Incontro mattutino.
Ore 7,45, centro, destinazione Bar Manhattan.
Il posteggio di fronte al bar anche stamattina è vuoto, arrivo sparato e sono a posto.
Non ho la chiusura elettronica e armeggio con le chiavi per chiudere la macchina ed attraversare.
Sono dietro la mia macchina, sto per incamminarmi ma devo fare un passo indietro perché un suv bianco deve posteggiare appena dopo di me e quindi è costretto ad una curva stretta.
La macchina mi scorre davanti a pochi centimetri e devo stare attento a che le ruote non mi pestino i piedi.
In altre circostanze questa cosa mi avrebbe fatto arrabbiare ma quel suv è bellissimo pulitissimo, immacolato, di dimensioni spropositate ed alla guida c’è una biondona.
Aspetto le altre due o tre auto che passano per il corso e quasi dietro di me, posso vederla senza voltarmi, la signora scende con classe frettolosa e nonostante la distanza mi raggiunge un profumo celestiale fra i più rari e costosi.
Un bel foulard dai toni sul verde marcio, un giubbotto di pelle beige, un pantalone attillato presumibilmente di Cavalli ed uno stivaletto beige di pelle con un bel tacco alto.
Ha gli occhiali da neve a specchio sui toni del viola arancione blu, quelli che si usano molto in questo momento.
Una volta fuori si piega a riprendere la borsa che ha lasciato sul sedile affianco al guidatore ed è quindi costretta ad un piegamento sostenuto che mi fa pensare alla bellezza di quei pantaloni aderentissimi, alla agilità della signora e a tante, tante altre cose.
Quando si gira verso di me ci guardiamo per un attimo in viso, lei sostiene lo sguardo e sono io a distoglierlo per non essere scortese.
Siamo a non più di due metri : si incammina anche lei in direzione del bar alzando il braccio con studiata noncuranza ed indirizzando alle sue spalle il segnale per far scattare la chiusura automatica della sua macchina.
Cerco studiatamente di rimanere un passo indietro: non capita tutti i giorni un pantalone Cavalli così bello.
La signora si muove bene, con classe entra nel bar e non si guarda attorno; io le sono dietro di un passo.
Si avvicina al bancone e la commessa la saluta ossequiosa “Buongiorno signora” e non aspetta la richiesta del caffè lungo macchiato.
La signora risponde con un “ciao bella”.
Ci sono altri avventori e debbo necessariamente rimanere al suo fianco.
Sento di nuovo quel profumo bellissimo; penso che nonostante io viva da sempre qui a Brindisi, questa signora io non l’ho mai vista … strano; non è una che può passare inosservata. Boh.
Arrivano i caffè e con garbo si toglie gli occhiali poggiandoli sul bancone del bar fra me e lei.
Beviamo assieme quasi in contemporanea il nostro caffè profumato forse allo Chanel o all’Etro o addirittura all’Aromatic Elisir … non so distinguere.
Paga prima lei e si avvia verso la sua macchina; ancora una volta sono attratto da quei bellissimi pantaloni con inserti in pelle. Pago e mentre ripongo il resto nel portafoglio mi accorgo che la signora ha lasciato i suoi occhiali.
La signorina del bar li vede assieme a me e fa per prenderli, io la prevengo e sussurro un “ci penso io” che non permette nessuna replica; sono rapidissimo e raggiungo la signora che stà già montando in macchina.
“Signora, mi scusi”, sono con gli occhiali protesi in avanti e ben in vista in modo tale che non ci siano dubbi sul mio approccio.
Mi guarda e mi sorride, mi sembra un viso conosciuto.
“Hei …, “ ; mi chiama per nome in modo amichevole, “e tu la stavi? Non ti avevo visto propriooo, naaa, sempre me li perdooooo, è già il terzo paio che comprooo” L’accento è marcatamente brindisino e le vocali finali di tutte le parole sembra che debbano rimanere stampate sul corso fino a stasera. Solo il traffico serale riuscirà, forse, a cancellarne l’eco.
Sono molto stupito e la guardo bene in viso: chi è?
Prende gli occhiali e li inforca di nuovo; addio riconoscimento.
Non so che dire, parla lei, mi chiede di mia moglie chiamandola per nome.
Dico “Tutto bene, grazie … e tu?“
Si schernisce tipo Barbie “Solita vita” ed io penso che deve essere proprio una bella solita vita, almeno a giudicare dai soldi che ostenta.
“A lavoro …..?“ mi chiede ripetendo il mio nome confidenzialmente abbreviato.
“Eh si – non so che dire- …. E tu- non so cosa chiedere perché non so chi sia e quindi devo indagare- che fai da queste parti?”
Mi spiega che viene apposta al centro per il caffè di questo bar, che lei senza un buon caffè la mattina non “si mette in sesto” e che mo deve andare in piscina che “ciò due orette da fare”.
Le vocali prolungate hanno riempito completamente l’asfalto ed alcune sono riuscite a salire lungo le mura dei palazzi circostanti e la prima “e” di “orette” è talmente chiusa rispetto alla seconda da sembrare quasi una “i”.
Non so proprio che dire, non voglio far trasparire che non mi ricordo di lei : per una così sarebbe un colpo terribile.
Voglio vedere che grado di confidenza ho: “He, si vede che fai sport” e da come mi sorride contenta capisco che per lei la giornata parte benissimo.
“Che dobbiamo fare …. – di nuovo il mio nome accorciato – cerchiamo di tenerci in forma”. Il plurale maiestatis sembra d’obbligo.
Mentre me lo dice entra in macchina salutandomi e chiedendomi di salutare mia moglie.
La saluto cercando di non calpestare le ultime vocali che ancora sono per terra.
Ma chi era?
Sto davvero invecchiando così precocemente? Sono i primi segnali dello zio Haltz?
Un paio di pantaloni così attillati non si dimenticano. Che vecchiaia che si preannuncia!
Oppure è stato il nuoto che, giorno dopo giorno, oretta dopo oretta, ha modificato le forme della signora?
Si è stata la piscina.
Che se no mi sarei sicuramente ricordato noooo?
A.Serni
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