“Sono favorevole a che nei progetti di alternanza fra scuola e lavoro gli stage lavorativi possano essere fatti anche d’estate, se è una scelta volontaria”. E’ quanto ha affermato recentemente in un’intervista il ministro del Lavoro Giuliano Poletti “Bisogna incominciare a far capire ai giovani cosa sia il lavoro e cosa sia un’impresa..
I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse” dicendosi convinto che per un ragazzo sarebbe un’esperienza formativa utile se “invece di stare a spasso per le strade della città va a fare quattro ore di lavoro”.
Si è scatenato un putiferio, che ha unito nel coro di protesta insegnanti, alunni, studenti ed una buona percentuale di genitori. Educatori ma anche esperti in materia di mercato e politiche del lavoro non si sono lasciati sfiorare dalla polemica mentre, se pur da posizioni differenti il loro parere sarebbe stato utile ed interessante.
Se una riforma è giusto che ci sia non deve riferirsi a situazioni soggettive legate al proprio vissuto familiare ( giungono ancora gli echi di forneriana memoria relativi alla generazione dei choosy, giovani italiani bamboccioni e sfigati di cui l’Italia abbondava secondo la ministra di allora ), pertanto ministro Poletti, con tono riguardoso mi sento di dirle che non penso che possa erigere la sua famiglia a modello nazionale , in primis perché non le abbiamo chiesto di fare il tutore dei nostri figli, successivamente perché sul criterio dell’autorefenzialità non si regge e non si costruisce quella base oggettiva che regola (attraverso le norme e la loro applicazione che le traduce in azioni ) la realtà sociale ed economica di un paese.
Non basta dunque produrre un’idea che si ritiene geniale o un decreto denominato la Buona scuola perché contiene belle proposte e buoni intenti didattici.
Non è sufficiente dire ad esempio che bisogna incrementare lo studio dell’inglese aumentando le ore di frequenza, se non si dimostra calendario e soldi alla mano quando, come e con quali risorse farlo ed ancora, se è necessario per tutti ed in particolare qual’è l’obiettivo sottostante a tale necessità.
Gli altri paesi d’Europa ai quali dovremmo uniformarci, caro presidente Renzi, hanno costruito un sistema di welfare, di economia sociale e politica che ha un senso, un valore ed un significato intrinseco alla realtà ed ai bisogni della popolazione alla quale si rivolge . E ciò spesso indipendentemente dal colore politico che in quel momento prevale, in altre parole, ogni governo costruisce su di un divenire storico mantenendo quanto si è dimostrato giusto ed adeguato a sostenere lo status di civiltà e corregge, elimina se è il caso e crea il nuovo , ma sempre su basi sicure (per la popolazione) e soprattutto con idee chiare e precise su:
· Obiettivi
· Tempi e modalità di realizzazione
· Vantaggi ed eventuali svantaggi
· Integrazione del presente con il passato
Non a caso l’etimologia della parola riforma deriva dal latino re =di nuovo, addietro e formare; cioè ridurre in nuova o migliore forma; correggere. Diverso per la parola rivoluzione dal lat. re-volvere = volgere indietro, ma anche ri-voltare , dove il prefisso ri = re indica andare contro, in opposizione.
Se l’animo spesso crede nella necessità di una rivoluzione intesa come far tabula rasa di un passato che ha portato sofferenza e sconfitta per il vivere civile, la ragione del cuore unita a quella della mente, comprende che la storia si costruisce un mattone dopo l’altro , siamo i nani sulle spalle dei giganti, come ebbe a dire Bernardo di Chartres, filosofo francese, intorno al 1100. Possiamo, cioè, vedere più lontano non per l’acutezza della nostra vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo portati in alto dalla grandezza dei giganti: gli eventi, i personaggi sulle cui spalle noi poggiamo e che insieme costituiscono la storia che ci precede.
Riprendendo a questo punto la querelle sull’opportunità di ridurre le vacanze scolastiche, direi che in questo caso è necessaria una progettualità chiara ( in termini cioè di obiettivi, tempi etc.. che come si faceva notare deve essere alla base di ogni proposta di cambiamento ) in relazione al rapporto fra scuole e mondo del lavoro, meglio definita nel percorso formativo curricolare, come alternanza scuola lavoro.
Si propongano dunque progetti seri attivando percorsi che, attraverso stage e tirocini formativi anche retribuiti e riferiti alle competenze specifiche che il giovane consegue nel corso di studi intrapreso, possano garantirgli al conseguimento della qualifica, diploma o della laurea , l’immediato e diretto inserimento nel mondo del lavoro. Se non sono queste le linee di indirizzo, lasciamo che questi ragazzi già tanto avviliti ed insicuri sul futuro proprio e del mondo, si godano almeno le vacanze estive.
Già, perché forse non lo, sa, ministro Poletti, ma i nostri ragazzi l’estate spesso fanno volontariato, prestano la loro opera in progetti rivolti ai bisognosi o al recupero di beni culturali, di aree ambientali etc.. piuttosto che spostare cassette della frutta ai mercati generali per due ore al mattino e poi magari rifocillarsi nella piscina di famiglia in attesa di partire per il costoso ed annuale corso di inglese estivo all’estero per conseguire la padronanza della lingua in vista degli studi universitari (magari all’estero in rinomate università internazionali).
Per quanto attiene a percorsi formativi scolastici di recupero o approfondimento da svolgersi intra moenia (nelle mura scolastiche) da genitore mai acconsentirei ad una ulteriore e non richiesta sosta in istituti inadeguati per carenze oggettive strutturali ( dai soffitti in via di cedimento ai climatizzatori inesistenti , alle strutture sportive evanescenti .) . Meglio il mare e la vita all’aria aperta, magari pulita per contrastare gli effetti devastanti della massiccia dose di inquinanti a cui sono stati loro malgrado sottoposti.
Dunque, per concludere, chiediamo ai politici del palazzo, quelli che contano, che se vogliono apportare riforme o cambiamenti devono in primis ragionare in termini di rispetto degli individui e del conseguimento di quel grado di civiltà che non appartiene al nostro paese; se vogliamo allinearci ai paesi che hanno conseguito quel grado di civiltà c’è tanto da lavorare.
Ministro Poletti, come possiamo consentire che i nostri bimbi della scuola dell’infanzia e della primaria rimangano seduti sette – otto ore in aule ristrette con solai in fase di cedimento, molte delle quali realizzate in epoca fascista, sporche per assenza di personale, senza palestre, giardini e strutture ludico sportive?
Aspettiamo che dal governo giungano segni di buone prassi e non segnali di fumo dettati da corporativismi, o bisogno di consensi pre elettorali da parte di alcune fasce della popolazione.
Iacopina Maiolo
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