L’Appia-Traiana, prolungata nel Medioevo da Brindisi ad Otranto, assicurava i collegamenti tra questo porto e il resto d’Italia. Su questa strada ci offre preziose testimonianze l’Itinerarium Burdigalense, una singolare guida per pellegrini, che si riferisce agli anni 333-334 d.C. In essa un pellegrino di Bordeaux, dopo avere visitato la Terra Santa, ritornando nella sua città annota scrupolosamente le mutationes (posti in cui si cambiavano i cavalli) e le mantiones (dove i viaggiatori potevano sostare per mangiare e dormire).
Ma la cosa più sorprendente che si rileva dal diario è la notizia che le vie di comunicazione erano facilmente percorribili. Infatti, a causa della unicità dei mezzi di trasporto (cavalli, asini e muli) e della serietà dell’ANAS di quei tempi (la Roma del periodo repubblicano), non c’erano differenze nei tempi di attraversamento tra le zone interessate dalla grande arteria. Nel senso che la velocità nei viaggi era uguale sia che si percorresse il tratto iniziale della “regina viarum” che quello della Daunia, della Peucetia e della Messapia.
Purtroppo oggi la situazione dei collegamenti è peggiorata, allargando sempre più la forbice delle condizioni di vita tra nord e sud del Paese. Tanto che, in questi giorni, si parla di una crisi di mobilità nel Salento. E naturalmente il caso scoppia in pieno boom turistico.
Classico esempio, questo, di una mancanza di programmazione. Ma perché riesce così difficile il programmare? Perché le programmazioni e le pianificazioni, anche quelle a breve termine, portano poca “visibilità” ai signori amministratori, oltre a un esborso di denaro che è più redditizio destinare ad eventi con un “ritorno” al momento del rinnovo delle cariche pubbliche.
Così succede che Comuni e Consorzi di bonifica “dimenticano” di eseguire la pulizia di argini, canali e tombini in estate, cioè nel momento in cui più agevole sarebbe l’intervento a causa della scarsa presenza di acqua. Infatti, se così si facesse si ridurrebbero i danni materiali (e la perdita di vite umane) provocati dalle esondazioni e tracimazioni autunnali ed invernali.
Parimenti – in primavera – anche l’Acquedotto Pugliese “dimentica” di fare la manutenzione delle condotte, le più lunghe e vecchie d’Europa. Da qui scaturisce l’insorgenza della endemica siccità nella stagione calda.
Mancanza di programmazione, dunque! La riprova? La riunione tenutasi il 2 agosto (sic!) presso la Regione per affrontare un’altra emergenza, quella della mobilità nel Salento. Una riunione scandalosamente tardiva che ha partorito l’unico provvedimento possibile: l’impegno di dotare il parco autobus di 36 mezzi aggiuntivi e di altre 18 corse giornaliere sulle linee Lecce-Otranto, Lecce-Gallipoli e Lecce-S. Maria di Leuca. Un impegno-palliativo con una scadenza ben precisa: 9 settembre!
Nessuna decisione, invece, è stata presa per aumentare i collegamenti tra l’aeroporto di Brindisi e Lecce!
E il bello – meglio sarebbe dire, il brutto – è che il presidente della Provincia di Lecce e i sindaci delle località turistiche interessate hanno dovuto accettare queste decisioni forse perché sperano che a settembre si risolveranno veramente i problemi.
Come quello dell’installazione sulle linee ferroviarie della Sud Est del sistema di sicurezza Scmt che permetterebbe di aggirare il limite dei 50 chilometri orari. In effetti i lavori sono iniziati, ma i cantieri sono partiti da Bari mentre a Lecce saranno avviati successivamente e completati alla fine del 2019. Il che significa altre due stagioni turistiche con treni lumaca e altri due anni di disagio per i pendolari salentini. E non si venga a dire che il mio è il solito lamentoso rivendicazionismo contro il “baricentrismo”!
In più c’è anche il problema della metropolitana di superficie finora osteggiata dalle Ferrovie Sud Est a favore dei treni a diesel e degli autobus. Quando è fuor di dubbio che l’elettrificazione delle linee sia invece la soluzione migliore per una mobilità sostenibile ed efficace. Prima di tutto perché le arterie stradali non sono in grado di sopportare il traffico ordinario, specie quello estivo. E in secondo luogo per motivi di carattere ambientale: più bus equivalgono, a causa di una più forte emissione dei gas di scarico, ad un maggiore inquinamento.
Si è fatto tanto per affermare in Europa (e non solo) il brand del Salento e, bisogna riconoscerlo, anche con ottimi risultati vista l’invasione in atto di migliaia e migliaia di turisti, vip e non. Ma come si fa a non avere previsto che i voli low cost (che la Regione paga a Ryanair a suon di milioni di euro) e le bellezze naturali, a lungo andare, saranno insufficienti ad invogliare i turisti a spingersi fin quaggiù?
