Da queste colonne ho trattato, nel mese di luglio, l’argomento “Olimpiadi a Roma” e mi sono espresso chiaramente contro questa iattura, contro l’ennesimo schiaffo che si vuol dare a un Paese che ha ancora qualche linea di febbre. In antitesi con le stucchevoli rassicurazioni del nostro simpatico Capo del Governo circa l’uscita dalla crisi.
In quella circostanza ho riportato le dichiarazioni molto “interessate” del Presidente del Coni, Giovanni Malagò, e del Presidente del Comitato promotore Roma 2024, Luca Cordero di Montezemolo.
Il primo, al giornalista che gli faceva notare come un elemento a sfavore della candidatura dell’Italia fosse “la conclamata permeabilità” alla corruzione, rispondeva che era stato preparato “un protocollo sui criteri di realizzazione delle opere… Vogliamo prevenire, evitare riparazioni in corso d’opera o inchieste a posteriori…”.
Mentre, sulla domanda più tosta, la spesa per i Giochi (ipotizzata tra i sei e i venti miliardi!) così glissava: “Potrò rispondere a gennaio quando sapremo quali strutture esistenti potremo utilizzare. E poi ci sono i ricavi da marketing, merchandising e diritti Tv…”.
In quanto a Luca di Montezemolo (tra i mille incarichi ricoperti è stato anche Direttore generale del Comitato organizzativo dei Mondiali di calcio Italia 90), nel mentre ammetteva il fallimento della missione per quei Giochi, assicurava che “ora invece ci sarà un vero e proprio Collegio dei garanti per assicurare la completa trasparenza e il rispetto del codice di condotta del Cio” (Comitato Olimpico Internazionale). E concludeva che “rinunciare per paura di non riuscire non può essere una opzione accettabile per una grande nazione e la sua Capitale”.
Il grande Totò, in risposta a queste affermazioni, avrebbe tirato fuori la sua espressione “Ma mi faccia il piacere!”.
Personalmente sono stato sempre scettico (e continuerò a esserlo) sull’utilità di questa candidatura di Roma. Il primo dubbio riguarda le previsioni circa la spesa da affrontare. Per l’ultima Olimpiade di Londra i costi, inizialmente stimati in circa 5 miliardi di sterline sono poi diventati 12 (alcune stime parlano addirittura di 20). E quanto ai benefici dei posti creati non sarebbero stati i 70 mila tanto propagandati, ma appena 10 mila, e molti di questi, essendo precari, non esistono più.
Ma perché tiro ancora in ballo questo argomento?
Perché c’è una novità. Nella consultazione referendaria cui sono stati chiamati domenica i cittadini di Amburgo, il 51,6 per cento si è dichiarato contrario alla candidatura della loro città.
Per la Germania si tratta del secondo tentativo olimpico andato a vuoto negli ultimi due anni: nel 2013 , infatti, un analogo referendum per la candidatura di Monaco a ospitare i giochi invernali del 2022 aveva visto la contrarietà della popolazione.
In contrasto col disappunto (vero o di circostanza…) di Frau Merkel intenzionata ad avere una presenza di primo piano a livello internazionale anche nello sport, i cittadini di Amburgo, una volta interpellati, hanno invece detto che preferiscono fare come la Svizzera, la quale, nella sua storia ha ospitato solo due volte giochi olimpici: nel 1928 e nel 1948, e sempre invernali, a Sankt Moritz.
E a luglio c’era stato anche il no di Boston, per cui a rimanere in piedi resistono le candidature di Roma, Parigi, Budapest e Los Angeles.
Ora, se è vero che il plebiscito, il referendum e le varie forme di democrazia diretta sono democratiche ed educatrici nei Paesi di coscienza politica molta evoluta (quelli in cui ciascun cittadino vota sapendo che cosa veramente vota, conoscendo il problema sul quale è chiamato a decidere e le conseguenze d’una soluzione piuttosto che dell’altra), è pur vero che almeno in questo caso i romani non avrebbero bisogno d’essere imbeccati dai politici per dire se veramente vogliono questi Giochi.
E, secondo me, a parte la ristretta cerchia di chi insiste nelle zone interessate, la grande maggioranza dei cittadini, se interpellata, si esprimerebbe in maniera sfavorevole.
Troppi gli eventi che sconvolgono in continuazione la vita dei romani (inclusi gli scioperi e le code velenose delle partite di calcio), troppe le restrizioni per le visite dei Capi di Stato esteri e, in tempi più recenti, le blindature per possibili attacchi terroristici o eventi straordinari come il Giubileo.
C’è da chiedersi, allora, perché non siano stati interpellati.
Perché si finisce di lasciare sempre ai soliti noti di decidere della sorte di una metropoli come Roma. Ma, indirettamente, anche di quella di una intera nazione.
Insomma perché non sia stata data ai cittadini romani, come ai tedeschi di Amburgo, la possibilità di esprimere il proprio parere attraverso l’uso del sistema referendario. Il più garantista, il più democratico.
Ma non è tutto.
Queste (eventuali) Olimpiadi romane rischiano di rendere sempre più tesi i campanilismi tra le città sulle quali dovrebbero essere “spalmate” le discipline sportive. Si pensa a Firenze, a Napoli, ma anche ad altre sei-otto città per il calcio, il ciclismo su pista, la vela…
La vela! E la novità delle ultime ore è che Bari, per la vela, avanza la sua candidatura… nella candidatura.
Proprio nei giorni in cui “Il giornale della vela” (la più diffusa delle riviste specializzate in Italia) colloca Brindisi tra le prime cinque regate d’altura del Mediterraneo assieme alla 151 Miglia, alla Giraglia Rolex Cup, alla Rolex Middle Sea Race e alla Route de Jasmine.
Per non parlare dei 30 anni della Brindisi-Corfù e del fatto che qui, nel 2009, è stato ospitato un Campionato mondiale e uno del Mediterraneo di vela d’altura. Oltre a due campionati italiani femminili e uno under 19 di match race, e una selezione europea della Nation Cup di match race…
Questo è solo uno degli effetti collaterali che la deprecabile scelta di Roma a sede dei Giochi del 2024 rischia di provocare. E, credo, non solo a Brindisi.
E allora pensiamo di uscire veramente da questa crisi. Impieghiamo quella montagna di soldi per mettere toppe al dissesto idrogeologico, per sistemare scuole, strade, beni artistici e culturali, per affrontare il duro impatto con l’esodo biblico dai Paesi africani e la minaccia immanente dell’Isis.
L’Italia non ha bisogno di una Olimpiade per fare accrescere il flusso dei turisti amanti del bello.
L’Olimpiade lasciamola a chi ha voglie di grandeur e mezzi per realizzarla. E se proprio si dovesse fare, che sia Brindisi la sede più idonea per le regate di vela.
Guido Giampietro
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