Fatti di cronaca spesso riportano alla memoria degli episodi di poco conto avvenuti in questa città, ma che emergono nei ricordi di fatti realmente accaduti.
Jefferson Chelotti, cultore di storia locale, è stato un noto giornalista principalmente della Gazzetta del Mezzogiorno.
La sua disperazione era vivere in Via Porta Lecce, in una abitazione al piano terra, con solo la prima stanza munita di una vetrina protetta da una ringhiera, vicino alla quale, su di un tavolino la macchina da scrivere per i suoi articoli, spesse volte interrotti da particolari circostanze.
In Via Porta Lecce, proprio nei pressi della porta, concludevano il percorso tutti i cortei funebri. Accadeva anche più volte al giorno e alcuni cortei erano preceduti dalla banda. Poi vi erano le corone, le orfanelle delle suore di San Vincenzo, il Capitolo metropolitano della Cattedrale, il carro funebre e numerosi parenti ed amici. Alla fine tutti si fermavano vicino la Porta, per il canto, da parte del capitolo, del “libera me domine dalla morte eterna in de illa tremenda…” e la benedizione della salma.
Al ritorno dalla cerimonia si chiacchierava anche ad alta voce e molti partecipanti si fermavano al bar ad angolo di corso Roma “pi lassari lu muertu”, consuetudine per interrompere la partecipazione al funerale prima del rientro a casa.
Un pomeriggio, tra i primi degli anni sessanta, squilla il mio telefono.
Aldo, sono Chelotti “quale mezzo stava usando il Comune per i funerali? sai perché è passato un corteo dove la cassa del morto era posata su di un cespuglio di fiori che non lascia intravedere il carro funebre”.
Nei primi anni di dipendente comunale, oltre a tutte le manutenzioni generali in economia diretta con operai dipendenti, gestivo anche i 5 automezzi comunali, autospurgo, autoinnaffiatrice, autoambulanza e due carri funebri, dei quali uno di prima e l’altro di seconda classe.
Il carro funebre di seconda classe non veniva quasi mai usato, perché solitamente bastava una telefonata di qualche assessore che suggeriva opportuno che, pur pagando per la seconda classe, fosse utilizzato il carro di prima.
Il giorno della segnalazione di Chelotti, non essendovi nessuna telefonata di “raccomandazione”, l’autista Riccardo mise in moto il carro di seconda classe.
Sul Corso Roma, nei pressi dell’Albergo, il carro si fermò e non ci fu nessuna possibilità di metterlo in moto. Fu così che Riccardo suggerì che il feretro doveva essere portato a spalla.
Allora si avvicino il proprietario di una Fiat 500 che propose di posare la cassa sul porta bagagli dell’auto. L’invito fu accolto e, posata la cassa, anche i portatori delle corone e fasci di fiori furono felici di sistemarli sulla 500, lasciando soltanto un piccolo spazio per la visibilità del conducente.
Il giorno successivo telefonai a Chelotti per informarlo dell’accaduto. Quella fu anche l’occasione, su mio suggerimento come Capo dell’Ufficio Traffico, per suggerire al Sindaco Arina di emettere l’ordinanza di divieto dei cortei funebri nella Città di Brindisi.
Aldo Indini
Ex dipendente comunale cultore di storia locale
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