Su iniziativa di ASSOARMA Brindisi, anche domenica 4 dicembre 2016 alle ore 11,30, si terrà l’ormai tradizionale incontro presso la cripta del Monumento al Marinaio.
La Santa Messa sarà celebrata da Don Sergio Vergari, Parroco della Chiesa di Cristo Salvatore (rione Sant’Elia).
La celebrazione sarà preceduta da una breve riflessione sulla storia e il culto di Santa Barbara (a cura del Comandante Vincenzo Cafaro – Presidente della Sezione di Brindisi dell’Istituto del Nastro Azzurro) e sul sacrificio di 80.000 uomini delle Forze Armate italiane morti nei lager nazisti (a cura dello storico Giancarlo Sacrestano)
SANTA BARBARA
Santa Barbara è una martire cristiana venerata come Santa dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Considerata una delle quattro “grandi vergini”, assieme alle sante Dorotea, Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia[5] e vissuta, secondo la tradizione, a cavallo di III e IV secolo, il suo culto si è espanso enormemente grazie alla Legenda Aurea; rimossa dal calendario generale romano (ma non dalla lista dei santi) nel 1969 a causa dei dubbi sulla sua effettiva esistenza storica, rimane una santa molto popolare grazie al numero e all’importanza dei suoi patronati, fra cui si ricordano in particolare quelli sulla marina militare, vigili del fuoco e sulle professioni di artificieri, genieri e minatori.
Agiografia
Il martirio di santa Barbara in un’incisione di un Wierix tratta da un dipinto di Giovanni Stradano
Della vita di questa santa esistono varie agiografie, nessuna delle quali coeva, che presentano notevoli differenze tra loro[.
Barbara è figlia di Dioscoro o Dioscuro, un uomo di religione pagana. In alcune agiografie, Dioscoro decide di rinchiuderla in una torre a causa della sua grande bellezza, per proteggerla dal mondo esterno e dai pretendenti (che ella comunque respinge sistematicamente]: Barbara va quindi a vedere i progetti per la costruzione della torre e, notando che sono presenti solo due finestre, una a nord e una a sud, ordina ai muratori di costruirne una terza, per richiamare la Trinità, prima di entrare nella torre, inoltre, si immerge tre volte in una piscina adiacente, battezzandosi da sola.
In altre versioni, Barbara viene segregata come punizione per la sua disobbedienza; nella torre, la giovane viene istruita da filosofi, oratori e poeti e, studiando, giunge alla conclusione che il politeismo è una farsa; temporaneamente liberata da suo padre, si converte al cristianesimo; quando suo padre decide di costruirle un’imponente piscina con due finestre, ella fa aggiungere una terza finestra a questo edificio (e non alla torre, come nella versione precedente); altre versioni specificano che Barbara aderisce al cristianesimo studiando i testi di Origene e, una volta fuori dalla torre, si reca proprio da lui, ad Alessandria, per farsi battezzare.
Ad ogni modo, quando Dioscoro scopre la nuova fede della figlia tenta di ucciderla: Barbara riesce a sfuggirgli miracolosamente, trapassando le pareti della torre oppure volando su una montagna (in questo caso, viene vista volare da due pastori, uno dei quali la tradisce rivelando a Dioscoro la sua posizione; maledetto da Barbara, egli viene trasformato in pietra, e il suo gregge di pecore in uno sciame di locuste); riacciuffatala, suo padre la trascina davanti a un magistrato (o prefetto) di nome Martiniano o Marziano. La giovane rifiuta però di abiurare e viene quindi torturata più volte: viene avvolta in panni rozzi e ruvidi che le lacerano la carne, ma Cristo, apparendole di notte, cura le sue ferite. I carnefici tentano quindi di ustionarla, ma le fiamme accese ai suoi fianchi si spengono quasi subito; le vengono poi tagliati i seni, colpita la testa con un martello, e viene fatta sfilare nuda per le strade. Alla fine, suo padre la conduce in cima ad una montagna e la decapita lui stesso, e insieme con lei subisce il martirio un’altra giovane cristiana, Giuliana; sceso dalla montagna, Dioscoro viene incenerito da un fulmine o da un fuoco venuto dal cielo come punizione per l’omicidio.
Barbara e Giuliana vengono quindi seppellite da un uomo di nome Valentino, e presso la loro tomba cominciano ad avvenire guarigioni miracolose.
