May 7, 2025

Genere: shoegaze

Gli Horrors emersero dalla scena musicale inglese nel 2007 con Strange House, disco di garage-punk a tinte dark-orrorifiche che valse loro l’appellativo di (ennesima) next big thing (aggettivo che la stampa musicale d’oltremanica sembra utilizzare con una frequenza a dir poco eccessiva). Benché l’esordio avesse di fatto spianato loro la strada della classifiche inglesi, gli Horrors decisero di abbandonare la mascherata dark-glam, in favore di soluzione musicali profondamente debitrici verso la scena new wave. Frutto di questa nuova rotta artistica furono gli apprezzabili Primary Colours e Skying. La nuova fatica del quintetto inglese, Luminous, prosegue il discorso avviato con i due precedenti album, impreziosendosi di una maggiore esperienza compositiva e di una impostazione stilistica che ruota attorno alla fusione fra synth e chitarre, evocando gli spettri dei connazionali My Bloody Valentine. Luminous però è un disco dotato di una propria personalità, che aggiunge alla new wave massicce dosi di psichedelia, rappresentando una ulteriore evoluzione sonora all’interno della discografia Horrors. Brano esemplificativo del nuova impostazione psichedelica è “First Day Of Spring” dove le chitarre dell’introduzione diventano un’unica cosa con i synth, creando un tappeto sonoro che si spezza nel finale, per lasciare nuovamente spazio alle melodie chitarristiche. “Falling Star” è invece un tributo ai Jesus And Mary Chain più scanzonati. Come suggerisce il nome stesso dell’album, Luminous è un disco cromatico, che ha molto di new wave ma poco di dark, svincolando definitivamente gli Horrors dal background degli esordi. Gli strumenti dialogano per creare pattern sonori prevalentemente solari e frastornanti ovvero psichedelici. Per certi versi si potrebbe dire che gli Horrors si muovono verso la sinteticità degli Ultravox, strizzando l’occhio al pop di “I See You” e “So You Know”, con l’attitudine dei Jesus And Mary Chain. Luminous è un album intelligente, forse anche sornione nello schiacciare i giusti tasti delle combinazioni da classifica, che denuncia però alcuni limiti compositivi che gli vietano di imporsi come must have. Ne sono un esempio la sfocata “Chasing Shadows” e la facilona “In And Out Of Sight”, mentre “Sleepwalk” chiude il disco su toni sommessi che passano del tutto inosservati. Indipendentemente dagli allori e gli incensi della stampa inglese, Luminous rimane un album godibile ma siamo ben lontani dal capolavoro.

James Lamarina

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