La vicenda della pista ciclabile di viale Aldo Moro e viale Togliatti arriva sotto la lente della magistratura contabile.
Nelle ultime ore la Guardia di Finanza ha acquisito dagli uffici comunali tutta la documentazione relativa ai progetti finanziati con il programma “Primus” del ministero dell’Ambiente, avviati durante l’amministrazione Rossi. L’intervento su viale Aldo Moro era stato sostenuto da 450mila euro di fondi ministeriali e 150mila euro di cofinanziamento comunale.
L’ipotesi al vaglio sarebbe quella di un possibile danno erariale, legato allo smantellamento della pista realizzata e poi rimossa dopo anni di contestazioni, ritardi, sospensioni e varianti.
Una questione che il consigliere comunale indipendente Roberto Quarta solleva da tempo, denunciando criticità tecniche, amministrative e finanziarie che a suo avviso avrebbero penalizzato sia il quartiere sia le casse comunali.
La rimozione della pista di viale Aldo Moro – iniziata una ventina di giorni fa dopo una lunga battaglia politica e sociale sostenuta da residenti, commercianti e associazioni di categoria come Confesercenti – è ancora in corso e rientra in un intervento definito di “manutenzione straordinaria”, finanziato con 176mila euro prelevati dal fondo di riserva. Un’operazione che non chiude la partita:
«Restano da chiarire responsabilità e danni economici che ricadono sui cittadini» aveva ammonito Quarta al momento della delibera di giunta.
Parallelamente, la Guardia di Finanza ha richiesto documenti anche per la pista ciclabile progettata su viale Togliatti, anch’essa al centro di un cantiere travagliato, segnato da ritardi, risoluzioni contrattuali e proteste diffuse. Alla fine quel progetto è stato abbandonato e si è proceduto al ripristino delle condizioni originarie, ma ora l’attività investigativa della Corte dei conti mira ad accertare se, e in quale fase, possano essere ravvisate responsabilità tecniche o amministrative.
Quarta, che sul tema ha “fatto parecchio rumore”, porterà in Consiglio comunale – nella seduta del 28 novembre – una nuova interrogazione su tutta la vicenda. Nel documento chiede chiarimenti puntuali:
se siano state applicate penali e avviate azioni risarcitorie nei confronti della prima ditta esecutrice risultata inadempiente;
se il Comune abbia incassato la fideiussione presentata a garanzia dei lavori;
quali penali contrattuali siano state attribuite alla seconda ditta e per quali motivi le sia stato revocato l’incarico;
chi debba sostenere i costi della rimozione dei manufatti: il Comune o le imprese inadempienti;
da quale capitolo di spesa siano state attinte eventuali risorse comunali;
se l’amministrazione abbia stimato o accertato danni erariali legati all’iter complessivo dei lavori.
Sul fronte istituzionale resta un elemento decisivo: l’attuale amministrazione ha ottenuto dal ministero dell’Ambiente l’autorizzazione a rimodulare il tracciato ciclopedonale, spostandolo lungo l’asse La Rosa – piazzale Spalato per garantire un collegamento più funzionale tra il quartiere e il centro cittadino. Lo stesso ministero che aveva finanziato la prima versione dell’opera ha quindi concesso varianti, utilizzo delle risorse residue e una proroga di 96 mesi per la rendicontazione.
Una vicenda lunga e complessa, che oggi si arricchisce di un nuovo capitolo giudiziario e che chiama in causa anni di scelte politiche, errori tecnici, tensioni con i residenti e investimenti pubblici ancora da valutare nella loro effettiva ricaduta. La Corte dei conti farà chiarezza; nel frattempo la città attende risposte – e responsabilità – da accertare fino in fondo.

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