Lo ritrovai per caso … Luigi Di Staso … l’unico amico che abbia mai avuto.
Non lo vedo da sette anni.
Lui era come me, intendo dire bravo come me, solo più coraggioso.ù
E’ un ingegnere e vive dalle parti di Modena; è sposato con Noriko, una veterinaria giapponese e ha due figli.
Luigi era capace di dimostrare sempre la sua preparazione e, anzi, la sfoggiava come una virtù arrabbiandosi per quella mia ritrosia e per quelle mie paure.
Lui era l’unico a sapere del mio talento, della mia memoria prodigiosa e della mia passione per tutto ciò che c’era da conoscere, da imparare, da studiare.
Solo lui sapeva che già in primo liceo ero capace di leggere e tradurre a mente intere versioni di greco, di declamare interi poemetti a memoria in latino con tanto di metrica.
Lo facevo a casa, solo per noi provocando le sue ire sincere – sei proprio uno stronzo; perché non dimostri a tutti che sei il migliore? Di che ti preoccupi? Di quei quattro stronzetti che tentano di pigliarci per il culo? –
E poi la minaccia – Domani dico tutto alla prof –
Ma poi non lo diceva, anche se continuava a non capire.
Io, invece, ero felice così; avevo messo a punto una strategia segreta ed efficacissima che mi relegava nella media classifica dei sette, sette e mezzo.
Avevo imparato la lezione nei primi due anni di Ginnasio; qualche puntatina fortunosa nell’otto mi serviva soltanto a tenere a bada i miei, che, comunque, erano contenti così.
La mia curiosità e la mia memoria, però, erano sempre in agguato e con esse giocavo una partita quotidiana nella quale non erano permesse distrazioni.
Come quella volta che – oggi voglio sentire qualcuno che mi parli del ruolo della donna nel periodo che abbiamo appena studiato; che differenze ci sono, per esempio fra Medea e Lisistrata? Che differenze ci sono fra le opere di Euripide e quelle di Aristofane?-
Fui uno stupido.
Si era creato un silenzio tombale.
Nessuno avrebbe mai risposto in modo convincente a quella domanda.
La prof lo sapeva e si divertiva ad insistere – Chi se la sente di venire?
Era già una sorta di interrogazione da esame di stato ma per Medea avevo pianto solo pochi giorni prima e alcune traduzioni letterali degli appelli di Lisistrata mi avevano addirittura eccitato.
Alzai la mano senza pensarci; era la prima ora e non avevo ancora indossato bene la mia maschera di mediocrità.
Tutti i miei compagni avevano tirato un sospiro di sollievo ed io avevo iniziato bene nel disinteresse quasi totale; solo i due secchioni del primo banco seguivano stancamente.
E Luigi, il mio amico, che comunque non faceva testo.
Iniziai argomentando sul ruolo politico e sociale delle rappresentazioni teatrali nell’antica Grecia; citai le opere discettando sui contenuti e mettendoli in paragone fra loro; inserii spunti storici e politici dell’epoca; spiegai il senso del mito ed il ruolo della donna e del coro; non mi accorsi della passione che mettevo nel raccontare il dramma di quella madre che decide di uccidere i suoi figli; narrai quel momento declamando in greco quegli splendidi versi; dissi di come Lisistrata convince le donne ateniesi e spartane a non fare più l’amore con i loro mariti; accennai alla volgarità di alcuni versi intraducibili … quando mi accorsi del totale silenzio dell’intera classe.
Fu il panico.
Tutti mi guardavano con interesse e curiosità, la prof mi sorrideva e Luigi annuiva guardandomi fisso negli occhi.
Balbettai, arrossii, un sudore ghiacciato mi bagnava sin quasi alla schiena.
Ero paralizzato.
– Continua, dai –
Niente.
Niente più, non riuscivo più ad articolare parola.
Alle domande successive biascicai poco o niente.
Non ricordavo un solo momento di silenzio come quello nella mia classe in tutti quegli anni.
Dopo i due minuti più lunghi della mia vita i miei compagni persero pian piano interesse a quell’interrogazione.
La prof sembrava non capire; guardava me e i miei compagni, continuava a guardare tutti quanti ogni volta che mi poneva una domanda, più interessata ai miei sguardi che alle mie risposte.
Tornai al mio posto, ebbi 8 ed alla ricreazione fui chiamato nella sala professori.
La prof iniziò a complimentarsi con me per l’interrogazione – sei stato veramente bravo … e dimmi,su che testo hai studiato, perché ho visto che molte delle cose che hai detto non sono sul nostro testo –
Risposi.
Si stupì.
Mi chiese se mi piaceva particolarmente Aristofane e la sua satira o se ero più attratto da Euripide.
– Tutti e due prof – mi sembrava la cosa più banale.
Si complimentò per la mia memoria e mi chiese di ripetere a memoria quei versi.
Lo feci.
Continua, te ne ricordi ancora?
Continuai.
Lei sottovoce accompagnava qua e la qualche parola ed ogni volta estasiata guardava in alto il fumo della sua sigaretta come rapita da ricordi bellissimi.
Continuai ancora e ancora e ancora.
Declamavo e traducevo scegliendo bene i verbi da usare, mi fermavo a sottolineare la scelta migliore perché più adatta al clima che l’autore voleva creare, guardai in basso nominando i due figli di Medea e rimasi terrorizzato quando narrai della loro morte.
Ero stremato.
Si fece silenzio; la prof mi guardò come se mi vedesse per la prima volta.
Mi sorrise in modo benevolo e materno e mi chiese – Perché?-
Tentai la carta della stupidità – Perché cosa? –
– Non fare lo scemo … perché?-
La guardai grato per non aver aggiunto altro; dissi solo – per vergogna – .
Mi accarezzò i capelli, mia madre non lo faceva già più da tanto tempo, e mi disse di andare che se no avrei dovuto fare i conti con il prof di matematica; ero oramai sulla porta, mi girai per salutare ancora e – Scusa ma anche in matematica e nelle altre materie … approfondisci … in questo modo? –
Feci segno di si con la testa.
– Ma i miei colleghi non lo sanno?- Disse in tono quasi affermativo.
Dissi – No, non lo sanno e… –
Mi interruppe – Non ti preoccupare … va bene così. –
– Grazie Prof –
– Ciao, vai vai che è tardi –
Non fui più interrogato e nei compiti in classe ebbi la media dell’otto per compiti perfetti nei quali mi misuravo con me stesso.
Il dieci lo ebbi poi sul giudizio di ammissione; in tutte le materie.
Nessuno ha mai saputo niente di tutto questo .
Solo tre persone lo sapevano, adesso quattro.
Ho raccontato tutto a Stella.
A.Serni
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