La Cultura irrompe di prepotenza nella campagna elettorale di Brindisi.
La fa con il “Manifesto per la Cultura” che, a distanza di quattro anni dalla prima iniziativa, ripropone a chi intende governare il territorio la necessità di disegnare “una città intesa come luogo delle relazioni e del vivere civile, solidale, multiculturale, aperta, sicura, amica, sostenibile“, dove “la cultura sia diffusa, periferica, capillare, capace di rendere abitati i territori marginali, che sia circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela, occupazione, identità, impresa”
L’appuntamento era per le ore 10.28 presso la Sala della Colonna di Palazzo Granafei Nervegna, un luogo simbolo che trasuda di cultura e appartenenza alla città.
All’iniziativa hanno partecipato cinque candidati sindaco al Comune di Brindisi: Stefano Alparone, Angela Carluccio, Nando Marino, Riccardo Rossi e Nicola Massari (giunto con ritardo). Unica assente Simona Pino D’Astore. Presenti tanti operatori della cultura e diversi candidati al consiglio comunale.
Toccante e significativa la lettura del Manifesto per la Cultura: hanno iniziato gli scolari dell’istituto comprensivo Santa Chiara e, via via, si sono aggiunti tutti i presenti.
Prima della conclusione, il sociologo Emanuele Amoruso ha elencato le proposte degli aderenti al Manifesto: l’istituzione della consulta della cultura; lo stanziamento di un plafond per la cultura al fine di finanziare le iniziative delle associazioni; gli Stati Generali della Cultura, un appuntamento annuale che riunisca operatori ed amministratori; l’utilizzo comune dei beni pubblici presenti in città e, l’incanto della cultura.
Inoltre Amoruso ha auspicato che la città di Brindisi sappia intercettare i finanziamenti previsti dai bandi nazionali ed europei per la valorizzazione del patrimonio culturale.
Tutti i candidati hanno partecipato con entusiasmo ed hanno attestato l’importanza di politiche culturali adeguate alla crescita del territorio.
Per Nando Marino “la partecipazione all’iniziativa del Manifesto per la Cultura è stata un occasione per ribadire l’importanza della cultura, dell’associazionismo e del ruolo degli operatori della scuola. Mi ha fatto piacere constatare che il nostro programma è in sintonia con le proposte programmatiche del Manifesto e sono convinto che altre proposte emerse nell’incontro di oggi sono pienamente condivisibili”
Per Alparone: “la visione del Manifesto per la cultura parla chiaramente di inclusione sociale, innovazione, democrazia partecipata e cittadinanza attiva. Principi che da sempre sono fondanti per il nostro Movimento”
Ecco il testo del Manifesto per la Cultura
“Coltiviamo l’idea di una città intesa come luogo delle relazioni e del vivere civile, solidale, multiculturale, aperta, sicura, amica, sostenibile. Coltiviamo l’idea di una città dove l’innovazione, la Creatività e i cambiamenti trovino l’ambiente idoneo per alimentarsi e siano strumenti del futuro. Una città dove un bambino può sempre incontrare ciò che vorrà diventare da grande. Coltiviamo l’idea della cultura quale complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale, artistica e spirituale dei cittadini e delle cittadine, singoli o associati: cultura quale rete di relazioni che promuovono l’etica comunitaria in un tempo massificato e vuoto.
Coltiviamo l’idea di una cultura che sia diffusa, periferica, capillare, capace di rendere abitati i territori marginali, che sia circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela, occupazione, identità, impresa. Sosteniamo l’idea di cultura quale valore collettivo, processo, albero che cresce, non bene voluttuario, evento effimero, né palinsesto di un’astratta “città in festa”. La cultura crea economia sociale, sviluppa la personalità d’ognuno, fonda lo statuto critico e responsabile del cittadino. Anche per ciò si deve riconoscere il valore delle politiche molecolari svolte da ogni tipo di associazione e dai creativi perché producono grappoli di legame sociale.
Il ruolo della scuola pubblica e dell’università è fondamentale nei processi di sviluppo delle persone e della comunità. I gruppi di tradizione, le comunità scientifiche, umanistiche, artistiche e religiose, i gruppi etnici esprimono la ricchezza delle diversità in una società articolata che vuole consolidare i legami comunitari. I processi diffusi di avanzamento culturale liberano creativamente energie e corpi vitali. L’inclusione sociale dà il grado di civiltà di una comunità. L’inclusione valorizza il capitale sociale e umano favorendo il senso civico, l’identità e l’appartenenza alla collettività.
La città aperta e solidale deve essere amata tutta intera e il governo della città non deve produrre divisioni. La città deve essere: integrata, compatta e superconnessa (spazialmente e in rete). La marginalità della cultura è danno grave per l’oggi e per il futuro: ne va del nostro benessere e della bellezza delle nostre vite. Ogni politica delle trasformazioni urbane e sociali non deve essere settoriale e tecnica ma condivisa e coerente con il tutto. La cultura diffusa rende sicuro il territorio evitando la militarizzazione di parti urbane insicure. La varietà degli approcci metodologici, delle visioni e dei bisogni aumenta il numero di idee e soluzioni, in sostanza arricchisce l’innovazione.
Affermiamo l’adozione della democrazia partecipata per ogni aspetto della vita urbana. La democrazia urbana è creare continuamente le condizioni perché possa essere esercitata. È necessario promuovere il diritto all’informazione e alla comunicazione, per consentire ai cittadini di conoscere per partecipare e proporre. Solo con l’informazione continua e plurale può esserci comunità competente e possono favorirsi processi di cittadinanza attiva. L’Amministrazione deve pubblicizzare ogni azione e decisione attivando compiutamente la rete pubblica digitale con sistemi di e-democracy. Il diritto e il sostegno alla cultura devono far parte del welfare municipale, avere peso nei bilanci, generare partecipazione.
La cultura del merito e della qualità deve sostituire la pratica dell’appartenenza familistica, invertendo, -se possibile, l’allontanamento delle migliori energie intellettuali e morali del territorio. La cultura è economia, fattore produttivo, ricchezza. C’è bisogno che si attivino politiche per le imprese creative, formali e/o informali: è necessario che anche la cultura d’impresa ricerchi nuova consapevolezza e diversa responsabilità per la sfida del nuovo imposta dalla globalizzazione e dalla crisi diffusa e sia presenza sociale complementare all’iniziativa pubblica per la cultura, la ricerca, l’innovazione. C’è bisogno che la città sia chiamata a confrontarsi sulle iniziative avviate per vivere di futuro.
Una Consulta Permanente della Cultura e un osservatorio sono indispensabili per monitorare andamenti e variazioni, quantitative e qualitative. È necessario attivare formalmente un rapporto di dialogo e di confronto tra Consulta e Amministrazione Pubblica. Ogni iniziativa, ogni progetto si deve valutare in corso d’opera e nei risultati: valutare per migliorarlo e anche per rimediare agli effetti indesiderati e/o perversi. Coltiviamo l’idea di una città dove l’intera sfera della conoscenza, i beni culturali e le pratiche condivise della quotidianità, siano determinanti per consolidare la dimensione pubblica democratica. Una comunità cresce condividendo scelte e responsabilità verso i beni comuni e la politica di cittadinanza mette in relazione i diritti culturali e sociali con il progetto di città. Il progetto di città è attuabile e diviene concreto ambiente innovativo se fa interagire i beni materiali e immateriali”.
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