August 16, 2025

Di seguito riportiamo integralmente una lettera aperta inviata da Nicola Serinelli, Sindaco di Torchiarolo, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Presidente della Regione Puglia, all’Assessore Regionale alla Agricoltura, al Direttore Dipartimento Agricoltura, sviluppo rurale e tutela dell’ambiente, all’Assessore regionale allo sviluppo, all’Assessore regionale alla Pianificazione territoriale.

 

Oggetto: Un Progetto di sistema per lo sviluppo di Torchiarolo

 

UN PROGETTO DI SISTEMA PER LO SVILUPPO DI TORCHIAROLO

 

Non dobbiamo mai giudicare ciascun giorno
in base al raccolto che abbiamo ottenuto,
ma dai semi che abbiamo saputo piantare
in ogni ambito del nostro agire umano”

 

Non si è ancora spenta l’eco del dramma vissuto dalla mia gente a causa del “flagello Xylella”.

Sono ancora vive le immagini e i volti segnati dalla dura prova che hanno dovuto subire i miei concittadini.

Interminabili giorni intrisi di forti tensioni sociali, alternati dalle lunghe notti insonni vissute dalle sentinelle avanzate (gli eroi della notte) sul fronte della difesa degli ulivi, patrimonio inalienabile del popolo del Salento e della comunità Torchiarolese.

Il vincolo dettato dal Piano Silletti, che prevedeva per Torchiarolo (dichiarato area completamente infetta), la eradicazione di tutte le piante insistenti nel raggio dei 100 metri da quella malata, ha rischiato di vedere irrimediabilmente raso al suolo l’intero territorio comunale, di conseguenza irrimediabilmente compromesso nei valori portanti della sua stessa storia.

I segni della sofferenza sono tuttora impressi negli animi delle persone e nell’economia dell’intero paese. Per far fronte alla emergenze il Comune ha dovuto sobbarcarsi sacrifici enormi anche di natura economica; la emanazione delle ordinanze che obbligavano i cittadini ad attivare le buone pratiche ha prodotto inevitabili disagi economici; accanto al mancato raccolto  la gente si è vista appesantita dagli obblighi derivanti dalla applicazione del dispositivo ordinatorio; ma l’Ente, per dare testimonianza di credibilità, è stato costretto ad attivarsi dando incarico ad altrettante ditte per dare l’esempio operando pulizie sui cigli stradali ed eradicazione di tutto ciò che poteva o avrebbe potuto procurare ulteriori danni agli ulivi.

E pensare che Torchiarolo annovera, quali capisaldi del proprio sviluppo economico/sociale, i doni più preziosi resi gratuitamente, da madre natura: terra, sole, mare ingredienti straordinari capaci di promuovere turismo alla luce anche della presenza sul territorio non solo di sei località balneari che si estendono ben oltre 8 Km di costa (Torre San Gennaro, Presepe, Miramare, Cipolla, Lendinuso, Canuta), ma anche dell’area archeologica dell’antica Valesio, nonché degli itinerari turistico religiosi con in prima evidenza la via Francigena.

Un potenziale enorme che ha dovuto subire un forte smacco a causa delle non poche responsabilità legate al citato flagello. Il tutto mentre intorno al paese si tocca con mano la possibilità di venire fuori dalla delicata situazione in cui versano i cittadini.

Lo sviluppo del turismo che sta vivendo oggi il Salento è principalmente il frutto di una unicità che il nostro territorio può offrire in termini di  agricoltura, enogastronomia, storia, arte e paesaggio; non esiste infatti un Sito del Salento dove non ci siano tutti questi elementi che rendono il luogo dove viviamo, un punto di grande interesse ed attrazione a livello nazionale ed internazionale.

Se da un lato le statistiche e il crescendo del fenomeno “Salento” stanno confermando questa positività, (che si concentra in prospettiva proprio sul nostro territorio),dall’altro ci stimolano (e stimolano soprattutto quelli che hanno funzioni istituzionali) ad assumere in tempo una posizione di Politica Territoriale capace di essere lungimirante per riportare al centro l’importanza della salvaguardia paesaggistica anche attraverso la tutela del patrimonio di ulivi, molti dei quali secolari.

