May 26, 2025

genova-in-queste-ore[1]I disastri alluvionali di questi giorni mi hanno indotto a riflettere sul mio personale rapporto con l’Italia del terzo Millennio. E la conclusione è stata amara, nel senso che il solo pensiero mi ha gettato in uno stato di sofferenza.

Chi l’avrebbe mai detto che un giorno l’italianità avrebbe suscitato in me questo sentimento di mestizia? La strada che porta a discostarsi affettivamente dal proprio Paese è lunga. Parte da lontano e, proprio come una vecchia strada dissestata, c’induce a lamentarci contro chi non ne cura la manutenzione. Fin quando non ci si rende conto che non è più possibile percorrerla tanto è lo stato di degrado in cui è ridotta. Credo che la similitudine renda con sufficienza l’idea delle conclusioni cui sono pervenuto.

 

Ad accentuare la sofferenza è il ricordo ˗ e il conseguente paragone ˗ di quello che ci è stato insegnato in famiglia e a scuola. Chi (la domanda è rivolta a quelli della mia generazione) non ricorda le parole del “Cuore” di De Amicis? L’accorato discorso che il padre fa al piccolo Enrico: «Poiché il racconto del Tamburino sardo t’ha scosso il cuore ti doveva essere facile, questa mattina, far bene il componimento d’esame: “Perché amate l’Italia”. Perché amo l’Italia? Non si son presentate subito cento risposte?

   «Io amo l’Italia perché mia madre è italiana, perché il sangue che mi scorre nelle vene è italiano, perché è italiana la terra dove sono sepolti i morti che mia madre piange e che mio padre venera, perché la città dove son nato, la lingua che parlo, i libri che m’educano, perché mio fratello, mia sorella, i miei compagni, e il grande popolo in mezzo a cui vivo e la bella natura che mi circonda, e tutto ciò che vedo, che amo, che studio, che ammiro, è italiano. Oh tu non puoi ancora sentirlo intero questo affetto! Lo sentirai quando sarai un uomo…».

Era il 24 gennaio 1878 quando furono scritte queste parole, ma il loro significato è stato comprensibilissimo e, soprattutto, condiviso fino a qualche decennio fa. Poi l’italica gente si è lasciata prendere dai gorghi della corruzione e, al tempo stesso, si è persa la memoria dell’antica grandezza e degli illustri uomini del passato.

 

Confesso di non essere aggiornato sugli attuali piani di studio e perciò ignoro se oggi ai ragazzi delle Elementari venga fatta leggere qualche pagina di quel libro. E, nel caso, quale possa essere il loro giudizio su valori così lontani dalla realtà di tutti i giorni.

 

Campagna_Senese-Val_D_Orcia_[1]  Comunque la “discesa” dell’Italia è stata lenta. Già Goethe, nel primo decennio dell’Ottocento, nel “Viaggio in Italia”, così lamentava: «L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello Stato, pure loro, pensano per sé. Bello è il paese! Ma Faustina, ahimè più non ritrovo. Non è più questa l’Italia che lasciai con dolore».

Un giudizio ˗ quello di Goethe ˗ troppo lontano nel tempo? Allora soffermiamoci su quello più vicino a noi di Goffredo Parise per il quale l’Italia è oramai sparita con tutti i suoi aspetti politici, culturali, linguistici, fonici, agricoli, e non soltanto paesaggistici. Quanta amarezza si avverte nelle sue parole quando dice: «Io non ricordo più quei paesaggi e quelle montagne… né ricordo più la città dove sono nato, se non vaghe luci, come in sogno… non ricordo e non voglio ricordare…».

 

   Per non parlare del severo giudizio dato da Charles De Gaulle: «L’Italia non è un paese povero; è un povero paese»!

 

Ahimè, anche per me non è più questa la “mia” Italia. Quella che ho amato e servito per una vita. Quella dei patrioti del Risorgimento, della Resistenza, del patrimonio politico lasciato dai fondatori della Costituzione, del cosmopolitismo della cultura. E non mi si rimproveri che ˗ come disse un pacifista ˗ il patriottismo è l’ultimo rifugio dei mascalzoni. Perché, alla Scalfaro, dico: «Io non ci sto!».

