Scoppia la polemica a San Pietro Vernotico.
Motivo del contendere è la circolare emanata dalla Dott.ssa Loreta Chirizzi, Dirigente Scolastica dell’Istituto Comprensivo di San Pietro Vernotico che obbliga gli alunni della scuola secondaria di I grado ad adottare una uniforme scolastica.
Come se non bastasse i genitori dei ragazzi dovranno obbligatoriamente acquistare i capi forniti da una ditta di Cellino San Marco, individuata al termine di una procedura di gara informale fra diverse aziende del territorio.
Gli alunni dovranno acquistare e vestire i seguenti capi: Maglia Bianca a manica corta (€. 6.00 + IVA), Maglia Bianca a manica lunga (€. 6.50 + IVA), Felpa con cappuccio (€. 15.50 + IVA).
La circolare, infine, informa che, a partire dal 9 gennaio 2017 (rientro delle festività natalizie) gli alunni che non indossasse l’uniforme saranno sanzionati con provvedimenti disciplinari.
La scelta del Dirigente ha fatto infuriare i genitori che hanno inviato una dura nota nella quale contestano fermamente la decisione e chiedono l’immediata revoca in autotutela.
Per i genitori “il deliberato è assolutamente illegittimo” e viola “numerose norme di legge e principi fondamentali“. In particolare -si legge nella denuncia dell’avvocato che rappresenta le famiglie sampietrane – :
1) Il tentativo di eliminare le differenze che potrebbero emergere tra i diversi ceti sociali costringendo tutti ad indossare lo stesso tipo di abbigliamento porta ad effetti distorsivi diametralmente opposti. Numerose famiglie assolutamente indigenti, che riescono ad assicurare ai propri figli il sostentamento minimo e che vestono i figli con abiti ottenuti dalle associazioni di volontariato che raccolgono usato in buono stato, non acquisteranno mai i capi di abbigliamento perché impossibilitati. Devono scegliere tra l’assicurare ai figli gli alimenti od acquistare il vestiario richiesto. I ragazzi provenienti da tali famiglie vestiranno per necessità in maniera differente rispetto al resto degli alunni e saranno quindi ancor più discriminati, individuati e vessati;
2) Il paradosso è poi l’aver previsto addirittura una sanzione disciplinare in danno dei ragazzi che non osserveranno l’obbligo di vestire come deciso dall’organo collegiale: si punisce un ragazzo perché il genitore non acquista il vestiario? Si intende costringere un minorenne a subire una sanzione da lui non voluta, e assolutamente inevitabile nel momento in cui la famiglia è impossibilitata ad acquistare gli abiti od ha deciso scientemente di non provvedere all’acquisto.
3) Non è possibile prevedere una sanzione per la violazione di siffatto ordine od imposizione: ritengo che gli insegnanti e/o il dirigente e chiunque partecipi a tale procedimento sanzionatorio ponga in essere il reato di abuso di mezzi di correzione (se si ritiene la sanzione legittima), o maltrattamento (se si ritiene illegittima), anche perché il ragazzo indigente non solo non potrà rispettare, suo malgrado, l’obbligo imposto, ma sarà ridicolizzato e vessato da una sanzione disciplinare ingiusta e rispetto alla quale non avrà responsabilità dirette e personali, ma come conseguenza di decisioni altrui. Siamo all’antitesi dei principi ispiratori della normativa che regolamenta la sanzione laddove la gradualità della stessa è legata al comportamento dell’alunno (e non dei suoi genitori) non conforme al regolamento;
4) Con l’obbligo in questione si è di fatto inserito una sorta di contributo obbligatorio per le attività connesse all’assolvimento dell’obbligo scolastico in violazione ai principi di obbligatorietà e gratuità previsti dalla norma nell’ambito di un Istituto comprensivo (e quindi in fase di scuola dell’obbligo). Per legge potrebbero essere previste solo contribuzioni volontarie, ma nella fattispecie la minaccia di sanzioni disciplinari rende un acquisto obbligatorio e non già facoltativo: per assurdo ai ragazzi che non hanno un libro di testo non si applicano sanzioni (anzi lo Stato aiuta con i contributi le famiglie bisognose), per poi punire i ragazzi che non si vestono in maniera omogena a loro spese. Si è dissimulato con l’obbligo di acquisto della divisa un contributo di fatto obbligatorio (se non vi assolvo sottopongo mio figlio a sanzioni disciplinari). Rappresenta quindi un vero e proprio abuso d’ufficio (o violazione del dovere di ufficio) subordinare o porre a repentaglio o magari solo pregiudicare l’esito dell’anno scolastico sotto il profilo del profitto all’assolvimento di un obbligo di tal fatta con costi a carico delle famiglie. Si tenga conto che in molti bandi il profitto entra a pieno titolo del computo del punteggio per essere utilmente inserito nelle graduatorie.
5) È stato proposto un patto educativo accettato dalla famiglia in fase di iscrizione a scuola che non prevedeva tale obbligo e che non può essere mutato in corso di anno prevedendo palesi illegittimità.
Con la nota inviata alla dirigente i genitori invitano a revocare in autotutela il provvedimento illegittimo e fanno sapere di non voler acquistare i capi di abbigliamento secondo le imposizioni “illegittime e contrarie finanche ai precetti Costituzionali di libertà, eguaglianza e diritto allo studio”. Inoltre diffidano “ad adottare sanzioni di qualsivoglia genere e tipo in danno di coloro i quali non indosseranno la divisa scolastica, rimarcando che ogni differente azione e/o comportamento sarà portato nelle opportune sedi in sede civile (e quindi risarcitorio), penale ed ammnistrativo”
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