La Xylella, si sa, è in grado di mutare radicalmente l’intero paesaggio e, di conseguenza, il patrimonio paesaggistico.

Viviamo fortunatamente in un territorio, il nostro, che vanta una delle più alte concentrazioni di ulivi per metro quadro del Salento, ricco di acqua nel sottosuolo, facile da coltivare, da sempre vocato all’agricoltura. Tutto ciò potrebbe essere messo a rischio se non riusciamo, non solo a dare una risposta a questa malattia, ma a dare risposte per ricreare un reddito agricolo che si è praticamente azzerato: con la globalizzazione e l’invasione di prodotti a basso prezzo, è infatti sempre più difficile continuare a coltivare gli ulivi che sono di fatto la nostra ricchezza ed il nostro patrimonio di identità territoriale.

Dobbiamo pertanto essere convinti che la soddisfazione economica dei produttori di olio debba essere il risultato di una sostenibilità dell’intero territorio che può essere raggiunta solo se iniziamo a fare tutti assieme RETE e a proporci ad un MERCATO che sarà sempre più ampio ed aperto e pertanto sempre più competitivo.

In pratica dobbiamo pensare, ma soprattutto volere, non tanto e non solo oggi di ottenere dei contributi specifici per il rilancio del nostro sistema olivicolo, ma arricchire il nostro prodotto attraverso una precisa identità territoriale, dove l’olio diventa una componente importante per attrarre un turista sempre più attento non solo alla qualità, ma desideroso di vivere un’esperienza sensoriale ed emotiva di viaggio.

Ecco perché fare Sistema fra agricoltura, turismo, arte e storia, diventa ormai l’unica soluzione per aumentare la nostra competitività olivicola.

 

Esistono molti esempi a cui riferirsi e l’Italia è ricca di prodotti che sono diventati tipici dei territori e dei territori sono diventati tipici dei prodotti come ad esempio il Brunello di Montalcino, il Chianti Gallo Nero, il prosciutto di San Daniele ecc. Il Salento, ma soprattutto noi di Torchiarolo, dobbiamo ed abbiamo la possibilità di cimentarci su un progetto ambizioso, ma allo stesso tempo  appassionante.

Il futuro dipende molto da scelte che riusciremo a fare proprio quest’anno e solo così potremo competere a livello nazionale ed internazionale facendo durare nel tempo il successo che sta vivendo in questi ultimi anni il Salento in particolare e molto meno Torchiarolo.

Ci sono troppi elementi che hanno impoverito l’agricoltura per combatterli singolarmente, e non è neppure possibile contrastare interessi comunitari e di grandi lobby che non hanno nessuna “convenienza” a tutelare la qualità dell’olio. Però oggi abbiamo una grandissima opportunità: è stato approvato il Piano Olivicolo Nazionale che da sostegno per incrementare la produzione del Made in Italy facendo leva non solo sull’incremento della produzione, ma soprattutto sulla tutela dei consumatori italiani e stranieri dal rischio degli inganni del falso Made in Italy.

Anche la legge salva/olio “Mongiello” n.9 del 2013  sta aprendo un percorso di tutela attraverso i controlli per la valutazione organolettica dei prodotti e all’attuazione delle normative legate alle verifiche della qualità dei prodotti di importazione.

Spesso si dice che la Spagna ha ormai una produzione doppia di quella italiana, ma non possiamo assolutamente paragonare i sapori del nostro olio con quello spagnolo e pertanto dobbiamo essere convinti ed essere capaci di valorizzare il nostro prodotto che è il frutto di un sistema antico che prevedeva la tutela e la crescita naturale delle piante di ulivo con sesti da 10×10 o addirittura 12×12 che permette di coltivare 80/100 piante per ettaro e non 1600/1800 come in Spagna. Basta valutare questa differenza sostanziale, per capire che il nostro olio non può essere sostanzialmente equiparato ai prezzi degli oli spagnoli. Non è neppure pensabile di non tutelare il nostro patrimonio paesaggistico con il reimpianto di  altre Cultivar che, se da un verso, garantiscono nel breve un maggiore ritorno economico, non garantiscono nel tempo la qualità, la salute e soprattutto possono sostituire il fascino del nostro Territorio attuale.

