Brindisi, 25/10/2012
Camassa (Nova Era): Le nuove provincie italiane sono fuori dalla logica europea.
Che la riforma delle provincie sia un pastrocchio ormai è cosa sotto gli occhi di tutti. L’assurdo è dato che la Carta Europa delle Autonomie Locali (CEAL) indica tra l’altro che la definizione degli assetti degli Enti locali intermedi (come sono le Provincie) sia l’effetto di un’azione dal basso attraverso il massimo coinvolgimento delle popolazioni interessate anche mediante consultazioni referendarie conformi alle disposizioni legislative in materia.
Ma il governo Monti non è il più europeista dei governi di tutto il vecchio continente?
A giudicare dalla stesura del testo dell’art. 17 del decreto legge 95/2012 convertito in legge n. 135/2012 nonché dalle deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 (requisisti minimi demo-territoriali) si direbbe proprio di no. Infatti ciò che emerge da tali disposizioni, oltre a creare un gran confusione nelle stesse popolazioni, che non siano conformi a quanto stabilito dal Congresso dei Poteri Locali e Regionali che rappresenta l’organo consultivo del Consiglio d’Europa, in merito allo stato della democrazia dei poteri locali e regionali negli Stati Europei. Lo scorso 18 ottobre si è concluso il 23esimo congresso in cui è stato deliberato (dopo un’ampia discussione avviata con il 22esimo congresso svolto nel marzo scorso) una proposta di Raccomandazione (n. 333) ed una Risoluzione (n.351) che di fatto (sulla base dei principi enunciati) pongono “out” le disposizioni adottate in materia di potere locale e regionale da parte del nostro Governo.
Certo conoscendo i tempi necessari a che tali raccomandazioni e risoluzioni vengano adottate dal Consiglio Europeo (quindi diventino impegni per gli Stati Membri), con ogni probabilità, il professore Monti non sarà più Primo Ministro. Certamente, però non sfugge all’ex rettore della Bocconi l’evoluzione europea in materia. Come del resto non gli sarà sfuggito un studio recentissimo condotto da UniBocconi in cui si evidenzia che “se si trasferissero i compiti e le funzioni delle Province ai Comuni (cosa che dovrebbe avvenire entro il 31.12.2012), i costi di gestione per le medesime competenze aumenterebbero dal 10 al 25% (a seconda delle dimensioni del Comune), a cui si devono aggiungere i costi per il personale”.
Su tutto incombe la questione di legittimità costituzionale presso la Consulta (Corte Costituzionale) che si esprimerà il prossimo 6 novembre in merito al ricorso di 6 Regioni a statuto ordinario (ancora una volta la Puglia non c’è) e 2 a statuto speciale in merito alla norma prevista nel decreto “Salva Italia” che degrada a Ente di secondo livello le Provincie.
Dunque che senso ha procedere con una revisione delle provincie viste le condizioni di contorno? Infatti accanto ai vari ricorsi di legittimità normativa (sono stati depositati ricorsi anche sul decreto 95/2012), si aggiunge l’evoluzione della politica europea in materia e le imminenti elezioni italiane, che potrebbero dare al futuro governo Italiano il tempo e le modalità necessarie per attuare una vera e prospettica riforma dell’ordinamento generale dello Stato, in cui inserire anche la nascita di nuove aggregazioni territoriali più consone ai tempi, e soprattutto omogenei dal lato storico-culturale ed economico-sociale.
Certamente il rischio di commettere errori storici fondamentali, affrettando i tempi e non tenendo conto delle condizioni al contorno in cui si sta operando, è elevato. Non vorremmo ricordare il professor Monti, quale “tecnico” primo Ministro di stampo europeista che sia stato sconfessato successivamente dalla “politica” Europa.
COMUNICATO STAMPA ANGELO CAMASSA (PRESIDENTE NOVA ERA)
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