Condanna a nove mesi di reclusione per due dirigenti Enel e risarcimento del danno per i proprietari dei terreni.
Finisce così il primo atto del processo per le polveri di carbone sprigionata dalla centrale termoelettrica di Cerano.
L’inchiesta avviata da tempo dal pool di magistrati della Procura di Brindisi si è avvalsa dell’operato degli agenti della Digos, allora diretti dal Dott. Vincenzo Zingaro.
Nel 2008, gli agenti, assieme agli uomini della polizia scientifica, erano stati sui terreni attigui alla centrale di Cerano per procedere ad alcuni prelievi allo scopo di avviare le analisi sull’eventuale presenza di sostanze atte a danneggiare la produzione.
Il 6 Ottobre 2010 la Procura di Brindisi aveva notificato 12 avvisi di garanzia ad altrettanti dipendenti Enel tra manager, responsabili di settore e di impianto.
Successivamente, i pubblici ministeri Giuseppe De Nozza e Myriam Iacovello, Sostituti Procuratori della Repubblica presso il tribunale di Brindisi, avevano portato a processo 15 persone per ipotesi di reato concernenti reati quali getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato e deturpamento di edifici.
In particolare, si contestava la presunta mancata adozione all’interno della centrale Enel di Cerano di misure idonee alla diffusione delle polveri di carbone sulle colture e sugli edifici circostanti.
Le ipotesi di reato contestate riguardavano gli articoli del codice penale inerenti getto pericoloso di cose, danneggiamento aggravato e deturpamento di edifici.
Gli imputati erano Calogero Sanfilippo, Luciano Pistillo e Antonino Ascione (responsabili dell’Unità di business Brindisi-Cerano), Vincenzo Putignano (capo centrale), Lorenzo Laricchia e Giuseppe Varallo (responsabili nastro trasportatore), Diego Baio (responsabile ufficio Ambiente e sicurezza di Cerano), Sandro Valery (responsabile area business Enel Produzione), Fausto Bassi (Unità Business Cerano), Giammarco Piacente e Fabio De Filippo (unità operativa Esercizio Ambiente e Sicurezza a Cerano), Massimo Distante (movimentazione combustibili Cerano), Giovanni Madia (Movimentazione Combustibili), Luca Screti (titolare della ditta “Nubile) e Aldo Cannone (titolare dell’impresa Cannone Srl).
La sentenza è stata pronunciata oggi dal giudice Francesco Cacucci.
Le uniche condanne hanno riguardato Calogero Sanfilippo ed Antonino Ascione: per loro nove mesi di reclusione, pena sospesa e non menzione.
Nessuna sanzione per gli altri 13 imputati: per Valery e Pistillo è intervenuta la prescrizione mentre tutti gli altri sono stati assolti per non aver commesso il fatto.
Ai due condannati, in solido con Enel Produzione spa, è stato intimato il ristoro dei danni lamentati e delle spese processuali sostenuta dai proprietari di terreni limitrofi alla Centrale Enel.
Nessun risarcimento è stato disposto, invece, per le parti civili costituite in giudizio: i No al Carbone, il Comune di Brindisi (che aveva chiesto 30 milioni di euro) e la Provincia di Brindisi (che aveva richiesto 500 milioni di euro).
In una nota inviata ai mezzi di informazione Enel Produzione sostiene che il “Tribunale di Brindisi non ha valorizzato la puntuale ricostruzione dei fatti operata nel dibattimento, nel corso del quale sono invece emerse contraddizioni ed incertezze sulle prove prodotte dall’accusa“.
Per questo “l’azienda si riserva di valutare le motivazioni della sentenza di primo grado che ha visto la condanna di due dirigenti, anche considerata l’enorme mole di investimenti, oltre 700 milioni di euro, effettuata dalla società negli ultimi anni. Impegno che ha visto un miglioramento continuo delle performance ambientali della centrale Federico II di Brindisi.
In ogni caso, “Enel Produzione evidenzia come il Tribunale abbia in ogni caso respinto le richieste di risarcimento di oltre 1,4 miliardi di euro avanzate dalle principali parti civili”.
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