È ormai chiaro che l’esperienza spagnola ha dato conferma sull’obbiettivo quantitativo, ma non certamente sul risultato qualitativo ed organolettico dell’olio extra vergine. Va infatti messo in evidenza che per coltivare 1600 piante ad ettaro, l’impiego di prodotti chimici, sempre  dannosi alla salute, diventa indispensabile !

 

 

     Torchiarolo ha avuto un danno di immagine, e di conseguenza, economico, con la Xylella che deve essere assolutamente riparato con  un progetto di Sistema volto alla valorizzazione dell’intero territorio attraverso l’unione di azioni tutte convergenti verso lo sviluppo di una nuova identità che possa valorizzare su basi nuove anche l’olio extravergine che siamo in grado di produrre sui nostri 1.700 ca. ettari di ulivi.

Il Piano Olivicolo Nazionale, la legge Salva/olio Mongiello, il nuovo PUG sono tutti strumenti posti nelle nostre mani, ma che devono trovare in un progetto di Sistema una visione comune, capace di creare lo sviluppo economico che il nostro territorio si merita, non fosse altro perché ha sofferto sin troppo e ha persino pianto.

Da questo punto di vista, anche al di là degli strumenti di sostegno che saranno legati all’implementazione del nuovo Piano Olivicolo Nazionale  e del PSR regionale, intendo fortemente sollecitare le Autorità in indirizzo, con questa lettera, a uno sforzo ulteriore, in una direzione realmente nuova: quella dell’investimento immediato di risorse pubbliche in azioni di ricerca e di sperimentazione volte a rendere proprio il territorio di Torchiarolo un “laboratorio pubblico” per la stima, la quantificazione e l’individuazione di meccanismi giuridici di remunerazione dei servizi eco/sistemici forniti dagli uliveti tradizionali, in favore degli agricoltori-custodi del patrimonio ulivetato.

È noto che proprio l’attuale Parlamento italiano, per la prima volta nella storia, ha segnato una grande innovazione approvando la Legge n. 221 del 28 dicembre 2015 (“Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”), entrata in vigore all’inizio di febbraio del 2016.

Questa legge, oltre a riconoscere tra i propri obiettivi (art. 21) quello di “rafforzare la qualificazione ambientale dei prodotti agricoli, attraverso l’attenzione prioritaria alla definizione di parametri di produzione sostenibili dal punto di vista ambientale e della qualità del paesaggio”, ha previsto all’art. 70 la “introduzione di un sistema di Pagamento dei Servizi Ecosistemici e Ambientali (PSEA)”, affinché sia “riconosciuto il ruolo svolto dall’agricoltura e dal territorio agroforestale nei confronti dei servizi ecosistemici, prevedendo meccanismi di incentivazione attraverso cui il pubblico operatore possa creare programmi con l’obiettivo di remunerare gli imprenditori agricoli che proteggono, tutelano o forniscono i servizi medesimi”; la legge prevede che “nella definizione del sistema di PSEA siano specificamente individuati i servizi oggetto di remunerazione, il loro valore, nonché i relativi obblighi contrattuali e le modalità di pagamento” e che “siano in ogni caso remunerati i seguenti servizi: fissazione del carbonio … salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche”; la legge, infine, chiarisce che “beneficiari finali del sistema di PSEA siano i comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni, comunque denominate” e stabilisce di “introdurre forme di premialità a beneficio dei comuni che utilizzano, in modo sistematico, sistemi di contabilità ambientale e urbanistica e forme innovative di rendicontazione dell’azione amministrativa”. La stessa legge (art. 72), prevede una “strategia nazionale delle Green community” in grado di individuare “il valore dei territori rurali … che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono, tra cui in primo luogo acqua, boschi e paesaggio”, puntando sullo “sviluppo di un turismo sostenibile, capace di valorizzare le produzioni locali”.

