Libri » 18/06/2004
La vera storia del maestro Lao Kong (I)
Il fabbro Kong pedalava a più non posso sulla sua bicicletta nera, pesantissima. Il sudore colava a rivoli dalla fronte convogliandosi sotto il mento in goccioline che rimanevano sospese fino ad ogni nuova accelerata.
La gomma delle ruote, un po’ troppo sgonfie, batteva l’asfalto rovente come se lo volesse plasmare.
L’unico effimero refrigerio era dato dall’ombra creata dai lunghi platani.
Il fabbro Kong impiegava poco più di mezz’ora per andare e tornare dal lavoro. Si incanalava insieme agli altri operai come lui, ogni giorno alla stessa ora, ed ogni giorno alla stessa ora rientrava. Quel giorno, invece, era quasi del tutto solo per la strada. L’orario insolito e la pesante afa, lasciava spazio ai più temerari o meglio ai più bisognosi.
Era riuscito a farsi dare un permesso speciale dal capo officina, quando era giunta la notizia.
Il lieto evento era ormai atteso da tempo immemore, tanto che qualcuno lo aveva davvero quasi del tutto dimenticato. Sicuramente dimenticato in uno stipite dello spogliatoio era stato il regalo acquistato dai colleghi con una generosa colletta.
“ E’ nato!” esclamò vivacemente emozionato il fabbro Kong, dopo aver ricevuto la notizia.
“ E’ un maschio!” aggiunse con ancora maggiore orgoglio prima che tutti i suoi colleghi si riunissero intorno a Lui per complimentarsi.
Trafelato ed ansimante entrò dentro la stanza da letto dove la moglie giaceva con intorno la levatrice e le comari. Bacio la moglie sulla fronte e ricevette in cambio un sorriso. Poi si diresse verso la culla di legno, che era stata per tanto tempo un inutile ed ingombrante mobilio.
Ma la levatrice lo tiro per un braccio, quasi lo volesse avvisare di qualcosa. Con poca premura prese il pargolo avvolto ancora in un panno bianco e lo passò al papà.
“A...aha!!..” grido’ il fabbro Kong davanti alla vista di quell’infante completamente ricoperto di peli.
La peluria era presente in ogni parte del suo piccolo corpicino, finanche sotto gli occhi e sulla pianta dei piedi.
Lo stupore misto ad indignazione, dopo quell’attesa protrattasi per ottantotto lune nuove dalla gestazione, lo fece correre fuori dalla stanza in lacrime.
La levatrice, invece di rincuorarlo, gli disse di non aver mai visto niente di simile prima di allora.
Con la testa tra le mani, l’uomo invito tutte le badanti a ritornarsene a casa, oltre che alla levatrice. Quest’ultima, offesa dal gesto, bisbigliò qualche parola amara e qualche frase sconveniente, che comunque non fu intesa.
Il fabbro Kong si fece forza di rientrare nella stanza e fece uno sforzo ancora più grande per dare un ulteriore sguardo nella culla. Si avvicinò poi al letto della moglie, si sedette al suo fianco ed incomincio ad accarezzarle i capelli , sperando in cuor suo che si svegliasse dolcemente. Sentiva il forte bisogno di parlarle di questo loro figlio, se così poteva essere definita quella creatura.
La moglie, che aveva gli occhi chiusi solo a causa del lungo travaglio, disse solo poche parole ma con tono deciso e chiaro, nel tentativo di porre fine al pietoso stato d’animo del marito.
“ E’ nostro figlio: dobbiamo essere orgogliosi di lui………sempre!”
Quelle parole ebbero l’effetto immediato di gelare ogni parola ed ogni turpe pensiero del fabbro Kong.
Baciò la moglie sulla guancia, vicino alle labbra, poi ancora più deciso le diede un bacio sulla bocca che incontrò il bacio di risposta della moglie.
“ E’ vero, è mio figlio!” ripete tra sé e sé. Ebbe anche il coraggio di avvicinarsi nuovamente alla culla per dare una ulteriore occhiata al nascituro, prima di sfilarsi i calzoni e distendersi al fianco della moglie.
Gabriele D'Errico
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