Come mai è potuto succedere tutto questo? Per colpa di chi siamo arrivati a questo punto? Eppure l’Italia era circondata da affetto, simpatia, curiosità. E anche se non eravamo sempre affidabili lo sforzo di ben figurare nel mondo era attendibile e riconosciuto.

 

Poi, negli ultimi anni, è avvenuto qualcosa senza precedenti. Non esiste più una rotta da seguire e la stella polare è diventata invisibile. L’indecente spettacolo offerto dalla classe politica, la scure finanziaria abbattutasi sulla cultura, la distruzione dell’ambiente a vantaggio di meschini interessi personali, la falcidia della piccola borghesia, il teatrino quotidianamente offerto dal partitismo, dai sindacati, dalle corporazioni, dall’ordinamento regionale e dalla malavita ˗ spesso uniti in un unico intreccio che la legge non riesce a districare ˗ tutto ciò sta conducendo al fallimento del Paese. Anzi, a giudicare da quello cui stiamo assistendo in queste ore, alla disintegrazione oramai fisica della Penisola!

 

15pol1f02-camusso[1] Né possono risollevarci le parole che Susanna Camusso ha pronunciato qualche giorno fa: «Il decreto “Sblocca Italia” è pieno di deroghe e favorisce il consumo del territorio. La priorità è invece mettere in sicurezza il Paese… Dobbiamo decidere dove portiamo questo Paese e affrontare le questioni con responsabilità, senza consumo del territorio e con grande rispetto dei lavoratori…». Peccato che la Camusso, a fronte di queste impegnative parole, abbia indetto per il 12 dicembre uno sciopero generale che certamente non farà bene all’Italia.

Come non fa bene il simpatico quadretto familiare dei coniugi Renzi che, in occasione della visita istituzionale in Australia, hanno il tempo e la voglia di dilettarsi con i cuccioli di koala. Nello stesso momento in cui la Liguria sta sprofondando in mare!

E che dire del sindaco di Roma, e di altri come lui, che vivono fuori dalla realtà e ignorano la rabbia dei propri cittadini (gli stessi ai quali hanno stretto le mani prima delle elezioni!) e la repulsione dei turisti verso città sporche e del tutto inospitali?

 

Oramai accettiamo situazioni che altrove sono inimmaginabili: le scorte che proteggono i politici nello stile di satrapie orientali, il provincialismo televisivo, la mancanza di progetti che non siano le colate di cemento con cui devastare il territorio, la dissacrazione dell’unità nazionale (ivi compresi gli impuniti atti di vilipendio alla Bandiera), la rinuncia ai valori, l’autoreferenzialità, la stessa “disattenzione” della Chiesa (con la coraggiosa eccezione di Papa Francesco) nei riguardi delle problematiche, non solo morali e religiose, che affliggono la gente comune.

In passato il mondo identificava l’Italia come pilastro fondante dell’Europa. E adesso? Con quali valori, con quali pensieri si identifica oggi l’italianità? Forse con la scurrilità della Lega,  l’incitamento allo sfascio istituzionale gridato dai grillini o con le scorribande dei giovani dei Centri sociali?

celeste-sfigatoE poi ci sorprendiamo che gli stranieri ci ridano dietro. O ci offendiamo come quando, in occasione di un incontro europeo dell’Enel Basket, Leon Kersten ˗ giornalista accreditato presso la squadra olandese SPM Shoeters ˗ ha usato termini offensivi (tra i quali “mafia”) all’indirizzo del coach e dei giornalisti al seguito della squadra brindisina.

 

Dopo questa amara disanima è difficile che la tristezza non si sostituisca all’orgoglio dell’appartenenza alla nazione Italia e il pessimismo non prenda il sopravvento sulla speranza.

È difficile, sì, ma ancora non del tutto scontato!

 

Guido Giampietro

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