Mi sento ormai un apolide di sinistra, un po’ nostalgico e consapevole di quanti errori la sinistra ha fatto in Italia dividendosi e continuando a dividersi. Vado a votare solo per dovere costituzionale. E non sono solo. Molti hanno scelto di non votare più e sono diventati indifferenti ad una politica ridotta solo a pratiche elettorali e a composizioni di liste. Può vivere una democrazia fatta di partiti che vivono solo al momento delle liste elettorali? Cosa è diventato così il voto? La somma di preferenze personali. Occupazione di posti. E seggi. I risultati delle liste sono la somma delle preferenze. Personali. Votano, appunto, parenti, amici, clienti. La distanza fra il voto di lista e le preferenze si è accorciata, spesso è quasi nulla.Il voto di opinione, legato alle idee, ai programmi, alle emozioni, alla appartenenza, è stato quasi espulso dalla contesa elettorale. Quello che è avvenuto in questi giorni in Puglia e a Brindisi non è certamente uno stimolo ad andare a votare. E’ il sintomo di questa malattia che può portare alla morte della democrazia e della politica almeno per come l’ha conosciuta , l’ha praticata e rispettata la mia generazione.
Siamo entrati in un’altra epoca geopolitica, forse in un altro mondo. Guardare ciò che accade oggi – imperialismo, culto del leader e della nazione, guerre doganali, populismo, genocidio, carro armati e bombe, debolezza degli organismi sovranazionali, spregio del diritto internazionale, diseguaglianze che aumentano, innovazioni tecnologiche e intelligenza artificiale che spingono verso le autocrazie-con gli occhi di ieri, quelli di prima e dopo la caduta del Muro di Berlino, significa rischiare la cecità.
Significa non capire che il mondo sta cambiando e che è urgente costruire nuovi equilibri tra Stati e popoli, non solo per evitare nuove guerre, ma anche per salvaguardare il futuro stesso del pianeta. Dovrebbe essere questa la priorità della sinistra.
C’era una volta una sinistra capace di guardare al mondo, di interpretarlo e di partecipare al suo governo e che camminava su due solide gambe.
Oggi questa mancanza si sente, soprattutto in Europa e in Italia, dove la sinistra è nata e ha contribuito a consolidare le radici sociali e democratiche della politica.
Da un lato c’era la rappresentanza sociale: fabbriche, campagne, sindacati, servizi pubblici, welfare. Dall’altro lato, la modernità dei diritti civili, in un Paese che accumulava ritardi enormi sulla dignità delle donne, dei lavoratori, degli omosessuali, delle minoranze. Su questo secondo fronte, il contributo decisivo venne dai radicali: divorzio, aborto, riconoscimento della diversità di genere. Battaglie difficili, ma che la sinistra seppe far proprie.
Due gambe, dunque: radicamento sociale e visione profetica di un futuro con più libertà e più uguaglianza. Con quelle gambe si formarono classi dirigenti capaci di tenere insieme, come ha ricordato recentemente Giuseppe De Rita, «due popoli: quello che sfanga la vita del lavoro quotidiano e quello che pensa il sentimento del primo, proponendosi come legittima egemonia, non con il potere o la distribuzione di incarichi, ma con un lungo lavoro di cultura e di dialogo vero con la gente».
Poi arrivo’ la caduta del Muro e l’irrompere di Mani Pulite. Ci “illudemmo” che bastasse “andare al governo”, perché “ora toccava a noi”, per consolidare quelle due gambe. Invece di elaborare un progetto per l’epoca nuova, la sinistra si rifugiò nel governismo e nei salotti dell’indignazione permanente. Trasformandosi così in una comunità politica che vive del riflesso del nemico di turno. Ma un partito non ha futuro se il suo stare insieme è fondato solo sul risentimento. Vale per la sinistra, ma anche per la destra.
Così la buona tradizione amministrativa è diventata una rendita, spesso legata a un’opposizione permanente: se non si è di destra, l’unica identità resta quella di evocare un fascismo sempre “alle porte”. Non si può fare politica parlando sempre male dell’avversario.
Il Pd di oggi sta tutto dentro questo impasto. Non entusiasma e non mobilita. Ha abbandonato anche una autonoma azione riformatrice agendo sempre di rimessa e basata su quel “patto tra produttori” che voleva contrastare neoliberismo e supremazia del mercato. Ha scelto invece di essere un aggregato di ceto politico per diventare una sinistra senza più gambe e alla ricerca di alleanze con un presunto civismo che sa molto di trasformismo.
Forse con il senno di poi si può dire che fu sbagliato fare il Pd. Qualcuno ritiene che fu inevitabile mettere insieme culture e gruppi dirigenti uniti solo dall’idea di governare? Forse. Per governare sarebbe bastato un solido patto di alleanze di centrosinistra, non un partito.
Così la rappresentanza sociale è stata regalata ad altri: all’indistinto, al giustizialismo, al populismo, ai Cinque Stelle, capaci di travestirsi da populisti “peace and love”: reddito di cittadinanza senza controlli, bonus edilizi a pioggia, pacifismo di bandiera senza una vera idea d’Europa. Per non parlare poi dell’astensionismo elettorale!
E oggi? Qual è la politica estera del cosiddetto “campo largo”? Qual è la sua ricetta sull’immigrazione, sulla sicurezza, sul lavoro al di là del salario minimo, sulle politiche industriali e agricole nel nuovo contesto globale? Quale è l’idea di società?Qual è la sua idea di Europa? Silenzio o balbettio.
La sinistra moderna dovrebbe essere una forza capace di muovere la scala sociale: unire chi produce e chi resta indietro, chi crea ricchezza e chi chiede tutele. Invece il Pd è diventato un partito “del non so che”: ha smarrito la folla di chi non ha voce e si è adagiato su un ceto politico privo di visione e di speranza. Il dovere dell’opposizione è riportare quei cittadini esclusi dentro un percorso istituzionale, non facendosi guidare dagli estremismi, ma trovando un baricentro forte e autonomo. Per farlo non servono nomi da lanciare sul tavolo come figurine Panini. Sono necessarie dedizione, fatica e umiltà, condizioni queste necessarie per una ricostruzione sociale e culturale di una nuova sinistra.
E come ci ha ricordato Michele Serra : la sinistra rimproverante ha fatto il suo tempo, è di quella convincente che si sente la mancanza.
Così come è oggi la sinistra è senza gambe. Senza corpo. Senza visione e profezia.
E senza neanche più il coraggio di pronunciare una parola che ha sempre unito e dovrebbe continuare a unire libertà, eguaglianza, umanità: socialismo.
Carmine Dipietrangelo
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