May 7, 2025

Sterlac è un’artista impegnato nella cyber art, ovvero la produzione di arte attraverso le tecnologie cibernetiche. L’analisi di questa figura è interessante poiché secondo Dery, l’artista “incarna l’ibrido uomo-macchina in cui tutti ci stiamo metaforicamente trasformando: più che un uomo è il centro nervoso organico di un sistema cibernetico.”1Uno degli esponenti di punta del cyberpunk, John Shirley, considera Sterlac l’incarnazione degli estremismi del genere letterario, simbolo di come la fusione con la tecnologia sia già praticabile.

Un esempio dell’arte di Sterlac è la “terza mano”, “un manipolatore robotico destrorso [attaccato alla manica sul braccio destro dell’artista] che viene messo in movimento da segnali elettromiografici (Emg) provenienti dai muscoli dell’addome e delle cosce. L’attrezzo è in grado di pizzicare, stringere, allargare e ruotare il proprio polso sino a 290 gradi in entrambi i sensi, e ha un sistema di feedback tattile che fornisce una rudimentale sensazione di tatto, stimolando elettrodi collegati al braccio dell’artista.”2

Con questa performance Sterlac si è dotato di un dispositivo robotico capace di muoversi come una sorta di terzo arto, ciò grazie ai collegamenti fra i suoi muscoli ed il supporto meccanico, meno invasivi di quelli dei romanzi cyberpunk, ma votati alle medesime finalità.

L’artista ha poi riproposto lo spettacolo con un’aggiunta che lo rende immediatamente assimilabile a Case di Neuromante: la possibilità di agire nel cyberspazio attraverso il terzo braccio, rivoluzionando il concetto stesso di navigazione, non più legata alla tastiera ma alla gestualità.

Sterlac non è solo un’artista ma anche un pensatore, un acceso sostenitore del transumanesimo, che vede nella simbiosi fra uomo e macchina l’unico percorso evolutivo possibile o meglio il traguardo del percorso umano; difatti come ha asserito egli stesso: “l’evoluzione finisce quando la tecnologia invade il corpo. Quando la tecnologia fornisce ad ogni individuo la possibilità di progredire individualmente nel proprio sviluppo, la coesione della specie non è più importante.”3

Il corpo non è un qualcosa che va preservato intatto così come lo è stato per millenni, oggi che se ne ha la possibilità, grazie alle nuove tecnologie, il corpo “deve” essere modellato, alterato.

Le utopie di Sterlac, intrise di un profondo superomismo, ripudiano la dimensione terrena, nel senso di rimanere ancorati al pianeta Terra, abbracciando un’odissea spaziale, che conduce alla colonizzazione dell’intero universo.. Sfida che esige una netta trasformazione dell’uomo, un essere “sviscerato e riempito di componenti modulari facili da sostituire, corazzato e dotato della forza muscolare di un carrello elevatore grazie a un esoscheletro robotico, munito di tutta una varietà di antenne per potenziare la vista e l’udito, e provvisto di un chip cerebrale o trattato geneticamente in modo da espandere le proprie capacità corticali fino al livello di un supercomputer.”4

Un quadro evolutivo che racchiude al suo interno tutti gli stereotipi della letteratura cyberpunk, sintomo della voglia di abbattere definitivamente qualunque limite umano, facendo della tecnologia lo strumento di una nuova ontologia.

Le speculazioni di Sterlac trovano una certa “scientificità” nelle idee di Joseph Rosen, che potrebbe essere definito un “medico cyberpunk”. I principali interessi delle sue ricerche riguardano: interfacce uomo-macchina, trapianti di nervi o arti, bionica, un campionario di operazioni riscontrabili solo nella fantascienza cyber. Rosen è un appassionato lettore di Gibson, il suo interesse per la scienza praticata in questi romanzi lo ha indotto, dice Dery nel suo libro, ad affermare. “in Neuromante non c’è nulla che non potrei fare in uno dei miei laboratori, se avessi abbastanza fondi e abbastanza gente […] Se la gente non fosse così critica e si limitasse a darmi i soldi.”5

Rose, così come Sterlac, tenta di sensibilizzare l’uomo all’uso invasivo della tecnologia, in modo da gettare le basi per ottenere il consenso per poter stravolgere la fisionomia e la biologia umane, creando un nuovo prototipo di uomo.

