“Terre che hanno confini unite da mari che non hanno muri, e musiche ci uniscono a popoli che cercano la loro libertà”. Parole del cantautore brindisino Rino Pisani frapposte ai testi del suo nuovissimo album, a voler dichiarare gli intenti poetici (e non solo) di un lavoro intenso e affascinante.
Può dirsi un concept, per omogeneità stilistica e coerenza tematica: lacerti di quotidianità, barlumi remoti di un’infanzia (perduta?) recuperati da una memoria comune, da una tradizione sbiadita che rischia di smarrirsi, da un’identità collettiva non sempre ritenuta tale, eppure solida e presente solo a volerla vedere, riconoscere, valorizzare.
È ciò che fa Rino Pisani (peraltro pregevole chitarrista) con la sua musica e le sue liriche, portando al tempo presente espressioni tradizionali, tratti vernacolari, immagini e stati emotivi che alternano la nostalgica tenerezza del lessico familiare, della nenia e della filastrocca alla callosa durezza della tradizione marinara, quella dell’uscita in mare per la pesca con lenze e reti, dell’asprezza del maestrale, della mollezza dello scirocco. Si affianca, a tutto questo, il tentativo riuscito di affrontare in chiave poetica temi contemporanei di impegno civile e l’attenzione ai popoli oppressi, al loro desiderio di fuga da restrizioni, alle loro rivendicazioni, al loro desiderio di libertà.
Frutto di una registrazione “itinerante” (Brindisi, Lecce, Caserta, Reggio Emilia, Milano e Parigi), “Anima libera” è ricco di presenze importanti: da Fausto Mesolella e Jamal Ouassini ad alcuni tra i maggiori musicisti pugliesi, quali Mimmo Epifani e i brindisini Antonio Bruno, Cosimo Romano e Pino Romanelli (coautore di due brani del disco), per fare qualche nome.
Le tessiture musicali sono riconducibili al solco della tradizione popolare mediterranea rivisitata in chiave contemporanea e intrisa di suggestioni arabeggianti.
Notevole la tensione creata dalle percussioni cadenzate e dal “basso continuo” di archi e contrabbasso in “Controra”.
Il pathos di echi, fraseggi, voci e suoni portati dal vento dell’Est, il racconto di un esodo, di una rivolta, del bisogno di libertà, ci riportano allo sbarco in massa degli albanesi (“Anima libera”) e alle rivoluzioni delle piazze nordafricane (“Primavera araba”).
La ritmica incalzante (eccellenti Cosimo Romano al contrabbasso e Antonio Bruno alla chitarra elettrica), il suggestivo impasto vocale e un testo di forte impatto fanno de “La Umba” uno dei momenti migliori di un disco che comunque non presenta cedimenti se non in rarissime, malcelate concessioni a una velata retorica.
E poi la lingua. Pisani canta nel suo brindisino, ne trae l’essenza, ne trasfigura le sonorità e i cromatismi, ne ricava congiunzioni lirico-fonetiche con esiti originali, assonanze inedite, in piena coerenza con la musica: “settigiacchetti settigiacchetti/voia veloci cu ti maniesci” (“Settigiacchetti”), “e stamu bueni cussì comu stamu/stau a santa paci cussì comu stau” (Controra”), “la umba la umba/mo’ ca veni la umba/faci passi senz’ombra” (“La Umba”), e ancora “e sciandili bedda mia/e sciandili a pponta a’ mari/e vistiti comu sia sia …” (“Sciandili”).
Merita un inciso anche il packaging, stante la grafica accattivante e il gradevole corredo iconografico; l’immagine di copertina è di Galiano Lombardi, mentre quasi tutte le foto che fanno da sfondo ai testi sono dello stesso Rino Pisani.
È un disco bello, di quelli che restano: è forse esagerato dire che lascerà un segno nelle nostre anime libere?
Domenico Saponaro
No Comments