Lo scorso 29 dicembre a Brindisi la prima nazionale di uno spettacolo che unisce in un abbraccio perfetto Tango e Teatro: abbiamo ascoltato il direttore generale della produzione, il ballerino e coreografo Adriano Mauriello
Il 2015 si è chiuso a passi di Tango al Nuovo Teatro Verdi, in prima nazionale, con lo spettacolo «Revelación. A la sombra de un tango, abrázame por siempre», diretto dal maestro Adriano Mauriello per «Anita», l’accademia di tango che unisce nel segno della tradizione del ballo dell’abbraccio Italia e Argentina, applaudito lo scorso anno al «Festival y Mundial de Tango» di Buenos Aires, che ha avuto un grande successo di pubblico e di critica anche in Italia.
Adriano Mauriello, che dello spettacolo è anche coreografo e ballerino, ha scritto una partitura perfetta, ha riletto, ridisegnato e modellato come fosse una creazione di sartoria, o il cesello di un abile intagliatore, servendosi delle musiche originali di Lisandro Adrover, bandoneonista argentino che ha fatto la storia del tango, e dei quadri coreografati assieme a Laura Roatta e Romina Levin. Mauriello tesse e contamina. Ma il suo è un soggetto teatrale. Con una storia, nella quale si intrecciano i destini di due appassionati di tango, Catalina e Alejandro, che si incontrano sulle corde di otto coppie di ballerini e sulle note dal vivo di altrettanti orchestrali. L’autore sperimenta e mescola le parti narrative con quelle ispirate alla romanza di Giacomo Puccini «E lucevan le stelle», tratta dal terzo atto della «Tosca», suonata per la prima volta con il bandoneon, lo strumento che fra tutti incarna la passionalità e l’emotività del tango.
«Ho iniziato a lavorare allo spettacolo nel 2011 iniziando dal soggetto teatrale, perché volevo dare un taglio drastico a quello che era il classico cliché dello spettacolo di tango e volevo renderlo molto più teatrale mettendoci all’interno una storia. Ho lavorato molto, confrontandomi anche con scrittori, autori e poeti, sia italiani che argentini. Dopo due anni siamo arrivati a redigere quest’opera, che in Argentina si chiama guiòn. ‘Revelación’ è nato da un grande studio sul soggetto, che ho fatto fare sia in Italia che a Buenos Aires, per trovare la parola chiave. ‘Revelación’ è la storia, la rivelazione della verità, la verità stessa. Il simbolo usato per identificare lo spettacolo è infatti un baule rosso che contiene la verità, quella verità per cui la protagonista Catalina ha dato la sua vita, per amore di Alejandro. Quindi il baule ha aperto la verità che esso conteneva. ‘Revelación’ vuole arrivare al cuore e segnare il ritmo dei respiri e dei passi, perché le coreografie sono solo ginnastica se non hanno anima o se non si è in grado di esprimerla e comunicarla al pubblico, seguendo e assecondando la musica. Questa è il punto di partenza, e anche il punto di arrivo. L’essenza di un popolo inguaribilmente ottimista che ha eletto una musica malinconica: “Il tango è un pensiero triste che si balla”, diceva Enrique Santos Discépolo, poeta e compositore argentino vissuto nella prima metà del Novecento. Le ombre del tango e le basette dei suoi compadres riavvolgono tutta l’Argentina. Una radio suona solo tanghi. Un giornale, il cui titolo è ‘Tango’, non parla d’altro. L’università del tango a Buenos Aires conta oltre quattrocento allievi. E note di tango sono risuonate anche in piazza San Pietro nel recente settantanovesimo compleanno di Papa Francesco».
Ci ha spiegato di essere partito da un soggetto teatrale e non da una semplice coreografia, con la volontà di unire il Tango al Teatro. Ha trovato in questi elementi comuni?
«Tango e Teatro sono due diverse entità che si fondono e si influenzano in uno spettacolo che vuole essere originale e diverso dai comuni cliché, e che lo scorso anno ha riscosso un consenso unanime in quella che è la massima vetrina di tango mondiale, Buenos Aires. Dopo tante tournée in giro per il mondo, specie con ‘Tango Baile’ che nel 2009 ha fatto tappa anche in Puglia, ho voluto rileggere, come ho spiegato sopra, il tango in una chiave più teatrale. Non più il soggetto classico nel quale i ballerini si alternano in assoli e forme gruppali, ma un sentiero che esplora confini nuovi, pensati nell’unico obiettivo di elevare il tango alla sua piena bellezza e potenza espressiva».
Tango, passione e mistero; come possiamo definire lo spettacolo?
«Suggestivo, intrigante, nel quale si fondono in maniera elegante diversi stili di tango e nel quale cerchiamo di lasciare una libera interpretazione al pubblico portandolo al finale, sperando con un solo respiro di ispirare la soluzione o un’idea capace di dare un senso all’intera narrazione».
Il tango è considerato un sentimento che si balla; in base alla sua esperienza cosa può aggiungere a questa definizione?
Il tango è uno stile di vita. Io posso parlare della mia esperienza: ho avuto la fortuna di innamorarmi di quest’arte, di questa danza, di questo ballo, di questa cultura e non mi sono più allontanato. Ogni giorno che passa vedo un graduale aumento di questo mio interesse. L’esperienza fatta quando vivevo a Buenos Aires mi ha permesso di capire tante cose del tango: non è assolutamente un ballo maschilista, anche se molti lo usano per tirar fuori la loro mascolinità, anzi, in realtà, è un ballo che permette finalmente di mettere la donna in condizioni di esprimere la propria femminilità. E l’uomo dovrebbe ballare per lei, mantenendo ovviamente un massimo rispetto per l’altro sesso».
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