Brindisi, 28/01/2003

Dura nota delle associazioni ambientaliste

Riportiamo integralmente un comunicato a firma congiunta di Legambiente; WWF; Ambiente e Vita; Italia Nostra; Fondazione Di Giulio.

Le associazioni firmatarie hanno sempre affermato la necessità di chiudere definitivamente la centrale termoelettrica di Brindisi nord entro il 2004, tutelando i lavoratori come previsto ed imposto dalla convenzione sul polo energetico del 1996 e dall'accordo collaterale sugli investimenti che il Governo si impegnava ad attivare e restituendo quell'area alle attività portuali.
In ogni caso, anche gli amministratori locali avevano assunto impegni formali per impedire la prosecuzione dell'esercizio a carbone di un impianto da sempre privo di opere di ambientalizzazione, tanto è vero che il Sindaco di Brindisi, il 30 dicembre 2001, non certo perché erano vicine le elezioni amministrative, emise un'ordinanza di blocco della centrale. Oggi, il decreto n°13 del 2001 del Ministero delle attività produttive, in favore della realizzazione di una centrale a ciclo combinato, è stato cancellato e si vorrebbe consentire la realizzazione di un impianto ibrido (due moduli a ciclo combinato di circa 800 MW di potenza nominale, uno o due gruppi a carbone, incredibilmente senza desolforazione), tecnicamente poco gestibile e che, sicuramente, finirà per legittimare il solo esercizio a carbone.
L'emendamento dei Senatori Stanisci e Specchia al decreto Governativo che renderebbe possibile una soluzione così sconcertante, è il minimo che rappresentanti istituzionali potessero fare, per cui ancor più sorprendente appare la polemica del Sindaco di Brindisi, che in questo caso, si schiera a favore della posizione imprenditoriale.
Non è in gioco la tutela dei lavoratori e non è vero, come dice Enipower, che una centrale a ciclo combinato di circa 1.200 MW produca appena 30 posti di lavoro: Edison, infatti, per una centrale a ciclo combinato ben più piccola, quella di 350 MW di Candela parla di 40 posti di lavoro, il che dimostra che qui si è fatto scattare l'odioso ricatto occupazionale, per avere il massimo profitto al minimo costo.
Sono in gioco, ancora una volta, la tutela dell'ambiente, la salute dei cittadini ed i diritti fondamentali dei lavoratori, troppo spesso elusi da accordi imprenditoriali poco seri che invece le convenzioni e gli accordi violati o disattesi assicuravano.
E' proprio la capacità di far valere i diritti dell'intera comunità e dei suoi rappresentanti istituzionali, che, oggi come in passato, gli interessi imprenditoriali coinvolti tendono a calpestare.

Dalla redazione giornalistica di Puglia TV - Brindisi