May 6, 2025

Nella mattinata di ieri, 27 gennaio, a seguito di una segnalazione, un gruppo di intervento Ispra/Arpa Puglia, coadiuvato da personale specializzato nell’intervento veterinario su questo gruppo di animali della stazione zoologica di Napoli, è intervenuto sul posto.
La zona era stata presidiata dalle autorità competenti della Guardia Costiera, dai Carabinieri Forestali e delle Forze dell’Ordine locali. L’esemplare si presentava in stato emaciato, letargico (bassa reattività agli stimoli), dispnoico (difficoltà nella respirazione) anemico ed apatico. Sono stati immediatamente effettuati esami ematochimici e tamponi microbiologici, sempre alla presenza dei veterinari Asl e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale competenti. Sono stati somministrati antibiotico di copertura ed idratazione; il cucciolo ha continuato a respirare affannosamente e, nonostante le prime cure somministrate, durante le prime ore di questa mattina, 28 gennaio, l’esemplare è deceduto.

Sono state informate le Autorità sanitarie e le Forze dell’Ordine competenti; seguiranno, a breve, le indagini necroscopiche presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale. L’esemplare sarà analizzato in maniera conservativa, evitando cioè di danneggiare scheletro e pelliccia, per consentirne poi l’esposizione, per fini didattico-scientifici, al Museo di competenza sul territorio.

Ufficio stampa ISPRA

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La Foca monaca (nome scientifico Monachus monachus) ha caratterizzato con la sua presenza le frastagliate coste del Salento meridionale fino a qualche decennio fa, al punto da caratterizzare anche la toponomastica: non già la frazione salentina che ha il nome di San Foca (dal nome di un Santo di Sinope, in Turchia, che pertanto non ha niente a che vedere con la Foca monaca), ma la vicina frazione di Torre dell’Orso, il cui nome deriverebbe da un non meglio precisato “orso marino” presente in una delle cavità carsiche che ne caratterizzano la costa, o ancora la “grotta della monaca” nei dintorni di Otranto.
La Foca monaca, presente un tempo lungo le coste del Salento, a causa del sempre crescente antropizzazione dei litorali si ridusse poi a vivere negli anfratti sotterranei con una o più uscite in mare, fatto che questo che costrinse le madri ad allevare i piccoli al buio, con problemi legati alla fissazione della vitamina D e conseguentemente al rachitismo.
La persecuzione sistematica condotta fino a tempi non recentissimi, a cui si è poco fa accennato, fece il resto.
A differenza della pressoché totalità degli altri rappresentanti della Famiglia dei Focidi, la Foca monaca non vive in climi freddi, ma in mari temperati come il Mediterraneo, che rappresenta, insieme alla Mauritania, l’unico sito geografico in cui sopravvivono gli ultimi nuclei di questa specie in gravissimo pericolo di estinzione.
Ma, se poco meno di due secoli fa, una grande Foca monaca rinvenuta nel litorale di Brindisi fu uccisa (l’animale, che si nutre di pesci e molluschi, era infatti ritenuto un concorrente dei pescatori e in quanto tale sottoposto ad una persecuzione pressoché sistematica), in questi giorni una Foca spiaggiata lungo la costa brindisina è stata oggetto di cure, attenzioni e protezioni che le sono giunte da molte persone.
La coscienza delle persone sta cambiando, e ci piace immaginare che non sia impossibile che in un futuro, si spera non troppo lontano, questi magnifici Pinnipedi ritornino a popolare le acque del nostro stupendo Mare Mediterraneo.

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Al fine di ricostruire le vicende che hanno portato alla comparsa del piccolo esemplare di Foca monaca nelle acque delle coste leccesi e brindisine, i Carabinieri Forestali raccolgono eventuali testimonianze: chiunque abbia avvistato nei giorni e nei mesi scorsi degli esemplari di Foca lungo le coste salentine, può recarsi presso il Gruppo di Brindisi a segnalare quanto visto.

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