di coltivo, sono solo la materializzazione di un problema molto più ampio che riguarda l’ impatto ambientale che il territorio sta subendo a causa della oppressiva presenza di un sistema industriale che evidentemente presenta delle falle all’interno dei suoi sistemi produttivi.
Avendo nella conduzione delle aziende il 90% del territorio , da sempre il Wwf ritiene il mondo agricolo il vero detentore del patrimonio ambientale attribuendogli di fatto il ruolo di “sentinella” delle problematiche che noi cittadini ,chiusi nelle aree urbane . difficilmente riusciamo a intravedere.
Per questi motivi abbiamo da subito accolto la richiesta di collaborazione pervenutaci dagli agricoltori .
L’ordinanza sindacale, bloccando l’attività agricola , non ha fatto altro che confermare quanto da noi sostenuto sin dagli anni ottanta , ovvero che il mix di strutture inadeguate al trasporto del combustibile , le dimensioni degli impianti che presagivano un’ obiettivo che andava ben oltre le due milioni di tonnellate di carbone da utilizzare nel processo produttivo , l’aggiunta di una discarica di rifiuti speciali , di un’ inceneritore di rifiuti industriali e l‘elevata concentrazione di aziende chimiche , avrebbe prima o poi provocato un collasso ambientale dai risvolti imprevedibili.
A distanza di vent’anni , ci troviamo difatti ad affrontare problematiche capestro di inaudita gravità che riguardano il nostro territorio prettamente comunale , la restante area salentina e il conteso globale interessato dai mutamenti climatici .
E’ bene ricordare che la centrale di Cerano (Brindisi) è la prima azienda europea per emissioni di C02 che sono la causa unica dei mutamenti climatici e che nel protocollo di Kyoto ,sottoscritto anche dall’ Italia , numerosi Paesi si sono proposti di diminuire drasticamente.
Dobbiamo però riconoscere all’amministrazione comunale il diritto di ritenersi anch’essa parte lesa e che nulla Le si può eccepire dal punto di vista formale .
L’ordinanza di divieto di coltivo è un’ atto dovuto a tutela della salute pubblica . E’ però un’ atto che sancisce di fatto il riconoscimento di uno stato di crisi ambientale dovuta alla presenza di metalli pesanti nei terreni adiacenti al nastro trasportatore il quale in diversi punti risulta privo delle protezioni contro le dispersioni delle polveri di carbone. Benché l’ Enel neghi il suo coinvolgimento, ci appare assolutamente ambiguo che tale stato di inquinamento sia talmente accentuato solo ed esclusivamente a margine delle aree soggette al transito del carbone e che gli stessi indici e elementi inquinanti non si registrino non solo nelle restanti aree rurali ma persino neanche in gran parte dell’area industriale stessa che di per sé è definita area di crisi ambientale .
In questo momento riteniamo che vi siano due priorità che necessitano di una soluzione ovvero il riconoscimento economico dei danni ai soggetti interessati dall’ordinanza sindacale e il definitivo accertamento delle responsabilità dello stato di inquinamento delle aree interdette e , nel concetto che chi inquina paga, l’addebitamento oneroso della bonifica con ripristino dei luoghi, il rimborso all’ente pubblico che provvederà alla tutela economica delle aziende interessate, e l’eventuale danno morale ed economico subito dal territorio in seguito a tale vicenda che trova rari ed eccezionali riscontri in altre località d’Italia.
Dell’attuazione di tali priorità riteniamo si debbano fare promotrici le amministrazioni locali le quali devono comprendere e sopportare le proteste degli agricoltori in considerazione della spontaneità di un mondo operoso legato alla tradizione e al sacrificio, che oggi si identifica come vittima sacrificale e che difficilmente riuscirebbe da solo a confrontarsi con soggetti che dispongono di risorse e argomentazioni nettamente maggiori alle loro.
Se oggi gli operatori agricoli presidiano il municipio, non lo si deve interpretare come un’ atto di ripicca contro l’ente, ma come una forma di sollecito nei confronti del soggetto amministrativo umanamente più vicino affinché intervenga attraverso la propria autorità attivando un tavolo di confronto attraverso il quale garantire agli stessi il diritto al lavoro. Lavoro spesso ricevuto in eredità e consegnato con passione nello stesso nucleo familiare di generazione in generazione .
Una tradizione economica e culturale che non possiamo assolutamente lasciare da sola.
Fabio Protopapa
COMUNICATO STAMPA WWF SEZIONE DI BRINDISI
Altre News su inquinamento terreni agricoli |