Saluti dal bel paese dove il Si suona.
E non è solo il Si a suonare qui a Martina Franca, regina della valle d’Itria, ma anche il Do-Re-Mi-Fa-Sol-La, antiche sorelle produttrici di quella magica arte che da sempre affascina non solo il genere umano ma l’intera natura ( perfino l’armonico suono delle sfere celesti in fondo è traducibile in note musicali ).
Come un’elegante signora d’altri tempi, Martina si offre ai suoi frequentatori vestita di bianco, col suo raffinato mix di medioevo, barocco e rococò, con i tanti strepitosi palazzi d’epoca, le superbe chiese, i chiostri, gli eleganti portici neoclassici di piazza M. Immacolata.
Ma anche con un contorto labirinto di viuzze candide ricche di archi, balconate in pietra e in ferro battuto, queste ultime con la tipica foggia “spanciata”.
E poi c’è la campagna boscosa, ricca di uliveti e vigneti, punteggiata di trulli e sontuose masserie, dove è facile imbattersi in magnifici esemplari di cavalli murgesi, fieri e maestosi, come se ancora fossero i palafreni dei nobili cavalieri crociati in viaggio alla volta dell’ Oriente.
In una tale cornice , in questa preziosa perla del Mezzogiorno, quasi mezzo secolo fa, lungimiranti operatori culturali “azzardarono” l’allestimento di un festival musicale dedicato prevalentemente all’opera lirica.
Mai intuizione si rivelò più felice.
Oggi siamo qui a celebrare la 42.ma edizione del festival, kermesse sempre molto seguita e apprezzata dai melomani di tutta Italia (con la dolorosa eccezione dei brindisini). Quest’anno il festival è stato impostato su due filoni principali: La prima mondiale assoluta della Francesca da Rimini dell’altamurano Saverio Mercadante e l’omaggio al tarantino Giovanni Paisiello, nel bicentenario della sua scomparsa, con la messa in scena di due lavori.
Il primo è l’opera buffa La grotta di Trofonio, il secondo è l’irresistibile Don Chisciotte, presentato in Masseria prima nella trasferta materana del 28 luglio, in replica nella masseria Luco, qui a Martina, il prossimo 3 agosto ( ed è qui che andrò a vederla ). Attorno a queste opere ruotano raffinati spettacoli “ di contorno “, quali il classico Così fan tutte, allestito in forma semi scenica ma non per questo meno interessante, i concerti del belcanto, dello spirito, dell’ora sesta e persino del sorbetto ( pomeridiani ), e dulcis in fundo i Baccanali, opera carnascialesca-pastorale di Agostino Streffani che ho avuto il piacere di gustare l’altra sera nel piccolo e suggestivo Chiostro di San Domenico.
Scene semplici ma raffinate, tutte in bianco valle d’Itria, movenze armoniose come quelle dei due danzatori presenti in scena su un’originale passerella inclinata e una musica ricca di melodia e pathos che, specie nella parte finale, ha estasiato il numeroso pubblico, affascinato dalla leggerezza di quella magica Arcadia d’antan. Per me, appassionato melomane amatoriale, una grande emozione e un vivo godimento intellettuale e spirituale. Medesime sensazioni ho vissuto anche nelle altre serate, specie in quella di domenica scorsa, nell’atrio del Palazzo Ducale, in occasione della messa in scena de La grotta di Trofonio di Paisiello, compositore che conoscevo poco e che ha rappresentato per me una gradita sorpresa.
Musica brillante, effervescente, con echi mozartiani e sapienti, collaudate, architetture armonico-strumentali tipiche della scuola napoletana.
Molto belli i concertati del II atto che, trent’anni dopo la composizione paisielliana, credo abbiano influenzato anche le creazioni rossiniane. Oltre alle voci, tutte molto belle (una menzione particolare per il basso Roberto Scandiuzzi, Trofonio e per la mezzosoprano Benedetta Mazzucato, Dori), degna di nota l’ innovatrice regia di Alfonso Antoniozzi che ha trasposto l’arcaico mondo greco ai primi del ‘900, giocando con meccanismi teatrali attuali tramite citazioni e invenzioni di genio ( il Pulcinella trasformato in Ciccio Formaggio e una coppia napoletana settecentesca in un duo da avanspettacolo con tanto di passetti alla De Vico-Campori).
E poi un singolare impianto scenografico ( enormi pagine di volumi posizionate come quinte, comparse in clamide greca in contrasto con tutti gli altri personaggi in costumi del ‘900, ecc.) Ritmo, movimento quasi da pochade, luci e costumi fantasiosi al pari della regia. Tutti ingredienti ben dosati che, se non ho visto male, hanno portato anche il generalmente compassato prof. Foletto, presente in prima fila, ad applaudire con convinzione a fine spettacolo. (Nota di cronaca: l’opera è stata ripresa integralmente da Rai 3, al pari dei Baccanali, della Francesca e di Così fan tutte).
E’ la magia dei ” giochi ed abissi di Eros” allestiti nel programma 2016 del 42.mo festival della valle d’Itria, qui a Martina Franca, Puglia, Italy. Ieri sera, salutando il vecchio Presidente Franco Punzi, immortale istituzione martinese, mi sono sentito dire, non senza una nuance d’ironia “ Mi saluti Brindisi e i brindisini, gente schietta e simpatica, almeno lo erano, perché mi pare di non vederne da un pezzo”. Ho a mala pena abbozzato una qualche difesa invitandolo al nostro prossimo “Barocco festival”. Per ora, da qui a settembre, andrò avanti con le “arie” che sto conservando in apnea, in attesa del nuovo rigenerante pneuma che ci fornirà il nostro bravo M.° Prontera, creatore e gran sacerdote della prestigiosa rassegna brindisina. Intanto mi godo la bella Martina.
Hic manebimus optime, tra una grigliata al “Sagittario” e una granita al “Tripoli”, almeno fino all’ultimo giorno di festival.
Saluti dalla valle d’Itria.
Gabriele D’Amelj Melodia
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