July 16, 2025

Ci sono sonorità che arrivano prima delle parole. Non chiedono di essere capite. Si insinuano. Come il battito secco di una chitarra flamenca. Come un ritmo che si ripete, sempre più incalzante. È questa la forza viva di “Flamenco e Hispano-America”, lo spettacolo del Jaleo Trio che approda in piazza Duomo a Brindisi mercoledì 23 luglio, con inizio alle ore 21, per il secondo appuntamento della rassegna “Verdi in Città”. Ingresso libero, senza prenotazione. Al termine, una degustazione di vini offerta dalle cantine “Otri del Salento” e “Vignuolo” accompagnerà la chiusura della serata.

 

“Verdi in Città” è organizzata dalla Fondazione Nuovo Teatro Verdi, con il sostegno del Comune di Brindisi e la collaborazione di Puglia Culture e del Polo Biblio-Museale di Brindisi. Dopo il debutto teatrale con “Itaca per sempre”, la rassegna vira verso la musica ma non perde l’intensità narrativa che la distingue: al centro c’è un viaggio, profondo e coinvolgente, tra le corde delle chitarre. Sul palco, tre musicisti: Checco Leo, chitarrista esperto e appassionato che ha fatto del flamenco una lingua madre; Gioele Leo, suo figlio, giovane talento cresciuto tra studi classici e improvvisazione; Gioacchino De Filippo, voce e percussioni, artista del basso Salento capace di evocare un intero mondo con un cajón, con le mani, con il respiro. Insieme formano il Jaleo Trio, una formazione che mescola generazioni, esperienze, provenienze, per restituire sulla scena una musica viva, mai statica, fatta di dialogo e libertà.

 

Il repertorio attraversa l’oceano ma non si perde mai. Parte dal cuore dell’Andalusia – con la sua tradizione flamenca fatta di sole e orgoglio, di malinconia e ardore – e si spinge fino alle atmosfere calde e struggenti dell’America Latina. C’è spazio per pezzi storici del flamenco rivisitati con eleganza, per composizioni originali firmate dal duo Leo e per reinterpretazioni in chiave flamenca di alcuni grandi classici della musica latina: “Moliendo Cafè”, “Amor de mis amores”, “Bamboleo”. Canzoni che molti conoscono e che qui acquistano nuova vita, risuonano diversamente, grazie al timbro delle chitarre e al ritmo delle percussioni.

 

Il risultato è un incontro: il pubblico è coinvolto in un racconto fatto di virtuosismo e cuore. L’intesa tra Checco e Gioele Leo – padre e figlio – è visibile, palpabile, quasi commovente: si osservano, si anticipano, si rincorrono. Ogni pezzo è un piccolo viaggio in due: due mani, due generazioni, due modi diversi ma complementari di sentire la musica. Gioacchino De Filippo, con la sua voce potente e le percussioni (cajón, palmas, castañuelas, darbuka, tamburi a cornice), aggiunge forza, ritmo e spessore. Il suo stile nasce dalla musica popolare ma si apre con naturalezza al dialogo con il flamenco e con le sonorità latine creando un tessuto sonoro ricco, mobile, inaspettato. Tutto accade dal vivo, tutto si costruisce sul momento. La musica non è mai uguale a se stessa. C’è spazio per l’improvvisazione, per l’ascolto reciproco, per quei piccoli sbalzi che fanno della performance un atto irripetibile. Così il pubblico entra nel rito, e la piazza si trasforma in uno spazio che ascolta, restituisce, respira.

 

Il flamenco, si sa, è molto più che un genere musicale. È uno stato d’animo. Un modo di sentire, di stare nel mondo. Ha qualcosa di viscerale, di indomito, di profondamente umano. Nelle mani dei musicisti del Jaleo Trio, questa materia viva prende nuove strade senza mai perdere la propria autenticità. È una musica che parla con il cuore con il rigore di chi conosce a fondo la sua tradizione. E che proprio per questo può permettersi di reinventarla. È l’eco di due Sud che si parlano – quello spagnolo e quello latinoamericano – attraverso un codice comune fatto di ritmo, passione, malinconia, energia.

 

Mercoledì 23 luglio, in piazza Duomo a Brindisi, ci sarà tutto questo: le luci della piazza, il pubblico seduto, i bicchieri alzati alla fine. Ma soprattutto ci sarà la musica che attraversa e che resta. Che continua a battere anche dopo, quando la piazza si svuota. Quello è il momento in cui ci si accorge che non si applaude soltanto. Si porta via qualcosa.

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