May 7, 2025

Mark Dery definisce il tecnopaganesimo come “il punto in cui il neo paganesimo (un termine onnicomprensivo che indica una varietà di religioni naturali politeistiche contemporanee) e la new age confluiscono con la tecnologia digitale e la cultura informatica estrema.”1

Le figure coinvolte i questo culto sono soprattutto gli addetti ai lavori nel campo delle nuove tecnologie: hacker, programmatori, ingegneri ed informatici, tutti soggetti che vivono a stretto contatto con tecniche che la maggior parte degli individui comuni o ignora del tutto o comprende a stento. Si potrebbe dunque considerare il tecnopaganesimo quasi come un credo elitario, aperto solo a chi lavora con le ICT; secondo Formenti una possibile spiegazione risiede nel fatto che solo gli addetti ai lavori riescono a “meravigliarsi della potenza delle nuove tecnologie. Ciò avviene perché più di ogni altro sono in grado di apprezzarne l’incredibile complessità, ma soprattutto perché, a mano a mano che tale complessità sfugge al loro controllo, si sentono simili agli antichi sciamani, si rendono cioè conto che il loro mestiere, comincia a somigliare a un bricolage empirico fondato sull’intuito, piuttosto che a una rigorosa pratica di ingegneri.”2

Punto di partenza della spiegazione delle origini del tecnopaganesimo, potrebbe essere la massima dello scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke, secondo il quale “qualunque tecnologia sufficientemente progredita è indistinguibile dalla magia”. Seguendo il percorso logico di Clarke è possibile scoprire le radici del culto nell’infittirsi delle trame del progresso scientifico, dove una tecnica eccessivamente complessa sfugge ad una definizione esaustiva anche fra gli addetti ai lavori. Viene così a crearsi un residuo di conoscenza, la quale è refrattaria a qualunque spiegazione ed è in questa zona d’ombra, che si annida la magia da cui il tecnopaganesimo trae la propria linfa vitale. La magia è una forza che solo gli stregoni possono comprendere, senza tuttavia svelarne ogni recesso, così come i tecnopagani, tecnostregoni moderni impegnati a padroneggiare un sapere scientifico criptico.

Principale strumento dei rituali tecnopagani è il computer, il tecnolibro degli incantesimi. Il PC è la bacchetta magia della postmodernità, poiché permette di alterare la realtà, attraverso la manipolazione di simboli (programmi, pagine web).

La “nuova magia” può esistere solo in una società totalmente digitalizzata come la nostra, dove una visione mistica e stregonesca dei nuovi media trova una sorta di legittimazione in un mondo che migra sempre più verso il virtuale.

Il personal computer “magico” può essere interpretato come il tentativo del tecnopaganesimo, di rispondere alla complessità contemporanea, d’altronde il mitico e il soprannaturale sono sempre stati baluardi, che l’uomo ha eretto, per spiegare e allo stesso tempo proteggersi, da ciò che trascende la sua comprensione.

Se il PC è il libro degli incantesimi, Internet è il luogo del gran consiglio tecnopagano, il tempio in cui i credenti si riuniscono. Davis, al riguardo, nota come i tecnopagani siano stati i primi internetnauti della storia, “molto prima che il world wide web e la rete cominciassero ad ospitare una quantità spropositata di informazioni sui temi occulti […] Nei tardi anni ’80, centinaia di BBS di pagani elettronici hanno punteggiato il territorio […]”3.

Proprio online emerge un tratto distintivo del culto: la sua carica controculturale e ne è un esempio il TOPY (Temple Of Psychic Youth), il tempio della gioventù psichica. Il TOPY è un’organizzazione molto attiva sulla rete che “riprendendo liberamente le paure sollevate da […] Adorno e altri critici della cultura moderna […] Considera il mainstream della società nient’altro che un sistema totalitario di controllo […] Gli adepti del TOY cercano di imbrogliare la società dello spettacolo, rompendo i suoi incantesimi ideologici con la magia atavica”.4

Uno dei rituali TOPY consiste nel fissare i pixel grigi di un canale morto della tv, sino ad avere visioni derivanti da particolari configurazioni di questi pixel, in grado di far emergere nuove realtà. Un tentativo di penetrare nell’essenza del media, percependolo in un modo differente da quello imposto dalla società dello spettacolo.

I tecnopagani si battono contro i monopoli della conoscenza e i mezzi di controllo, ricollegandosi direttamente ai movimenti controculturali e hacker, poiché ambiscono alla creazione di una società democratica, ricorrendo, però, alla magia intesa come forza refrattaria al controllo totalitaristico.

A livello letterario importante è il contributo di William Gibson, testimonianza di come il cyberpunk sia qualcosa di molto più che semplice letteratura. Formenti al riguardo sottolinea che, in un romanzo gibsoniano, Giù nel ciberspazio “viene descritto […] Una sorta di “brodo primordiale” [virgolette del testo originale], capace di generare nuove forme di vita, creature dotate di bizzarri poteri che Gibson assimila a divinità voodoo, provocando un geniale cortocircuito letterario fra hitech e sciamanesimo haitiano.”5

In questo senso Gibson ha trasposto a livello letterario le credenze tecnopagane, che tendono ad animare la tecnica con forze magiche occulte.

Per concludere, non bisogna cadere nell’errore di considerare il tecnopaganesimo una variante del tecnognosticismo. Quest’ultimo si caratterizza per una forte componente trascendentale, che lotta incessantemente con la natura biologica dell’essere umano; una filosofia che, riprendendo la sagace definizione di Dery, può essere definita “teologia del seggiolino eiettabile”, poiché ha l’obiettivo di “espellere” la coscienza dal corpo.

Il tecnopaganesimo è, invece, animato da sentimenti e finalità immanenti, il culto è un nuovo modo di interpretare la macchina, la quale, come nei riti voodoo, diventa una “magia” attraverso cui alterare la realtà in senso positivo, indirizzando l’uomo verso la libertà e la democrazia. Molto utile è in questa direzione, l’analisi di Formenti: “i tecnopagani […] Con la loro religione magica empirica e concreta, così simile al bricolage degli antichi stregoni [rappresentano] una rivincita sulle cose e dei corpi […] Contro le astrazioni metafisiche della trascendenza”.6

Il tecnopaganesimo è, dunque, un culto profondamente terreno, che non vaneggia astratti piani metafisici che alienano l’uomo da ciò che egli è, ma che si sforza di arricchire l’esperienza umana, con elementi che sfuggono alla mera ragione strumentale postmoderna.

1 Ibidem, p.57

2 Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, p.97

3 Erik Davis, Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione, tr. it., Ipermedium, Napoli, 2001, p.196

4 Ibidem, p.198

5 Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, p.101

6 Ibidem, p.101

James Lamarina

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