Carovigno, 01/10/2009
Scavi archeologici subacquei a Torre S. Sabina
Nella prima decade di ottobre, e più precisamente dal 2 al 12, avrà luogo la seconda campagna di scavi archeologici subacquei del sito di Torre S. Sabina (Carovigno, Brindisi), eccezionale “approdo dimenticato” e riscoperto negli ultimi decenni.
L’intervento è condotto dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, con la direzione scientifica di Rita Auriemma, docente di Archeologia Subacquea presso la Facoltà di Beni Culturali, in collaborazione con il Comune di Carovigno, Assessorato alla Cultura (Nicola Pepe) e l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ICR – Roberto Petriaggi). Ha come obiettivi la ricerca e la formazione e vede quindi la partecipazione di laureati e laureandi dell’Università del Salento e di altri atenei italiani.
Il sito di Torre S. Sabina è noto agli “addetti ai lavori” da tempo, in quanto ha restituito numerose evidenze archeologiche risalenti all’età del Bronzo e consistenti tracce di frequentazione di epoche successive, senza soluzione di continuità dalla protostoria all’età moderna.
Nella baia inoltre sono stati identificati vari relitti, di epoche diverse; quello meglio conservato, si trova a soli m 2,50, proprio nell’insenatura di Camerini, a pochi metri dalla riva. La copertura di lastroni, apposta nel 1998 per preservarlo dalla distruzione e dalla devastazione naturale ed umana, è stata parzialmente rimossa nel corso della campagna 2007, consentendo così di mettere in evidenza la fiancata di sinistra dell’imbarcazione, per circa 8 metri di lunghezza e circa 4 metri di larghezza; la parte messa in luce, a circa metà nave, mostra il fasciame esterno (il “guscio”) costituito da tavole saldate tra loro con linguette (assemblaggio “a mortasa e tenone”); al fasciame sono fissate numerose ordinate ed alcune tavole del fasciame interno (il paiolato della stiva), le poche superstiti agli atti vandalici che hanno reso necessario l’intervento di copertura. E’ visibile anche il robusto paramezzale con la scassa, cioè l’alloggiamento del piede dell’albero. Il relitto si rivela però di eccezionale interesse per la presenza di elementi del ponte, puntelli, bagli e tavolato, che solo eccezionalmente – per l’età antica si conosce solo un altro caso, in Francia – si conservano. Originariamente la nave doveva superare i 20 metri di lunghezza ed avere un discreto tonnellaggio. Altro dato di grande rilevanza è la sua datazione: alla luce dei materiali ceramici rinvenuti, tra i quali si distinguono un’anfora africana integra ed altre della stessa tipologia, frantumate ma in buona parte ricostruibili, sarebbe riferibile alla fine del III o agli inizi IV secolo d.C.; non si conoscono molte testimonianze di questa fase, che è di cruciale importanza per l’evoluzione della costruzione navale.
Nel corso della ricerca si è indagata un’altra area, che negli anni ’70 e nei primi anni ’80 (scavi del Museo Provinciale di Brindisi) aveva restituito abbondantissimo materiale di epoche assai diverse: dalla ceramica di età arcaica alla ceramica a rilievo di età ellenistica (le cosiddette “coppe megaresi”), a quella tardoantica e medievale. Per la prima volta a Torre S. Sabina si è messo in atto un saggio di scavo stratigrafico, sottoposto ad un puntuale rilievo all’interno di un reticolo di riferimento; lo scavo ha sinora permesso di individuare l’esistenza di almeno due strati, uno comprendente soprattutto anfore inquadrabili tra il II e il I secolo a.C., mentre quello sottostante ha restituito frammenti di epoca più antica, ed in particolare ceramica fine di età arcaica, classica ed ellenistica; l’intervento stratigrafico pone in discussione l’ipotesi formulata in passato circa l’esistenza di una discarica portuale, e suggerisce invece la sovrapposizione di resti di vari relitti: non è escluso che in questo tratto fortemente esposto, siano venute ad infrangersi, nel corso dei secoli, più imbarcazioni, e qui siano precipitati più carichi o parti di carichi, scompaginati e dispersi lungo la scarpata rocciosa
L’analisi della documentazione e lo studio dei materiali consentirà di verificare e formulare ipotesi più verosimili.
Al di là di quello che gli addetti ai lavori potranno stabilire, resta la suggestione e l’interesse che queste testimonianze suscitano in chiunque abbia modo di accostarvisi: secoli di storia e di storie che esse racchiudono, ricordando a tutti quanto siano preziosi i segni del passato e quanto una comunità civile, piccola o grande che sia, si debba misurare sull’impegno reale di tutelarli e valorizzarli.
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COMUNICATO STAMPA UNISALENTO
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