La Legge n. 221/2015, sul punto, recepisce indirizzi forniti da tempo a livello internazionale (ONU, Millenium Ecosystem Assessment; TEEB- The Economics of Ecosystems and Biodiversity)  ed europeo (la Strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020, COM(2011) 244 e COM(2015) 478; il Settimo programma UE di azione in materia di ambiente di cui alla Decisione n. 1386/2013/UE; da ultimo, l’importantissimo documento dell’Agenzia Europea dell’Ambiente intitolato “L’ambiente in Europa: Stato e prospettive nel 2015 – Relazione di sintesi”, cd. SOER 2015, pubblicato nel marzo del 2015 e reperibile al link http://www.eea.europa.eu/soer-2015/synthesis/l2019ambiente-in-europa-stato-e ).

Se si applica alle foreste di ulivi, tipiche dell’area euro/mediterranea e in particolare della Puglia (la quale, con i suoi sessanta milioni di ulivi, di cui molti milioni plurisecolari, è la Regione con più ulivi al mondo; gli ulivi con oltre 100 anni di età localizzati nella Regione rappresentano quasi il 40% del totale nazionale), l’approccio che viene dal contesto internazionale e dai citati documenti giuridici delle istituzioni UE nonché dalla L. 221/2015, i servizi ecosistemici forniti dalle foreste di ulivi, in quanto paradigmi secolari di “capitale naturale”, non possono essere limitati solo ai “servizi di provvista, ossia di fornitura di biomasse di rilievo agroalimentare quali olive e olio, ma comprendono anche i fondamentali “servizi di regolazione e mantenimento” (ad es., formazione e composizione dei nutrienti del suolo, purificazione delle acque, conservazione di biodiversità genetica, mitigazione climatica e sequestro del carbonio, etc.) e, soprattutto, i “servizi culturali”, a partire dall’immenso valore paesaggistico, storico, antropologico e turistico in relazione alle interazioni fisiche, intellettuali, spirituali e simboliche con gli ecosistemi ulivetati (CICES, 2013).

Le istituzioni UE chiedono oggi agli Stati europei di “valutare il valore economico dei servizi ecosistemici” e “promuovere la loro integrazione in sistemi di contabilità e rendicontazione” attraverso lo “sviluppo della contabilità degli ecosistemi”, ossia la “contabilità fisica e monetaria per il capitale naturale e i servizi ecosistemici”, per pervenire a “pagamenti per i servizi ecosistemici”, e ancor più specificamente, sottolineano che “adottare una prospettiva di paesaggio e metodi di infrastruttura verdi (che abbraccino le caratteristiche fisiche di una zona e i servizi ecosistemici che essa fornisce) è un modo utile per promuovere l’integrazione tra diversi i settori delle politiche … i settori politici dell’agricoltura e della pianificazione territoriale sono particolarmente adatti a un’integrazione del genere, poiché ci sono forti interazioni tra l’uso agricolo del territorio e i processi ambientali europei e globali” (AEA, SOER 2015).

Orbene, proprio questo non è stato mai fatto, sinora, rispetto al territorio di Torchiarolo.

Nelle azioni pubbliche adottate negli scorsi anni e mesi in relazione all’olivicoltura e all’emergenza Xylella fastidiosa è stato considerato (peraltro in maniera limitata) solo il valore economico dei servizi di provvista legati alla produzione olivicola sul mercato, ma si è totalmente omesso di operare una stima valutativa del valore dei servizi eco/sistemici di regolazione, di mantenimento e di valenza culturale legati agli uliveti, per integrare questa valutazione nelle politiche di intervento a livello locale, regionale, nazionale ed europeo.

