Non sono molto convinto di quello che mi accingo a fare. È la mia prima intervista “politica” e capita proprio nel momento in cui il solo pronunciare quella parola mi lascia un po’ di amaro in bocca. Tanto per intenderci mi trovo nelle condizioni di spirito di Calvino quando scriveva: «Penso oggi che la politica registri con molto ritardo cose che, per altri canali, la società manifesta, e penso che spesso la politica compia operazioni abusive e mistificanti». E questo lo diceva nel 1980!
Ma è solo un attimo di sbandamento perché so bene cosa imponga la deontologia giornalistica a proposito del diritto/dovere d’informazione e perciò, resettati i pessimistici pensieri, entro con sicurezza nell’ufficio di Presidenza dello storico Istituto nautico ed aeronautico “Carnaro” di Brindisi. Senza bussare, perché la porta è aperta. Sempre aperta.
Ad accogliermi, come se non bastasse, è il sorriso rassicurante della Preside (mai uscirà dalla mia penna l’orribile termine di “Dirigente scolastico”!) Clara Bianco. È da questo momento che comincia svilupparsi tra noi una reciproca corrente di simpatia, per quanto ancora discreta. Una simpatia che diventa più palpabile allorché scopriamo di provenire dallo stesso Liceo, il “Benedetto Marzolla” di Brindisi. E anche se il sottoscritto appartiene ad un’Era… diversa dalla sua, la coincidenza ha l’effetto di eliminare le ultime titubanze e ad affrontare con uno spirito diverso l’argomento della candidatura di Clara Bianco nella lista PD del Collegio di Brindisi, a sostegno del candidato alla presidenza della Regione Puglia, Michele Emiliano.
Avevo con me un registratore e una moleskine sulla quale avevo annotato un centinaio e più di domande. Nelle mie intenzioni c’era quella di fare un’intervista alla maniera della Fallaci (il mio ideale di giornalista, insieme a Montanelli e Terzani) e invece, sempre più conquistato da quel sorriso e da quella voce suadente, come un alunno seduto alla prima fila di banchi, mi sono predisposto ad un attento ascolto.
Clara Bianco si presenta: sessantenne, Laurea in Lettere classiche presso l’Università degli Studi di Lecce, sposata, un figlio, Francesco, che risiede e lavora a Milano. Non posso non notare che il riferimento al figlio lontano e quello ad un recente lutto familiare alterano impercettibilmente il tono della voce. Ma si tratta solo di un istante, almeno per me. Perché diverso è il segno che quei fatti, pudicamente accennati, devono avere lasciato nel suo cuore.
Riprende. Si definisce figlia di un comunista all’antica, una che ha mangiato pane e politica sin da giovanissima, comprendendo quanto fosse necessario «combattere la cultura dell’indifferenza». La sua, insomma, è una lunga militanza politica prima nel PCI, poi nel PDS e nei DS e infine nel PD, per il quale è stata anche due volte candidata a Mesagne per le amministrative.
Del centinaio e più di domande me ne viene in mente solo una, la più ovvia.
Perché la decisione di candidarsi?
«Perché ˗ risponde ˗ non potevo dire di no al Segretario di Mesagne Francesco Rogoli, dopo dieci anni nei quali mi ero allontanata dalla politica attiva per motivi di lavoro e professionali, in quanto credo che quella in gioco sia una partita troppo importante per tirarsene fuori».
A questo punto ritengo necessario mettere al corrente i miei scarsi venticinque lettori del clima surreale nel quale si svolge la conversazione. Dalla porta entrano, o semplicemente si affacciano, docenti, amministrativi e perfino uno studente per prospettare situazioni o ricevere solo un’assicurazione.
Secondo me la porta aperta della Presidenza deve avere un effetto catartico, nel senso che dev’essere bastevole una sbirciatina dal di fuori per sentirsi rassicurati e affrontare i problemi del momento.
Anche i palazzi del potere e addirittura le case ˗ come diceva Plutarco ˗ dovrebbero essere senza porte e trasparenti in modo che i cittadini possano rendersi conto di che cosa c’è dietro quelle pareti. Dunque un punto a favore di chi si sta candidando alle prossime regionali. Comincio a sentirmi a mio agio in questo posto.
Ma la Preside ha anche un telefono diretto. Sono contraria, dice, a filtri e musichette d’attesa. In questo modo risponde alle telefonate di madri troppo apprensive e, addirittura, alle chiamate dei call center, quelle che sulla psiche del sottoscritto hanno un effetto deleterio e devastante.
Clara Bianco, invece, ha per tutti la parola giusta ed il tono di voce appropriato.
Ne rimango affascinato e azzardo già qualche conclusione, anche se siamo appena all’inizio dell’intervista. Adesso mi spiego come possa avere diretto per cinque anni l’Istituto Comprensivo “Manzoni” di Cellino San Marco, riuscendo tra l’altro ad istituire una Scuola Media ad indirizzo musicale che ha dato a tanti ragazzi la possibilità di coltivare i propri talenti.
E mi spiego anche come, al momento, possa dirigere in maniera ottimale, oltre al “Carnaro”, anche il “Belluzzi” e il “Marconi-Flacco”, ovvero il Geometra e il Commerciale, per una popolazione di circa 1300 studenti, oltre a 140 docenti e circa 40 ATA!