Storicità e culto
Francisco Goya, Santa Barbara
Di Santa Barbara non esiste alcuna menzione nei documenti dell’antichità cristiana, così come nella versione originale del martirologio geronimiano, e inoltre la sua storia presenta notevoli somiglianze con quella di santa Cristina, il che ha portato alcune fonti, anche autorevoli, a dubitare dell’esistenza stessa di questa figura Il suo culto è ben attestato a partire dal VII secolo, periodo in cui appaiono i primi Acta del suo martirio, di origine forse egiziana, che funsero da base per diverse agiografie composte nei secoli seguenti da vari autori, quali Simeone Metafraste, Usuardo e Adone di Vienne; esistono però anche testimonianze precedenti di una sua venerazione, come un monastero a Edessa nel IV secolo e una basilica copta al Cairo nel VII secolo dedicati a lei. Intorno al IX secolo Barbara era venerata pubblicamente e ampiamente tanto nell’Oriente quanto nell’Occidente cristiano, e durante il Medioevo si diffuse, grazie al suo culto, l’uso del nome proprio Barbara; nell’Occidente, la sua storia raggiunse l’apice della popolarità intorno al XV secolo, cadendo progressivamente nell’oblio dopo il concilio di Trento (forse anche perché la giovane era considerata, nella storia, eccessivamente “ribelle” verso suo padre e l’autorità costituita).
Le varie agiografie differiscono per molti particolari, compresi il tempo e il luogo in cui visse Barbara; riguardo alla data del martirio, esso sarebbe avvenuto sotto un “imperatore Massimino” o “Massimiano”, ma non è chiaro se si tratti di Massimino il Trace, Massimino Daia o Massimiano. Per quanto concerne il luogo, invece, le fonti riportano diverse città natali, fra cui Nicomedia in Bitinia, Antiochia, Eliopoli in Egitto, Eliopoli di Siria ed Eliopoli presso Euchaita, nonché la Toscana e Roma una diversità che testimonia l’adattamento della sua leggenda ai vari luoghi in cui era venerata.
Secondo alcune fonti, le reliquie della santa furono portate a Costantinopoli nel VI secolo; da lì, nel XII secolo Barbara Comnena le trasferì a Kiev, dove ora riposano nella cattedrale di San Vladimiro. Secondo altre fonti, le reliquie sarebbero invece state prelevate da Costantinopoli e portate a Venezia da Maria Argyropoula, andata in sposa Giovanni, figlio del doge Pietro II Orseolo; sotto Ottone Orseolo, altri due figli di Pietro II, Orso e Felicita, fecero spostare le reliquie dalla basilica di San Marco dov’erano custodite al monastero di San Giovanni evangelista di Torcello. Con la secolarizzazione dei beni ecclesiastici voluta da Napoleone, le reliquie furono nuovamente spostate e collocate nella chiesa di San Martino di Burano, dove si trovano a tutt’oggi[. Secondo un’altra leggenda, ella sarebbe stata martirizzata a Scandriglia e il suo corpo poi trasferito a Rieti nel X secolo per metterlo in salvo dalle scorrerie saracene: qui divenne patrona della città e le fu dedicata la cappella più ricca della cattedrale di Santa Maria Assunta.
Negli antichi martirologi greci, così come nell’attuale martirologio romano, la data di commemorazione di santa Barbara è il 4 dicembre, ma va notato che tutti i martirologi del IX secolo la collocano invece al 16 dicembre. La santa è stata rimossa dal Calendario romano generale con la riforma del 1969, per via del suo carattere leggendario, tuttavia la continuazione del suo culto, limitato a calendari particolari, è stata permessa.
Come protettrice dei minatori, una semplice statua della santa spesso viene posta nelle gallerie minerarie; questa si trova all’ingresso di una miniera di piombo ai Piani dei Resinelli
Dai vari elementi citati nella sua leggenda è derivata, col tempo, una quantità spropositata di patronati: la prigionia nella torre da parte di suo padre associò la sua figura alle torri, a tutto ciò che concerneva la loro costruzione e manutenzione e quindi il loro uso militare; da qui il fatto di essere considerata patrona di architetti, stradini, tagliapietre, muratori, cantonieri, campanari, nonché di torri e fortezze. Parimenti, per via della morte di Dioscoro, essa venne considerata protettrice contro i fulmini e il fuoco, e di conseguenza contro le morti causate da esplosioni o da colpi d’artiglieria da qui deriva il suo patronato su numerose professioni militari (artiglieri, artificieri, genio militare, membri della marina) e sui depositi di armi e munizioni (al punto che le polveriere vengono chiamate anche “santebarbare”). È inoltre patrona di tutto ciò che riguarda il lavoro in miniera e dei vigili del fuoco. Il patronato sugli artiglieri e sui minatori risale almeno al XV secolo.