Il medico è divenuto famoso negli ambienti cyberpunk per le le sue “speculazioni sul modo di interfacciare circuiti integrati agli assoni dei nervi periferici [ottenendo] La possibilità di collegare i sistemi nervosi individuali all’esteso sistema nervoso elettrico dell’umanità.”6

Il progetto culminerebbe nella creazione della famosa presa cranica dei romanzi cyberpunk, una porta attraverso cui collegare il nostro cervello direttamente alla rete, bypassando schermi e tastiere.

Secondo lo scienziato l’unico ostacolo che si oppone alla realizzazione della presa è la diffidenza dei media e della gente, i quali fraintendono il reale significato di questi esperimenti, considerandoli vaneggiamenti di Frankenstein postmoderni.

Questa breve digressione è stata necessaria, per dimostrare come le idee di Sterlac siano possibilità prese seriamente in considerazione dalla scienza.

Tornando alle performances estreme messe in atto dall’artista, secondo Formenti queste sono “esperienze di perdita dei confini del soggetto, che entra in uno stato di fusione erotica col “fuori” [virgolette originali] tecnologico.”7 In riferimento a quanto appena detto, Formenti parla di bulimia, “un comportamento che sembra guidato dal desiderio di mangiare, divorare, letteralmente “incorporare” [virgolette originali] le protesi tecnologiche, allo scopo di trasformarle in “organi supplementari” [virgolette originali] capaci di trasmettere inedite sensazioni di piacere.”8

Il concetto mcluhaniano di automobile intesa come “sposa meccanica”, ritorna prepotentemente, l’ossessione per la simbiosi con la macchina sembrerebbe dunque alimentarsi in un sostrato sessuale, che conferma la geniale intuizione di Mcluhan secondo cui, l’uomo è l’organo riproduttore della tecnica. Sterlac dona il proprio corpo alle macchine, come farebbe un amante col suo innamorato, ricevendo in cambio un nuovo tipo di piacere, derivante dall’acquisizione di sensi meccanici.

Il carattere sessuale dell’interazione fra uomo e tecnologia viene sagacemente spiegato da Perniola, la cui originalità, asserisce Formenti, “consiste nel […] Trattare gli oggetti intelligenti alla stregua di nuove specie animali.”9

Per Perniola l’unica grande metamorfosi della postmodernità è rappresentata dal “diventare una cosa”, in modo tale da annullare le distanze con gli oggetti, fondendosi con essi per farci l’amore. Perniola parla di un vero e proprio rapporto sessuale, per spiegare il quale si ricollega ad un concetto modificato, di feticcio. Nella fusione con le cose, il feticcio non è un simulacro derivato dal nulla, è l’oggetto nella sua indipendenza ed essenza, simbolo dell’artificiale che si offre consciamente. Ma la sessualità di cui parla il filosofo è opposta a quella di Sterlac, quest’ultima tende a rendere l’uomo artificiale, mentre la prima mira ad umanizzare le cose.

In questo senso il pensiero di Perniola cattura l’essenza dello spirito cyberpunk e della postmodernità: la spinta propulsiva del progresso atta a creare una nuova simbiosi fra tecnica e umanità, dove la sessualità è il modo di porsi verso “l’esterno tecnologico”, che viene accettato come parte integrante di una nuova configurazione biologica.

Il mito postumano creato da Sterlac, invece, è un tentativo di superare definitivamente il concetto di uomo per mezzo della tecnologia, un rifiuto totale della dimensione naturale del soggetto, che non pone mediazioni di sorta. Sterlac è l’incarnazione delle distopie cyberpunk, incentrate sulla disumanizzazione attraverso il progresso, viste però come esperienze di arricchimento del sé, il quale viene liberato dei limiti biologici imposti dal corpo. In questo senso l’artista può essere tranquillamente definito un extropiano.

1 Mark Dery, Velocità di fuga, tr. it. Feltrinelli, Milano, 1994, op. cit. p.174

2 Ibidem, p.175-176

3 Ibidem, op. cit. p.181

4 Ibidem, p.182

5 Ibidem, p.313

6 Ibidem, p.315

7 Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, p.120

8 Ibidem, p.120-121

9 Ibidem, p.122

 

James Lamarina

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