C’è chi il basket lo ha vissuto, chi lo ricorda, chi lo segue da lontano. E poi c’è chi, come Roberto Cordella, a 68 anni, continua a viverlo ogni giorno, con la stessa dedizione di sempre.
Ex playmaker di razza, protagonista sui parquet di Serie A1 e A2 con le maglie di Brindisi, Forlì e Napoli, Cordella ha collezionato 14 presenze e 33 punti con la Nazionale Italiana. Una carriera splendida, costruita con talento, tecnica sopraffine e rara intelligenza tattica, che lo ha reso uno dei personaggi più amati di sempre nel basket brindisino.
Ma è ciò che fa oggi a raccontare meglio di qualsiasi statistica il suo legame con questo sport e la sua città.
In una mattina torrida di fine luglio, lo si trova in Piazza Santa Teresa, campo assurto a simbolo della pallacanestro cittadina.
Porta con sé una scala da casa, la appoggia al ferro e, sotto il sole, si arrampica per sistemare la retina del canestro.
Nessuna cerimonia, solo la naturalezza di un gesto che per lui è normale quanto tirare un libero.
Ed è solo un caso che la telecamera di un telefonino lo immortali. Chissà quante volte avrà ripetuto quel gesto.
Quel campo, oggi luogo di ritrovo per tanti ragazzi, è anche il suo rifugio quotidiano. Lo si vede spesso lì, a giocare, insegnare, osservare. Sempre con discrezione, sempre con quella silenziosa intensità che ha caratterizzato tutta la sua carriera.
E grazie anche a gesti come il suo, il campetto di Piazza Santa Teresa resta vivo: per tutta la giornata è frequentato da giovani che si sfidano, si allenano, imparano a conoscersi e a giocare insieme. Un punto di incontro e di crescita, dove lo sport è ancora un collante reale della comunità.
Il suo gesto è un atto d’amore. Verso uno sport che non ha mai smesso di essere casa sua. Verso una città che lo ama, e alla quale lui continua a restituire, con la stessa umiltà e lo stesso trasporto con cui affrontava ogni partita.
Roberto Cordella è il basket. Ed oggi, più che mai, rappresenta un esempio autentico di cosa voglia dire appartenere davvero a una comunità sportiva.
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