May 1, 2025

 

 

I conti, anche se io non vi sono molto avvezzo, si fanno presto. Su una popolazione (all’1.1.2016) di 88.302 brindisini ne risultavano presenti solo trecento alla manifestazione del 24 maggio contro l’emergenza rifiuti organizzata da Salute Pubblica. Il che significa che all’appello lanciato per fare il punto sulla critica situazione della spazzatura nel capoluogo ne mancavano ̶ cittadino in più, cittadino in meno ̶ ben 88.002.

 

E gli altri, tutti gli altri, dov’erano?

 

Forse l’emergenza sanitaria (perché di questo si tratta!) non riguarda l’intera comunità, infanti ed anziani inclusi?

Forse i concittadini non hanno problemi a pagare una TARI vergognosamente alta, la più alta d’Italia?

Forse si ritiene compatibile una ripresa del turismo con il degrado?

Forse le madri stanno sottovalutando la gravità di fare respirare ai loro piccoli l’aria mefitica che esala dalla spazzatura disseminata in ogni dove?

Forse l’otium (quello costruttivo, di latina memoria) di cui spesso parlo nei miei scritti ha intorpidito le menti al punto da renderci un po’ masochisti? Perché questo è il rischio che comporta l’assuefazione a una tassa iniqua.

O, più realisticamente, ognuno demanda agli altri l’esercizio di un proprio diritto?

 

  Nossignore, non è questa la regola che vige in democrazia. E per rafforzare questo concetto ricorro all’ausilio di una antica filastrocca siciliana dove si racconta di un servo maltrattato dal padrone che si lamenta con Cristo e gli dice: «Jò vi preju, chista mala razza / distruggila vui, Cristu, pì mia».

E Cristo gli risponde: «Tu forse hai chiunchi li vrazza, inchiavati comu mia? / Si tu sì omu e non sì testa pazza / metti a profittu sta sintenza mia: / Jò non saria supra sta cruciazza / si avissi fattu quantu dicu a tia».

 

La morale della filastrocca così può riassumersi: usa la testa e chiedi i tuoi diritti invece di lasciarti ingannare e derubare.

 

 

Ma la scarsa partecipazione di pubblico alla manifestazione in piazza Matteotti potrebbe spiegarsi anche in altro modo. Non si può escludere che in una società allo sbando (come quella italica in senso lato) e piena di furbetti che si sottraggono all’obbligo di rispettare l’orario di lavoro, ma anche a quello di pagare la tassa sulla casa, l’assicurazione ed il bollo auto, la partecipazione agli spettacoli e, fino a poco tempo fa, il canone RAI, non ci sia anche chi non paga il balzello sulla spazzatura.

 

 

Naturalmente la mia è una (cattiva) supposizione, ma come diceva Andreotti: «A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina».

 

Siamo proprio sicuri che i dati passati dal Comune all’ABACO comprendano tutti i cittadini che hanno l’obbligo di pagare la TARI? Basta guardare i cassonetti per l’umido e l’indifferenziata depositati fuori dell’uscio di casa per rendersi conto che qualcosa non va. Sono troppo pochi rispetto a quello che ci si dovrebbe aspettare. Mentre sono molto più numerosi i sacchetti di plastica “anonimi” accatastati alla rinfusa. Ergo, c’è gente che smaltisce la propria spazzatura rimanendo sconosciuta alla Ditta incaricata della raccolta dei rifiuti.

 

E se questo (dopo gli accurati controlli) dovesse risultare vero, ognuno comprende come, richiamando all’ordine questi furbetti, diminuirebbe anche l’impegno finanziario del Comune e, di conseguenza, quello dei cittadini virtuosi.

 

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   La stesura di questo articolo procede secondo lo schema mentale prefissato e comprensivo di una dura critica all’intervento della sindaca che, molto coraggiosamente (di questo bisogna dargliene atto), ha ritenuto di dovere intervenire nel dibattito del 24 maggio.

 

Se non ché, improvviso come un fulmine nel cielo terso d’agosto, mi giunge la notizia della deposizione, nelle mani del notaio Corrado, delle diciassette firme dimissionarie necessarie allo scioglimento del Consiglio comunale e, di conseguenza, alla fine del mandato affidato circa un anno fa alla signora Angela Carluccio.

 

A questo punto sorge spontanea la domanda: che fare di questo articolo scritto solo per metà? Un articolo in cui mi proponevo di criticare, ancora una volta, l’operato di una sindaca che non è riuscita a tradurre in fatti concreti i progetti minuziosamente (e forse in buona fede) esplicitati in campagna elettorale. Quelli che avrebbero dovuto tirare fuori dal pantano una città stremata dall’immobilismo e dalla faziosità di quanti, senza distinzione tra maggioranza e opposizione, avevano il dovere di pensare solo al bene di Brindisi.

 

Allora cosa faccio? Cestino il tutto e attendo che la situazione politica si chiarisca? Oppure, visto che il problema della spazzatura (irrisolvibile per l’ex sindaca!) rimane una delle tante urgenze che lascia in piedi questo fallimentare Consiglio comunale, completo l’articolo che qualche spunto potrebbe pure offrirlo al Commissario prefettizio di prossima nomina?

 

Propendo per questa seconda ipotesi anche perché, nella prima parte dell’articolo, ho toccato qualche nota dolens che deve fare pensare. Mi riferisco al necessario cambio di mentalità degli abitanti di questa città.

 

Scriveva Petrarca: «In Avignone regnava l’orgoglio, l’invidia, la lussuria e l’avarizia con tutte le loro arti. Gli uomini peggiori sono favoriti, il predone munifico esaltato e il povero, ma giusto, oppresso… Qui l’onestà prende il nome di follia e l’astuzia di saggezza. Dove si adora il denaro, si calpestano le leggi e si irridono i buoni».

 

Con ciò non voglio dire che Brindisi sia l’Avignone del 1300. Ma nemmeno la città in cui tutti vorrebbero vivere.

 

Per questo è necessario un radicale cambio di mentalità. I tanti concittadini che con un voto concesso con leggerezza a chi prometteva posti di lavoro, prebenda e chissà cos’altro devono ora ricredersi.

 

Devono riconoscere che, seppure spinti dalla cattiva consigliera dell’indigenza, hanno contribuito a dare le chiavi della città a gente per la maggior parte incompetente e sicuramente più attenta ai propri interessi che a quelli della comunità.

 

Devono, in futuro, tapparsi le orecchie per non ascoltare lusinghe di alcun tipo. E, se del caso, stare al gioco (se così può chiamarsi) e poi concedere la propria fiducia a chi è in grado di salvare questa città che, gridiamolo a gran voce, non si merita di fare questa fine.

 

Concludo con un augurio facendo mio ̶ potrà apparire strano ̶ l’ultimo pensiero pubblico dell’ex sindaca: «Auguro a Brindisi che il percorso di rinascita che abbiamo avviato in questi mesi non sia interrotto dalla lunga gestione commissariale e che la nostra città possa presto risolvere tutti i suoi problemi e tornare a sorridere come merita».

 

Ecco, se devo essere sincero, questa è l’unica cosa che ho condiviso del suo mandato!

 

Guido Giampietro

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