Il dado è tratto. Brindisi rischia seriamente di perdere il basket di Serie A.
Il comunicato della FIP è categorico come non mai (dal campionato 2018/19 di serie A tutte le gare dovranno svolgersi in impianti di gioco con una capienza minima di 5000 posti a sedere. L’obbligo della capienza minima scatterà già nei playoff della stagione precedente – ossia 2017/18).
La città ha quindi poco più di un anno di tempo per attrezzarsi. Altrimenti addio alle giornate in cui “La Stella del Sud” brilla sugli schermi di Sky e RaiSport confrontandosi con il gotha del basket nazionale.
Scrivere – come hanno fatto in tanti – che il basket morirà, è davvero azzardato. Questo sport è talmente radicato nella cultura brindisina da non temere le variazioni di regolamento e l’inefficienza della politica.
Ma il danno è ugualmente enorme.
Potrebbe sparire la massima serie nazionale, uno dei pochi motivi di vanto di una città che, per altri versi, sembra di non essere capace di comprendere quando è il momento di provare vergogna.
Siamo l’unica realtà che funziona al contrario: la città va in massa al porto a guardare i crocieristi, quando sono loro ad essere venuti per ammirare la città.
Ma ce li vedete i romani che accorrono giornalmente a Fiumicino o alla stazione di Termini per riverire chi arriva per visitare le proprie bellezze?
Il danno è enorme, certo. E viene da lontano. Da molto lontano.
Il problema dell’inadeguatezza del Palasport di Contrada Masseriola parte qualche mese dopo la sua costruzione, quando la struttura si è rivelata incapace di contenere la passione per il basket.
Col passare degli anni è diventata vetusta, inadatta alle mutate esigenze di spettatori e regolamenti ed ha divorato ingenti risorse pubbliche.
Denari della collettività spesi per tappare le falle ma mai investiti per risolvere il problema sostanziale: la necessità di una struttura moderna, polifunzionale, che sia al servizio dell’intera cittadinanza ogni giorno, non solo per lo sport, ma anche per la musica, i convegni, la cultura e tanto altro ancora.
Nessuno è stato capace di prendere di petto la situazione. E non solo perché in questa realtà non c’è mai stata una classe dirigente capace di discernere il concetto di spesa da quello di investimento, ma soprattutto, perché si è perpetrato il giochino che ha reso Brindisi la patria dell’inconcludenza: quello delle contrapposizioni, delle faide, della conflittualità creata ad arte da chi muove i fili.
Mettere in contrapposizione la costruzione del Nuovo Palazzetto con un’altra emergenza ha rappresentato il modo per non concludere niente, né per la costruzione dell’impianto, né per risolvere l’altra emergenza.
E cosa dire delle faide interne, quelle che, non più di tre anni fa, hanno rimesso nel cassetto il progetto di una struttura di “livello gold”, in grado di essere riconosciuta di interesse nazionale e, quindi, finanziata cospicuamente dal Coni?
Per non parlare di quella assurda conflittualità che ha, oramai, permeato le ossa di gran parte dei cittadini.
Uno contro l’altro, interesse contro interesse, la presunzione che la ragione stia sempre dalla propria parte.
Un giochino posto in atto ancora oggi da tanti commentatori, autorevoli e non, che si affannano ad additare il presunto colpevole sebbene anch’essi si siano dimostrati inconcludenti quando hanno avuto la possibilità di possedere voce in capitolo.
Certo la politica ha responsabilità giunoniche.
Il recente inserimento in bilancio di 4 milioni di fondi “privati” è comico e vergognoso almeno quanto quei soggetti che oggi urlano di volere il palazzetto o scaricano le responsabilità sugli altri, mentre loro hanno governato anni ed anni senza produrre nulla tranne carte che valgono meno di un rotolo di Scottex.
Però, oggi, hanno la possibilità di riscattarsi. Ed hanno un solo modo per farlo: smetterla di parlare a vanvera e agire; buttarsi alle spalle inimicizie, veleni e contrapposizioni e sedersi attorno ad un tavolo con tutti gli stakeholders per dialogare, seriamente e serenamente, del come risolvere la questione.
Solo così in questa città, ci si potrà, finalmente, prendere il merito di aver realizzato qualcosa tutti insieme.
Solo così, in questa città, si comincerà a cambiare la consuetudine del parlarsi addosso, discutendo esclusivamente dei demeriti di chi non ha mai fatto nulla.
Solo così, in questa città, quando tra qualche anno si parlerà dell’atavica inettitudine della classe dirigente, non si dovrà aggiungere che ci hanno tolto anche la fierezza di avere una squadra di basket tra le più grandi d’Italia.
Oreste Pinto
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