Sempre per questo particolare della sua storia, viene invocata per evitare una morte improvvisa e priva di riti cristiani, il che, assieme al fatto di essere invocata contro la febbre, l’ha fatta entrare a pieno titolo fra i santi ausiliatori un gruppo di quattordici santi molto venerati in Renania, il cui culto si estese poi a tutta la Germania, l’Ungheria e la Scandinavia.
Anche i racconti di miracoli operati per intercessione della Santa fecero molto per aumentare la sua popolarità (un esempio citato spesso è quello avvenuto a Gorkum nel 1448, in cui tal Henry Kock venne gravemente ustionato in un incendio e, appellandosi a santa Barbara -di cui era sempre stato devoto-, riuscì a uscire dall’edificio e a sopravvivere fino a ricevere l’estrema unzione).
Come patrona delle attività principali del gruppo Eni le è stata dedicata la grande nuova chiesa costruita a Metanopoli, quartier generale del gruppo, per decisione di Enrico Mattei.
Nel XV e XVI secolo si assiste a una fioritura di rappresentazioni di santa Barbara in opere artistiche, specialmente fra autori italiani, fiamminghi e, in minor misura, tedeschi.. La sua leggenda e la varietà di cose a cui è associata hanno dato vita a un gran numero di elementi con i quali ella viene rappresentata. Il simbolo più comune e significativo è indubbiamente la torre a tre finestre, raffigurata tanto come ambiente in cui la santa viene collocata, quanto come “miniatura” tenuta in mano o poggiata ai piedi. Il più antico, però, testimoniato da un affresco nella chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma, è il pavone, simbolo di lunga vita, apoteosi o immortalità (o, in alternativa, richiamante alcune versioni della leggenda in cui, quando i suoi carnefici si apprestarono a torturarla con delle verghe, queste si tramutarono in piume di pavone). La piuma di questo animale (o di struzzo), inoltre, è un attributo presente nelle opere prodotte nell’area dei Paesi Bassi e della Germania, ma il suo significato non è chiaro: oltre che ricondursi all’episodio appena citato, potrebbe anche rappresentare la fenice, simbolo di Eliopoli (dove, secondo alcune agiografie, la santa sarebbe nata). Gaiffier sosteneva invece che derivasse dal Dicta Origenis de beata Barbara, un’agiografia in cui Cristo appare come bambino a Santa Barbara e le dà una piuma di struzzo, animale che, secondo Origene, è più degno di tutti gli altri.
In quanto martire, a santa Barbara vengono associate spesso la palma, una corona o un diadema (specie nelle opere più tarde) e la spada, l’arma con cui è stata uccisa. Altri attribuiti comuni, specie dopo il XV secolo, sono il calice e l’ostia (o anche la pisside), entrambi simboleggianti l’accompagnamento cristiano alla morte, cioè che nessuno dei suoi devoti sarebbe morto senza aver ricevuto l’estrema unzione (va notato che santa Barbara e santa Chiara sono le uniche donne, tra i santi, a cui viene attribuita l’ostia nelle rappresentazioni sacre) Il concilio di Trento, citando un decreto del precedente concilio di Cambrai, bandì l’uso di questi due simboli, in quanto promettevano una “grazia scontata”, specie a coloro che avevano vissuto in maniera peccaminosa (essi rimasero comunque comuni nell’iconografia ortodossa e anglicana). Oltre a questi, è occasionalmente affiancata da cannoni o catapulte, il cui attacco richiama la morte subìta da Dioscoro e il patronato di santa Barbara sull’artiglieria; più rare invece le rappresentazioni in cui tiene un libro (rappresentazione della sua vita studiosa), una torcia (richiamante un episodio del suo martirio) o in cui suo padre Dioscoro appare ai suoi piedi (simbolo della sua vittoria contro il paganesimo).
Generalmente, santa Barbara è rappresentata riccamente vestita, spesso in tinte di rosso, ma fino a prima del concilio di Trento (dove Molanus fece bandire tutte le immagini “lascive”) esistevano anche opere ove era raffigurata seminuda, in particolare in quelle che richiamavano la parte del suo martirio in cui le viene tagliato il seno; dopo il concilio il culto e le rappresentazioni occidentali di Santa Barbara calarono notevolmente, concentrandosi maggiormente sull’episodio finale del martirio, la decapitazione.
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