Quello che si chiede alle Autorità in indirizzo è di finanziare interventi che mettano subito il Comune di Torchiarolo in condizioni di far partire, in sinergia con il sistema della ricerca universitaria, con le organizzazioni dei produttori e le associazioni del terzo settore, una serie di progetti-pilota da sperimentare sul proprio territorio  per poi diffonderne i risultati a livello regionale e nazionale: progetti-pilota volti alla quantificazione e alla remunerazione dell’ampio ventaglio di servizi ecosistemici forniti dagli uliveti tradizionali, al fine di far tornare al centro la figura dell’agricoltore come custode di un capitale naturale che ha valore anche bioculturale. Valore che deve essere reso innanzitutto “visibile” e poi coerentemente “remunerabile” in favore, appunto, degli agricoltori-custodi, in modo da spingere soprattutto le giovani generazioni a ritornare all’olivicoltura in forma collaborativa anziché abbandonare le zone rurali a un destino di declino e frammentazione.

Questi progetti-pilota, se finanziati immediatamente, in tempi ragionevolmente ravvicinati, potranno mettere in luce l’enorme potenziale economico degli uliveti tradizionali rispetto all’attrazione di flussi di turismo responsabile legati alla bellezza paesaggistica e alle tradizioni locali e di creazione di valore sociale anche rispetto alla sopravvivenza dei nuclei rurali e di conservazione dell’eredità della civiltà contadina.

Si sottolinea che il Comune di Torchiarolo è, per le sue caratteristiche storico-socio-economiche, il candidato naturale ed ideale ad essere “laboratorio” di questa messe di progetti mirati.

L’olivo e l’olio sono infatti alle radici stesse dell’identità storica e culturale del Comune di Torchiarolo.

Citato come Torchiarolum in un documento del Quattrocento, il Comune di Torchiarolo deriva il suo stesso toponimo (e questo è di per sé eloquente) proprio dal latino torcular, -aris, ‘torchio’, riferito al gran numero di frantoi ivi in uso per la spremitura delle olive, anche per conto degli abitanti dei casolari circostanti[1].

Nel nostro Comune, la maggioranza delle attività economiche è tuttora fondata o comunque collegata agli oliveti (cfr. ad es. il “Documento Preliminare alla Progettazione per la valorizzazione e riqualificazione del paesaggio costiero del comune di Torchiarolo” del gennaio 2015[2]; il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale pugliese (PPTR), adottato con deliberazione della Giunta regionale pugliese n. 1435 del 2 agosto 2013; la “Relazione Tecnico Descrittiva Generale” del nuovo Piano Comunale delle Coste del Comune di Torchiarolo del marzo 2014)[3].

 

Questi dati sono certificati tra l’altro dall’Attestato del 18 novembre 2015 a firma del Responsabile UTC del Comune di Torchiarolo, che si allega, da cui risulta che:

–  la superficie totale coltivata ad uliveti sull’intero territorio del Comune di Torchiarolo è di circa 1.672 ettari; si tratta di un numero enorme, se si pensa che l’intera superficie del Comune di Torchiarolo è di circa 32 chilometri quadrati, pari a 3.200 ettari;

dunque, più della metà del territorio di Torchiarolo è coltivato ad uliveti;

–  vi sono circa 900 aziende olivicole nel territorio comunale, che impiegano circa 1000 persone, a fronte di circa 5.000 abitanti complessivi del Comune;

–  sull’intero territorio comunale insistono circa 200.000 alberi di ulivo;

–  di questi, almeno 2.000 sono ulivi monumentali, ossia plurisecolari;

– vi sono circa 15 aziende agrituristiche sul territorio comunale;

– sussiste una qualificata presenza nel territorio comunale di zone ulivetate soggette a vincoli archeologici e paesaggistici.

 

 

Certi della Vostra attenzione e in attesa di un Vostro riscontro, mi è gradita l’occasione per porgere i più distinti saluti.

 

Il Sindaco

Dr Nicola SERINELLI

f.to

 

 

 

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