COLPO DI SCENA: QUEL BARBIERE E’ DI NOCIGLIA!
RIVISITAZIONE POP DEL CAPOLAVORO ROSSINIANO AL FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA
di Gabriele D’Amelj Melodia
“ Il mondo è un gran teatro/ siamo tutti commedianti “ ( La Cenerentola, atto I )
L’esergo sintetizza in modo paradigmatico la cifra stilistica del rivoluzionario Maestro pesarese, uomo e musicista originale, ricco di vitalità ed inventiva e dotato di un umorismo brioso ed un po’ folle.
Lo spirito di Gioacchino era sicuramente presente in platea l’altra sera, nell’atrio dell’Ateneo Bruni, nascosto tra il numerosissimo pubblico, curioso di scoprire le diavolerie con cui Elio & Company avevano “ manipolato “ l’arcinota opera buffa. E si sarà divertito parecchio per le gag, le citazioni e le invenzioni con cui Franco Micheli, autore, Elio delle storie tese ( al secolo Stefano Belisari ), coautore e istrionica voce narrante e recitante nel ruolo della Taranta, e Gianmaria Alivarta, giovane ma già affermato regista teatrale e lirico, hanno rivisitato “ Il Barbiere “ in chiave … pugliese, arricchendolo musicalmente con i ritmi incalzanti e… assai calzanti della pizzica salentina. Già, perché i nostri, con l’aiuto del M.o Daniele Durante, hanno avuto la geniale intuizione di far sposare il crescendo rossiniano al parossistico ritmo dei tamburelli e della cupa-cupa
. I due giovani danzatori dell’Ensamble salentina che hanno animato la scena sono stati uno spettacolo nello spettacolo, bravi, belli, luminosi, simbolo di energia vitale e di fulgida solarità .
Niente di dissacrante, se si pensa che, alla prima del ” Barbiere “ ( Roma, 1815 ), i contestatori fan del vecchio Paisiello, apostrofavano il giovane compositore pesarese con epiteti spezzanti ( Signor Baccano, Maestro Chiassoni, ecc. ). A Rossini sarebbe piaciuta molto la pizzica. In alcun e sue opere, come “ La Scala di seta “ o “ Il Signor Bruschino “, inserì qualche suo c.d. “ scherzo”: i violini, per esempio, picchiavano con l’archetto sulla latta del leggio.
Ma è l’intera vicenda riscritta in salsa pop che si dipana in modo fantastico e originale: appunto “ Tutta un’altra storia “ , come recita il sottotitolo de “ Figaro su, Figaro giù…”. I fatti si svolgono in una non meglio precisata cittadina della Magna Grecia, questo suggerisce una breve guida all’opera, e comunque riguardano senz’altro la gloriosa Terra d’Otranto, considerato che la stessa, per vari secoli, comprendeva le attuali province di Lecce, Brindisi e Taranto, e quindi la stessa Martina Franca, madre del Festival.
Il Salento gemellato con l’Andalusia è idea non solo suggestiva per le evidenti consonanze, ma anche assai pertinente, visto che anni orsono fu l’immenso Vittorio Bodini a ispanizzare le terre salentine, con le sue poesie ricche di riferimenti agli elementi che accomunavano le due terre e le due culture contadine.
Altra sorpresa, spiazzante ma non per questo forzata, l’introduzione delle storiche maschere del carnevale di Putignano: una licenza che arricchisce di colore e di movimento le belle coreografie che animano la fantasmagorica scena, ricca di luci, colori, maxi poster e due schermi giganti per la visione dei primi piani, sistemati in alto ai due lati del grande palcoscenico. Se vogliamo, questa è un’occulta citazione dell’animo burlone di Rossini , il quale da giovane amava mascherarsi partecipando alle feste di Carnevale ( una volta ,a Roma, lui e l’amico Paganini si vestirono da donne riscuotendo molto successo ).
Ogni cosa si tiene quindi, in questo chiaro omaggio alla Puglia che hanno voluto fare gli autori della singolare rilettura, raggiungendo un’armoniosa fusione producente momenti di autentica performance artistica e di felicissimo tenore musicale. L’Orchestra ICO della Magna Grecia e quella popolare della notte della Taranta si sono integrate alla perfezione , raggiungendo un alto grado di prestazione molto apprezzata dagli spettatori.
Elio-Taranta, mordendo un po’ tutti, a cominciare da quel misterioso viaggiatore che va a farsi la barba dal nostro figaro, libera i protagonisti da ogni complesso o remora, ed è in quel contesto di euforica follia che si realizza infine il sogno d’amore tra il timido conte d’Almaviva ( e se fosse…d’Acquaviva? ) e la bella Rosina, ex ricca pupilla del dottor Bartolo, strambamente eletto sindaco dagli autori e fornito di fascia tricolore ( infilata correttamente, non come fece il nostro amato neo sindaco all’atto dell’insediamento … ).
Il tutto seminato da trovate irresistibili: Don Basilio che irrompe in scena alla Renato Zero prima maniera, con parrucca, occhiali da sole, tre borsette colorate a tracolla e un ventaglio variopinto, Il Conte, che spacciandosi per don Alonso, maestro di musica supplente, fa il verso al miglior Malgioglio dotandosi di vistosi occhiali da sole, fusciacca ciclamino, borsetta e ventaglio da star. E poi ancora Don Bartolo che suona, e bene, il tamburello, e, genialata insuperabile, un travolgente mambo ballato da Lindoro e dalla Rosina, punteggiato dagli acuti divini di costei.
Cantanti tutti molto bravi, che si sono divertiti forse più degli spettatori e che, per conferire l’aspetto “ musical “ all’opera, sono stati muniti di archetti tecnicamente non necessari. Menzione speciale per Maria Aleida, giovane soprano cubano specialista nelle interpretazione dei ruoli femminili dell’ampio repertorio rossiniano.
Finisce tutto in coinvolgente gloria e baldoria al ritmo serrato della pizzica pizzica: i cantanti si offrono al pubblico plaudente in un tripudio di suoni cadenzati e tarantolati, come volevasi dimostrare. Vi assicuro che ho visto con i miei occhi l’ectoplasma sorridente di Rossini che applaudiva convinto e soddisfatto.
Lo spettacolo verrà replicato anche venerdì 3 agosto ad Otranto, ma meriterebbe di essere messo in scena in molti altri anfiteatri e teatri d’Italia.
Gabriele D’Amelj Melodia
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