«Non si corregge l’immoralità solo con le prediche e con gli articoli sui giornali. Bisogna che la prima a essere corretta sia la vita pubblica: ministri, deputati, sindaci, consiglieri comunali, cooperatori, sindacalisti diano l’esempio di amministrazione rigida e di osservanza fedele ai principi della moralità. Mi rideranno dietro gli scettici di professione, coloro che non credono che l’uomo sappia e possa resistere alle tentazioni. Il mio articolo non è diretto a loro»: è un estratto dall’intervento «Moralizziamo la vita pubblica», scritto nel 1946 da Luigi Sturzo e riproposto, insieme ad altri testi, nel volume «Servire non servirsi. La prima regola del buon politico», edito da Rubbettino.
Proprio a Don Luigi Sturzo e al libro “Servire non servirsi. La prima regola del buon politico“, con la prefazione di Giovanni Palladino e la postfazione di Marco Vitale è dedicato un incontro che si terrà venerdì 27 novembre (ore 18.30) nella sala conferenze del Museo «Ribezzo» di Brindisi, in piazza Duomo 6, per iniziativa dellʼAssociazione Solinò, col diretto impegno della dott.ssa Paola Baldassarre.
L’incontro sarà aperto dal saluto di S.E. Mons. Domenico Caliandro, Arcivescovo di Brindisi e Ostuni.
Seguiranno gli interventi di S.E. Mons. Gastone Simoni, Vescovo benemerito di Prato; Giovanni Palladino, segretario politico di «Popolari liberi e forti».
Introduce e modera Gianni Fontana, presidente «Solidarietà Popolare; conclude il dott. Mario De Donatis, presidente di «Identità e dialogo ».
Sarà presente S.E. Mons. Fernando Filograna, Vescovo di Nardò-Gallipoli.
Ecco cosa scrive lo stesso Palladino, curatore del libro di don Sturzo: «Poiché gli esseri umani hanno ricevuto per diritto naturale il grande dono della libertà, sono liberi di seguire il bene e di seguire il male, di fare cose giuste e di fare errori. Come dire che la libertà può essere usata bene, cioè in modo responsabile, razionale, morale. E può essere usata male, cioè in modo irresponsabile, irrazionale, immorale … Quasi sempre il male e gli errori vengono fatti per mancanza di buona cultura o per abbondanza di cattiva cultura (è molto raro che una persona dii buona cultura possa rubare)».
Palladino puntualizza che «Il gravissimo problema della “questione morale” non fu sollevato per primo da Enrico Berlinguer all’inizio degli anni ʼ80, bensì da Luigi Sturzo sul finire del 1946, poche settimane dopo il suo ritorno dall’esilio di 22 anni impostogli dal fascismo».
Il libro ha appunto l’obiettivo di ricordare sia questa «verità storica dimenticata» sia la opportunità storica perduta dalla Dc «che non ha saputo né voluto seguire la grande modernità del pensiero sturziano. Se lo avesse fatto, certamente l’Italia non si troverebbe nelle drammatiche condizioni attuali».
Entrambe, continua Palladino, «possono essere utili ai lettori di oggi e soprattutto ai giovani, per fornire loro quei fondamenti di buona cultura necessari per alimentare la speranza di risanamento morale, politico ed economico dell’Italia».
Come afferma Marco Vitale nella postfazione, vi sono alcune persone che ricordiamo per l’influenza che hanno avuto nel passato, e altre «che ricordiamo anche per il loro presente e per il loro futuro, cioè per l’influenza che continuano ad avere sul presente e che proiettano sul futuro. Luigi Sturzo appartiene a questo secondo
tipo di persone».
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