… e poi il tempo, il tempo ebbe per un po’ il sopravvento.
Era il tempo greco, il tempo circolare, il tempo che trascorreva nella ricerca di rifondare il mondo, il tempo che ogni volta ripartiva dall’inizio a fermare le vite di Ulisse e Penelope.
Le giornate, i mesi, gli anni passarono lenti lasciando ai sovrani di Itaca la possibilità di vivere come tutti i comuni mortali vivono fra giornate pallide e banali felicità.
Nient’altro che questo rappresentarono per i due sovrani infatti le ore trascorse ad amarsi in riva al più dolce mare del mondo, la vita coniugale e la nascita del figlio desiderato.
Non era questa la vita che gli dei avevano stabilito per quella coppia di principi rinomati, conosciuti ed amati da tutta la Grecia.
Certo, l’amore per una donna era la cosa più vicina alla divinità ma era pur sempre una scintilla di infinito anche alla portata dei cani.
Pur senza saperlo, non era questa la vita che i due avrebbero voluto.
Solo di tanto in tanto, accidentalmente, senza nessun nesso e senza nessuna volontà, si risvegliava nei due un retrogusto che richiedeva la ripresa delle loro facoltà più remote: per Ulisse fu la costruzione di un letto matrimoniale scavato nel tronco di un ulivo, la creazione, nella sala del trono, di un percorso di anelli nel quale far scorrere un dardo, la creazione di un arco quasi impossibile da flettere, per Penelope lo studio dell’arcolaio, delle trame e degli orditi.
Così passavano gli anni sino a quando giunse ad Itaca la notizia : la cugina di Penelope era stata rapita ed un esercito si preparava per andare a lavare l’oltraggio.
Elena, la moglie di Menelao, il re di Sparta, era stata rapita da Paride e condotta a Troia.
Ulisse e Penelope, sentita la notizia, capirono immediatamente cosa sarebbe successo da li a poco perchè tutti e due ricordarono.
Anni prima, per evitare una guerra fra tutti i principi pretendenti la bella Elena, uno di loro li aveva costretti ad impegnarsi ad accettare la scelta della giovane e a giurare di intervenire in aiuto del futuro marito se essa fosse stata rapita.
Proprio Ulisse era stato l’ideatore di quel patto ed anche lui era stato un pretendente.
Presto, quindi, qualcuno sarebbe arrivato sull’isola per chiedergli di onorare una promessa : armarsi, organizzare un proprio piccolo esercito e partire per Troia.
Ma quella vita, inutile, dolce, grigia, lenta, era oramai un frutto drogato dal quale era difficile staccarsi.
Non sappiamo se fu Penelope ad ideare lo stratagemma che avrebbe permesso ad Ulisse di non partire, non sappiamo se Ulisse lo accettò con condivisione o controvoglia.
Penelope, quando sull’isola arrivarono Agamennone, Menelao e Palamede, si fece trovare triste ed angustiata per la sorte del marito; con Telemaco in braccio accompagnò i tre principi in un campo a verificare con i propri occhi la pazzia di Ulisse che con un cappello a punta, dietro un aratro trainato da un asino, gettava sale nelle fenditure della terra.
Ulisse era impazzito e non sarebbe mai potuto partire per la guerra.
La simulazione, l’inganno, la deformazione della verità, la bugia, avevano riconquistato Ulisse; finalmente tutto ciò che era rimasto sepolto ora poteva essere sciolto, tutti i freni sarebbero stati allentati, tutti i nodi sciolti.
Una eccitazione infinita percorreva tutto il corpo e la mente di Ulisse mentre, con mano calma continuava a gettare sale nella terra rendendola sterile per sempre.
Finalmente la realtà poteva essere modificata, la verità alterata, la prospettiva deviata.
Finalmente…..
Ma accadde l’imprevisto … gli dei avevano disposto diversamente … un cavallo di legno avrebbe distrutto Troia, Achille sarebbe morto, tanti eroi avrebbero pianto … Ulisse sarebbe dovuto partire …
A rendere possibile tutto fu Palamede, l’uomo con più ingegno di Ulisse, l’uomo che aveva visto la verità nuda e aveva capito che un giorno, di fronte alla vita spogliata di tutto, l’unica soluzione sarebbe stata un colpo di fortuna, un lancio di dadi che lui stesso aveva inventato.
Fu Palamede che strappò dalle braccia di Penelope il piccolo Telemaco e lo gettò nel solco che Ulisse stava arando; quando Ulisse si bloccò i due si guardarono negli occhi.
Palamede aveva posto fine alla finzione, era riuscito a ricomporre la realtà, aveva ricostruito la giusta prospettiva: Ulisse aveva perso, non era pazzo, fingeva per non partire.
Anni dopo, nella distesa sotto Troia, Ulisse si sarebbe vendicato di Palamede facendolo lapidare come traditore costruendo una serie di prove false.
Per la sua vendetta dovette aspettare anni ed anni.
Ora c’era solo da partire e farsi onore.
Non sappiamo se salutandosi Ulisse e Penelope piansero.
Un mondo stava finendo: finiva la pace e la vita come fino ad allora era conosciuta.
Per loro, per tutta la Grecia, per tutta l’umanità, iniziava una nuova epoca.
(Segue)
Apunto Serni
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