Riprendo il filo del discorso che, in questa fase, riguarda principalmente la Scuola.
«Ho sempre creduto ˗ continua la Preside ˗ che l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni, richiedesse impegno, passione, dedizione, che la Scuola sia un servizio pubblico al centro del quale ci sono gli studenti. Ho operato con la convinzione che i ragazzi per crescere abbiano bisogno di buoni esempi; che equità, giustizia, rispetto, debbano improntare l’azione educativa».
«Ho basato il mio rapporto con loro sul sentimento della cura, intesa come accompagnamento nella loro crescita, come attenzione ai loro bisogni e a quelli delle loro famiglie, poiché la Scuola è più importante di quello che insegna: è il luogo in cui lo studente impara il mestiere di vivere. Ho favorito i processi di inserimento nel mondo del lavoro, riuscendo ad allargare il ventaglio di opportunità per i nostri diplomati, anche attraverso l’efficace utilizzo dei fondi europei…».
È chiaro che questo è il campo specifico di Clara Bianco e che tali enunciazioni potrebbero essere le stesse di altri capi d’Istituto. Ma quando afferma che deve esserci «una Scuola dell’etica e non dell’etichetta» e che lo studente, per lei, è sacro, sono portato a credere che questo pensiero si rifà a concetti che trascendono il campo prettamente didattico. Si tratta, a mio avviso, di valori più universali che, in quanto tali, possono adattarsi anche alla politica. Intendo dire che se è “sacro” lo studente, mutatis mutandis, sarebbe sacro anche il cittadino, ove la Bianco fosse chiamata ad occupare uno degli scranni di via Apruzzi.
Questa conclusione, anche se non esaustiva, mi porta ad essere un po’ meno pessimista di Calvino.
«Nell’eventualità di elezione ˗ afferma la Preside arrivando al nocciolo del problema ˗ metterei al centro del mio operato i temi dello sviluppo sociale ed economico; le tematiche così urgenti dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile e, naturalmente, l’istruzione e la formazione. In queste materie la Regione ha competenze che, dopo la soppressione delle Province, saranno delineate e ampliate…».
Cosa ne pensa ˗ rincalzo ˗ del ddl “La buona Scuola”? E del linciaggio che si sta facendo a questa nuova figura del Preside-sceriffo?
«A mio avviso i docenti hanno tutte le ragioni per ribellarsi. Occorrono dei leader educativi, più che dei manager. E quand’anche si voglia attribuire ai Dirigenti scolastici la prerogativa della scelta dei docenti e una responsabilità nel campo della meritocrazia, è necessario che la legge ponga dei paletti e indichi i limiti entro i quali esercitare questa delicata funzione».
E qual è il suo pensiero in merito alle donne in politica?
«A suo tempo ho partecipato ai movimenti di contestazione giovanile e mi sono battuta per l’aborto e il divorzio che ritenevo conquiste per la condizione femminile. Oggi, però, vedo oramai superato il concetto delle pari opportunità. In un momento in cui le donne si sono inserite in tutti i settori della vita del Paese francamente mi riesce difficile concepire una legge che le favorisca in politica, come se si tratti di una specie da proteggere».
La conclusione della chiacchierata s’avvicina anche perché riferiscono che, all’ingresso, c’è una mamma che vuole conferire urgentemente con la Preside. Mi ero preparato una domanda sugli emolumenti che guadagneranno i cinquanta consiglieri eletti. Volevo chiederle se gli 8430 euro netti al mese, a cui devono essere poi sommate le indennità di funzione, fossero a suo dire giustificati o meno.
Deve avermi letto nel pensiero perché è lei che affronta l’argomento.
«Ritengo ˗ dice ˗ che in un momento di grave e per molti aspetti motivata disaffezione alla politica, occorra dare esempi virtuosi, come ad esempio ridurre i compensi di coloro che ricoprono incarichi pubblici. È infatti intollerabile che, in un momento in cui la gente fa una grande fatica a garantire un adeguato benessere alla famiglia e in cui migliaia di giovani non hanno lavoro e tantissimi non più giovani lo hanno perso, ci sia un divario così grande tra le retribuzioni dei politici e quelle di chi lavora.
«Gli antichi romani definivano con lo stesso termine, “honus”, sia l’onore che il peso dell’incarico pubblico sottolineando in tal modo la responsabilità di chi ha ruoli di governo».
Fino al momento del congedo Clara Bianco ha continuato a mostrare un atteggiamento di tranquillità non solo esteriore. Come la invidio!
Mi allontano convinto che possieda tutte le qualità per affrontare e vincere questa nuova sfida che si è posta. Potrebbe essere una Lisistrata in versione moderna. Quella che considerava il governo della città un’opera di tessitura.
Si tratterebbe, come diceva il personaggio di Aristofane, di raccogliere gli elementi della “polis” (in questa caso, della Regione) in un solo gomitolo dal quale poi “tessere un mantello per il popolo”.
Una cosa che lei, a mio avviso, è in grado di fare.
*Giornalista pubblicista
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