Come si fa a chiudere entrambi gli occhi di fronte all’emergenza permanente del trasporto “indecente” che riguarda studenti e lavoratori nel corso dell’intero anno?
Come si fa ad avere accettato supinamente la vergognosa decisione di Trenitalia di sopprimere un Frecciarossa concessoci per qualche mese e limitatamente ai fine settimana, mentre lasciava inalterati i collegamenti super veloci tra Milano e Bari? E anzi regalava a Bari, grazie all’intraprendenza del suo sindaco, un treno super veloce e senza fermate fino a Roma?
Anche questo è un lamentoso baricentrismo o non piuttosto l’amara constatazione che il sud del Sud continua ad essere ignorato da chi, istituzionalmente, ha il dovere di pensare al benessere di tutto il territorio, non solo di quello della città metropolitana?
E perché è ancora in alto mare il progetto di interoperabilità, vale a dire l’opportunità di viaggiare da nord a sud della Regione, dalla provincia di Foggia a quella di Lecce senza dovere cambiare convoglio?
A questo punto c’è da chiedersi perché – prima ancora di “vendere” il territorio nelle costose borse internazionali del turismo – non si è pensato a realizzare i pilastri fondamentali su cui poggia il turismo moderno (non più quello “fai da te” del famoso spot televisivo) e la policy del mondo contemporaneo.
Mi riferisco alla velocità e all’efficienza nelle connessioni virtuali e nei collegamenti reali tra territori e all’interno dei territori. Velocità ed efficienza delle infrastrutture materiali ed immateriali rappresentano le condizioni base della competitività in tutti i settori, dal turismo, ai servizi, alla cultura, alla ricerca, alla formazione.
Se non si è collegati, o si è malamente collegati – virtualmente e fisicamente – con il resto del mondo tutto risulta inutile ai fini dello sviluppo del territorio. Se si pensa che la Banda ultra larga per la comunicazione ad alta velocità, allo stato attuale, è presente solo a Bari (ancora Bari!) e che solo nei giorni scorsi il Comune ha appaltato alla Società Open Fiber i lavori da realizzare a Brindisi, c’è da concludere che siamo messi molto male e che la bomba-turismo, a meno di un cambiamento di mentalità, è destinata a diventare un artifizio pirotecnico bagnato.
Tornando al problema della mobilità un discorso a parte merita il collegamento con uno shuttle tra la Rete RFI e l’aeroporto del Salento. Come si è detto, nella riunione del 4 agosto, la questione non è stata nemmeno affrontata. Male! Perché i disagi per il turista iniziano proprio al momento dell’arrivo a Brindisi. Un paio d’ore per coprire la distanza dal Nord Europa e cinque/sei ore per raggiungere le località più gettonate del Salento!
Forse non se n’è discusso perché, con un finanziamento già stanziato dal CIPE per un importo di 40 milioni e con l’inchiesta ancora in corso della Procura sugli affidamenti diretti da parte del Comune di Brindisi, la realizzazione del collegamento è ancora in alto mare.
E pensare che il progetto è andato avanti nonostante le contestazioni dei gruppi di minoranza del Comune e le osservazioni dell’Ordine degli architetti di Brindisi, entrambi d’accordo sull’inutilità del sistema di collegamento tra aeroporto e Stazione ferroviaria essendoci già una linea della Stp che svolge analogo servizio.
La soluzione ideale per l’aeroporto del Salento sarebbe stata quella a suo tempo adottata per il Karol Wojtyla di Bari: un collegamento su strada ferrata tra l’aeroporto e la Stazione ferroviaria. Perché questa differenza? No, non parlerò più di baricentrismo. Mi sto convincendo sempre più che si tratta di casualità…
Possibile che non si capisca che il trasporto passeggeri con gli autobus presenta tutti gli inconvenienti dei trasporti su gomma? Come mai il CIPE ha elargito a cuor leggero 40 milioni? Non sarebbe il caso di restituirglieli accompagnati da un bigliettino di ringraziamento? Perché spendere denaro pubblico per un servizio che, a priori, si avverte fallimentare? Faremmo un servigio al Paese ed un altro alla nostra coscienza di bravi cittadini.
I più ottimisti sono dell’avviso che il 9 settembre dal tavolo dei servizi presso la Regione verranno fuori le soluzioni che, a breve e medio termine, porteranno il sereno nel cielo burrascoso della mobilità nel Salento. Invece io, che sono un realista, penso che Cristo – non so per quali insondabili ragioni – abbia trovato conveniente, dopo la tappa di Eboli, concludere il tour a Bari.
Guido Giampietro
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