Chi non è rimasto colpito dall’aggressione dell’8 Marzo al venditore di mimose?
Ovviamente nessuno.
Ma se chiedessimo “perché sei rimasto colpito?”, la risposta diventerebbe più profonda e, certamente, più variegata.
Come testimoniano i soliti comunicati politici o le centinaia di commenti sui social network, ognuno ha la propria motivazione.
I razzisti, quelli che li riconosci perché iniziano la frase con “io non sono razzista, ma…”, si mostrano dispiaciuti, si dicono solidali con l’aggredito e prendono le distanze dall’aggressore. Salvo, poi, tornare presto in sé e rivendicare “precedenza” per gli italiani o puntare il dito “contro l’immigrazione sfrenata”.
Dal lato opposto non manca l’opinione di chi – per formazione politica e sociale – giustificherebbe il “nero”, il “diverso”, il “debole”, anche quando confessa di aver commesso un reato efferato… figuriamoci se non lo fa quando viene fuori col volto insanguinato.
Come ovvio, alla base di ogni libera espressione di pensiero c’è sempre il “sentire” personale, lo stato d’animo che proviene dal vissuto che ognuno ha.
Peccato che la vicenda in sè, più che lo stato d’animo di un singolo, riguarda lo Stato di Diritto. Quello di tutti!
Ed in uno Stato di Diritto degno di chiamarsi tale, ogni singola presa di posizione non dovrebbe mai essere condizionata dal colore della pelle, dalla religione o dalla nazionalità di uno dei protagonisti del fatto di cronaca.
Invece, in questa folle realtà succede sempre il contrario.
E’ come se avessimo paura di riflettere a voce alta che quanto accaduto è soprattutto una guerra tra venditori abusivi.
Un tizio massacra di botte un altro tizio per rivendicare un diritto che nessuno dei due possiede!
Sì, perché anche chi ha subito l’aggressione è un abusivo, uno di quelli che “fa concorrenza” ai fiorai che pagano le tasse, uno di quelli che chiude la catena criminale del racket dei fiori.
Un poveraccio certo, ma pur sempre una persona che sbarca il lunario vivendo nell’illegalità.
Qualche lettore starà pensando che quella è “illegalità minima”, che c’è di ben peggio.
Ma non è lo stesso pensiero di chi giustificava il contrabbando e, ancora oggi, rimpiange quel periodo perché “giravano i soldi”? Non è lo stesso pensiero di chi si indigna per la politica e poi vota sempre il solito amico o l’amico dell’amico che gli promette il “posto”?
Se siamo ridotti così, non sarà anche perché i cittadini di Brindisi – molto più che altre realtà in Italia – hanno sempre giustificato e tollerato l’illegalità? Da quella piccola del venditore di sigarette a quelle più gravi del pregiudicato che chiede il pizzo o dell’azienda che inquina…
E’ che, nei nostri discorsi, ci serve sempre la presenza di un “debole”. Non importa se vittima o carnefice.
In ogni caso ci lava la coscienza.
Evita di farci riflettere su ciò che accade in una città dove l’illegalità regna sovrana e nessuno denuncia.
Per dirne una, siamo l’unica città al mondo in cui, nei parcheggi di stadio e palasport, gli abusivi “lavorano” fianco a fianco con le forze dell’ordine ed i regolari della Multiservizi. E se c’è da pagare l’illegale invece che la società partecipata dal Comune, il cittadino lo paga senza fiatare. Poi magari va su facebook e vomita insulti verso il Sindaco che “tappa” il buco della municipalizzata con i soldi nostri o verso lo Stato che non ci tutela contro l’illegalità e l’evasione.
Insomma, che il discorso si sposti sul venditore di rose, sul suo colore della pelle, sulla sua debolezza, costituisce un alibi.
Alleggerisce la nostra posizione di omertosi davanti all’illegalità diffusa.
Crea le condizioni per sentirci “tipici brindisini”. Quei portatori sani di un’ipocrisia che shakera tranquillamente giustificazioni (“devono campare”) e accuse (“Brindisi è bella, sono alcuni brindisini che la rovinano”).
Così, a targhe alterne, possiamo andare d’accordo con tutti e vivere sereni.
Tanto le cose non le cambi da solo…
Oreste Pinto
Condivido ogni singola parola da lei scritta così come il dolore che emerge dalla sua analisi. Ho invidiato la sua capacità di raccogliere i miei pensieri e legarli insieme in una “spietata” analisi di ciò che noi (noi?) brindisini siamo.
Tanto le cose non le cambi da solo…..
Sappia che non è solo, ci siamo e forse non siamo neppure così esigui, dobbiamo però ricominciare a cercarci e far fronte comune davanti allo scempio fatto alle nostre vite.
Ciao Oreste. Leggo solo ora di questa orrenda notizia nella “mia” Brindisi. Condivido ogni parola e ti faccio i complimenti per questo articolo davvero molto bello e che meriterebbe maggiore risalto anche a livello nazionale